Legalizzare o non legalizzare la prostituzione, questo è il dilemma. La questione della legalizzazione della prostituzione è un tema ricorrente e ciclico nella politica italiana, sempre alla ricerca di fonti di introiti per far fronte all’ingente spesa pubblica. Aldilà dei possibili dubbi etici legati alla suddetta professione e ai rischi legati allo sfruttamento, molti sottolineano che la legalizzazione avrebbe lo scopo di regolamentare un settore che, nonostante la repressione e i controlli delle forze dell’ordine, non sembra essere affetto da crisi; così facendo le entrate per lo Stato non sarebbero affatto trascurabili.
In Italia la prostituzione è vietata dalla Legge Merlin del 1958, che ne abolì la regolamentazione, chiudendo al contempo le case di tolleranza ed introducendo i reati di sfruttamento, induzione e favoreggiamento. Fino ad allora infatti le “case chiuse” erano legali ed ampiamente diffuse sul territorio nazionale: se ne contavano più di 500 quando la legge venne approvata. Da allora sono state fatte numerose proposte di legge per la sua abolizione o attenuazione; tuttavia nessuna di esse è arrivata al compimento dell’iter parlamentare previsto. Ma qual è oggi la dimensione del fenomeno?
I numeri della prostituzione in Italia
Secondo la Commissione Affari Sociali della Camera, in Italia operano circa 70.000 prostitute e vi sono 9 milioni di clienti abituali, per un giro d’affari complessivo superiore ai 5-6 miliardi di euro. Non essendo riconosciute, e trovandosi quindi senza alcuna tutela legale, purtroppo esse sono per la maggior parte soggette a sfruttamento, maltrattamenti ed abusi da parte degli sfruttatori. Oltre all’aspetto meramente economico, i sostenitori della legalizzazione della professione sottolineano come sarebbe possibile tutelare maggiormente coloro che la svolgono attualmente sotto coercizione e in condizioni di sfruttamento e schiavitù.
Inoltre, secondo alcuni pareri, una sentenza della Cassazione del 2016 avrebbe aperto la strada alla possibile legalizzazione della prostituzione, in quanto i giudici, analizzando il caso di una donna accusata dalla Guardia di Finanza di non aver dichiarato ingenti profitti derivanti dalla propria peculiare attività, hanno stabilito che «chi esercita la prostituzione deve pagare le tasse», in contraddizione con la Legge Merlin, la quale afferma che lo Stato non può trarre profitto dalla prostituzione. Ma quali sarebbero le entrate possibili per lo Stato?
Se la professione venisse legalizzata e le prostitute fossero soggette ad imposizione fiscale per i servizi che offrono, si potrebbe avere un gettito compreso tra 1 e 1.5 miliardi, a seconda dell’aliquota fiscale. Inoltre verserebbero i contributi previdenziali e potrebbero evitare le sanzioni a cui sono attualmente soggette se scoperte. Infine, la legalizzazione aiuterebbe anche a combattere la tratta e i crimini connessi, con una riduzione del giro di affari della criminalità organizzata.
Lo stato di legalità della prostituzione in Europa
In Europa ci sono gradi diversi di tolleranza, che possono essere suddivisi nelle seguenti quattro macro-categorie.
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Modello proibizionista: la prostituzione è vietata e la prostituta colta in fragrante è punita con pene pecuniarie o detentive (applicato nella maggior parte dei Paesi dell’Est Europa);
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Modello neo-proibizionista: la prostituzione è vietata, ma in questo caso è punito il cliente che paga per le prestazioni sessuali e non la prostituta che esercita l’attività (applicato in Svezia, Islanda e Norvegia);
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Modello abolizionista: la prostituzione e l’acquisto di prestazioni sessuali non vengono puniti, ma al tempo stesso non sono regolamentati (applicato nella maggior parte dei Paesi dell’Europa Occidentale);
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Modello regolamentarista: la prostituzione è legalizzata e regolamentata, con l’imposizione di tasse, controlli sanitari obbligatori e obbligo di segnalare l’attività (applicato in Germania, Paesi Bassi, Austria, Svizzera, Grecia, Ungheria e Lettonia).
Come esempio, in Germania, dove la prostituzione è legalizzata dal 2002, l’industria a luci rosse, con oltre 400 mila operatrici del sesso, muove un giro di affari di circa 18 miliardi di euro.
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