Raees ed Ameer Cajee, due fratelli sudafricani di 18 e 20 anni, sono sospettati di aver compiuto tramite la loro società, Africrypt, la più grande truffa nella storia delle criptovalute. L’accusa arriva dallo studio legale Hanekom Attorneys, al quale si sono rivolti alcuni ex clienti dei ragazzi. Secondo i legali, sarebbero spartiti nel complesso 3,6 miliardi di dollari in Bitcoin ed i fratelli Cajee avrebbero fatto perdere le loro tracce. In realtà, tuttavia, la versione degli avvocati mostra diversi punti problematici. La cifra di 3,6 miliardi appare, stando a quanto rilevato dai documenti e dalle testimonianze raccolte dalla BBC, molto gonfiata. Inoltre, sarebbe falso che i due imprenditori hanno lasciato il Paese “scappando con i soldi”, anche se da mesi sono del tutto scomparsi dalla scena pubblica.
La vicenda
Il 13 aprile 2021 i clienti di Africrypt hanno ricevuto un messaggio dalla società nel quale si comunicava che tutte le operazioni sulla piattaforma erano state bloccate a causa di una grave violazione della sicurezza. Da allora, le criptovalute sono diventate inaccessibili ai proprietari, alcuni dei quali si sono rivolti allo studio legale Hanekom Attorneys per riavere indietro i soldi. Nei mesi successivi Ameer e Raees Cajee sono spariti dalla scena pubblica, alimentando i sospetti di una truffa da parte loro.
La versione degli accusatori
Gli avvocati di Hanekom Attorneys hanno lanciato con decisione le loro accuse contro i fratelli Cajee a metà giugno 2021, parlando a Bloomberg. La tesi della truffa da parte dei due è motivata soprattutto dalla loro presunta sparizione e dal fatto che ai dipendenti sarebbe stato precluso l’accesso ai conti gestiti dalla società circa una settimana prima del blocco delle operazioni (ricordando la strategia adottata nella truffa di Quadriga CX).
La versione dei fratelli Cajee
Ameer e Raees Cajee hanno risposto alle accuse dello studio legale per mezzo del loro avvocato. Innanzitutto, hanno smentito l’idea secondo cui avrebbero lasciato il Sud Africa. Infatti, secondo le dichiarazioni rilasciate, si troverebbero nel Paese a casa di alcuni parenti o amici. L’isolamento e la segretezza sulla loro posizione dell’ultimo periodo sarebbero dovuti al fatto che i ragazzi hanno subito gravi minacce, anche di morte, da parte di diversi ex loro clienti.
I due sostengono di essere stati anche loro vittime nella vicenda, con qualcuno che sarebbe riuscito ad ottenere le chiavi di accesso per i conti di Africrypt per poi rubare una grande quantità di Bitcoin. Non è chiaro se tutti o solo buona parte di quelli controllati dall’azienda. In ogni caso, però, i 3,6 miliardi di dollari spariti secondo Hanekom Attorneys, che sarebbero la cifra più grande mai registrata in una truffa con le criptovalute, sembrano di gran lunga gonfiati. La BBC osserva come negli ultimi comunicati la società parlasse di “più di 100 milioni di dollari in gestione”, mettendo in discussione il fatto che ci fossero quasi 4 miliardi da poter rubare.
In effetti una grossa truffa con le criptovalute si era già verificata in Sud Africa nel 2020, con Mirror Trading International. Questa era molto più grande ed affermata di Africrypt ma, con la fuga dei proprietari, i soldi mancanti all’appello furono circa 1,2 miliardi di dollari, meno della metà di quanto ipotizzato per la società dei due giovanissimi imprenditori.
Le autorità sudafricane
Al momento, pare che la polizia del Sud Africa non stia portando avanti un’indagine sul caso. Tuttavia, la questione nel Paese è molto paludosa dal punto di vista legale. Infatti, le criptovalute non sono ancora riconosciute dalla legge come strumenti finanziari e, quindi, le autorità sudafricane si trovano in difficoltà nell’affrontare la vicenda. Basti pensare che la Financial Sector Conduct Authority, l’ente nazionale specializzato in crimini finanziari e con gli strumenti più appropriati per scoprirli e contrastarli, non sarebbe autorizzato, anche se ci fosse un’indagine ufficiale, a partecipare in modo attivo al caso di Africrypt.