Red Bull nel 2014 ha accettato un patteggiamento con il tribunale statunitense secondo cui accettava di stanziare 13 milioni di dollari per risarcire i consumatori su richiesta. La vicenda legale partì il 16 gennaio 2013, quando un cittadino statunitense, Benjamin Careathers, fece causa all’azienda di bevande austriaca per pubblicità ingannevole. Un giudice l’anno dopo accettò come valide le motivazioni presentate dal legale di Careathers. Non trattandosi della prima denuncia del genere nei confornti dell’azienda negli USA, per evitare una possibile class action, ovvero una causa legale collettiva, Red Bull decise di patteggiare per risarcire i consumatori. Sebbene per ogni soggetto fosse prevista una cifra simbolica, di 10 dollari o 15 dollari in prodotti Red Bull, questo servì ad evitare il pericolo che la situazione degenerasse con una condanna.
La decisione della magistratura
L’accusa rivolta a Red Bull di portare avanti una campagna pubblicitaria ingannevole nasceva dal fatto che l’azienda nei suoi spot lasciava intendere che la sua bevanda garantisse un significativo miglioramento delle prestazioni fisiche e mentali. In particolare finì sotto accusa una pubblicità mandata in onda in televisione negli Stati Uniti.
Lo spot mostrava famosi atleti che, dopo un breve video di alcune loro prestazioni sportive, recitavano il famoso slogan <<Red Bull ti mette le ali>>. Secondo uno degli argomenti dell’avvocato di Careathers, giudicato come fondato dalla magistratura, si lasciava intendere in maniera deliberata che bere Red Bull migliorasse le prestazioni fisiche. Per tale ragione si diede il primo via libera per processare la società austriaca per pubblicità ingannevole.
La base dell’accusa
La causa legale intentata da Benjamin Careathers partiva dalla denuncia del fatto che, sebbene lui avesse bevuto Red Bull con regolarità dal 2002 al 2013, la bevanda non aveva migliorato in alcun modo le sue prestazioni fisiche e mentali. Questo, secondo l’accusa, era in contraddizione con i messaggi più o meno espliciti lanciati dalle campagne pubblicitarie della società.
In particolare l’azione legale allegava articoli del New York Times, di Nutrition Review e dell’European Food Safety Authority nei quali si diceva che l’unico vero principio attivo energetico nella Red Bull fosse la caffeina. Per questo dire che la Red Bull avesse proprietà energetiche straordinarie non avrebbe nessun fondamento scientifico. Infatti, si prosegue nell’accusa, una lattina della famosa bevanda contiene 80 milligrammi di caffeina mentre una normale porzione di caffè acquistabile da Starbucks ne avrebbe fra i 115 ed i 175 milligrammi.
Il patteggiamento
Una class action può avere conseguenze imprevedibili, soprattutto a livello d’immagine. Per tale ragione il 5 agosto 2014, dopo la prima sentenza favorevole della magistratura, Red Bull propose un patteggiamento, che sarà approvato l’8 ottobre dello stesso anno. Esso prevedeva che l’azienda avrebbe dovuto mettere a disposizione un massimo di 13 milioni di dollari per risarcire i consumatori che avessero fatto richiesta e potuto provare di aver bevuto una Red Bull fra il primo gennaio 2002 ed il 3 ottobre 2014. Di questi, 6,5 milioni di dollari dovevano essere stanziati subito, entro una settimana dall’8 ottobre, in un apposito fondo.
Per i consumatori che ne avessero avuto diritto, l’azienda avrebbe dovuto pagare 10 dollari ad ognuno o fornire 15 dollari di suoi prodotti, con la spesa di spedizione a carico della società. La richiesta di risarcimento, per essere valida, dovevaessere inviata entro maggio 2015. I 13 milioni di dollari concordati rappresentavano il tetto massimo che l’azienda avrebbe dovuto versare. Raggiunta tale cifra i pagamenti sarebbero stati interrotti.
Il caso canadese
Nel 2019 Red Bull ha patteggiato con modalità analoghe al caso statunitense per una causa in corso nel tribunale canadese. Le accuse mosse contro l’azienda erano cadute ad eccezione di una. Red Bull, secondo i giudici, non avrebbe fornito ai consumatori informazioni sufficienti riguardo i danni alla salute legati all’eccessivo consumo della bevanda. La società chiuse il processo accordandosi con il tribunale sempre per il pagamento di un risarcimento ad ogni consumatore che ne facesse richiesta pari a 10 dollari canadesi o 15 in prodotti Red Bull, per un massimo di 13 milioni.