Spesso balzano alle attenzioni della cronaca le vicende della più vicina Alitalia (le quali saranno affrontate dal neonato esecutivo) eppure oltralpe la compagnia di bandiera Air France si trova nel pieno di una profonda crisi societaria. Il vettore francese, quotato all’interno del CAC40 (analogo del FTSE.MIB), ha registrato dall’inizio del 2018 una perdita di valore di mercato del 50%. Basti pensare che durante i primi di gennaio, le azioni AF:EN venivano scambiate ad un prezzo di 14€, mentre a distanza di soli 6 mesi tale prezzo oscilla attorno ai 7€ per azione.
Gli scioperi e la crisi di governance
Il valore di mercato delle partecipazioni azionarie riflette le paure percepite dagli investitori. Aldilà di fattori esogeni, quali l’aumento del prezzo del petrolio e l’incremento di quote di mercato delle compagnie low-cost, le maggiori criticità sono da ricercarsi all’interno della compagnia stessa. Da mesi infatti AirFrance è interessata da scioperi del personale (15 nei soli mesi di aprile e maggio), che hanno portato a disagi per la clientela, nonché alla cancellazione di svariati voli. In questo quadro, l’ex CEO Jean-Marc Janaillac ha aperto un tavolo di trattativa con i sindacati del personale AirFrance, caricandosi sulle spalle la responsabilità di trovare un accordo. L’aumento salariale proposto da quest’ultimo (2% nel 2018, e un ulteriore 5% entro il 2021) non è stato però accettato dai sindacati (votato contro dal 55% degli aventi diritto), costringendo l’AD alle dimissioni e contribuendo ad esasperare la crisi della compagnia. Il solo giorno delle dimissioni di Janaillac, infatti, il titolo ha ceduto il 9%. Come soluzione per la crisi di governance, il Board of Directors ha adottato il 15 maggio una “governance transitoria”, che non ha di certo contribuito a placare le speculazioni al ribasso sul titolo.
Le minacce da Parigi
In questo contesto di crisi, non arrivano salvagenti da parte del governo.
Il ministro delle finanze francese Le Maire afferma con riguardo alla compagnia francese:
“se non vengono fatti gli sforzi necessari per portarla allo stesso livello competitivo di Lufthansa e altre grandi compagnie, sparirà”.
La presa di posizione del governo non lascia ad interpretazioni, non ci saranno interventi per salvare AirFrance in caso di fallimento. I sindacati sono avvertiti. Va aggiunto inoltre che lo Stato francese è azionista di minoranza, detenendo “soltanto” il 14,30% delle azioni della compagnia, rendendo di fatto legittima la scelta di non intervenire a tutti i costi per il salvataggio di quest’ultima, essendo più dell’80% della compagnia in mano ad altri investitori.
Il governo francese insomma se ne lava le mani, e lascerà alle leggi del mercato la decisione sull’esistenza o meno di AirFrance-KLM.
Guardando al versante italiano, la grana Alitalia, invece, andrà risolta nei prossimi mesi… Che si riveli essere quello francese un esempio per il nuovo esecutivo italiano?