A seguito di ciò che sta accadendo a causa del Covid-19 bisogna ripensare la politica industriale italiana in tempi rapidi, per evitare il collasso del tessuto produttivo e commerciale con un impoverimento di tutta la popolazione. La situazione rischia di essere poi aggravata, di conseguenza, dalla compromissione della capacità di restituzione del debito pubblico, a causa dei ridotti flussi fiscali.
La necessità di pensare una strategia a lungo termine
Ritengo che la ristrutturazione della politica industriale non possa passare che dalla definizione degli obiettivi di lungo periodo del sistema Italia. Occorre che si ricominci a pensare a 30/50 anni in avanti. Settori chiave per il Paese quali energia, telecomunicazioni, struttura informatica, istruzione, industria pesante, infrastrutture e trasporti richiedono orizzonti temporali ben al di sopra degli attuali standard. Questo primo assunto implica che è necessario identificare le filiere strategiche e, all’interno di esse, le aziende strategiche.
Sarà necessario impostare un’innovativa modalità di intervento. Infatti, al giorno d’oggi non sono solo le aziende di grandi dimensioni a poter essere strategiche ma anche piccole realtà possono ricoprire un ruolo di interesse nazionale grazie alla diffusione della tecnologia e della ricerca diffusa.
Braccia, portafoglio e politica fiscale
Prima di poter pensare a come definire politiche industriali di siffatta portata sarà necessario dotare lo Stato di una triade operativa rappresentata da: braccia, portafoglio e politica fiscale.
Le braccia
Bisognerà identificare o creare un soggetto che possa applicare le politiche industriali e attuare le direttive conseguenti. Nel passato abbiamo avuto come esempio importante di ente di Stato l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), fondato nel 1933 e liquidato nel 2002. L’impostazione del nuovo soggetto dovrebbe essere simile ma migliorato ed adeguato alle evoluzioni di mercato e tecnologiche. Particolare riguardo dovrebbe essere dato al controllo sulle società acquisibili, alla loro gestione sia operativa che finanziaria. Non è questo il contesto per sviluppare altri aspetti della missione del nuovo Istituto ma mi sento di porre l’accento su alcuni punti, a mio giudizio importanti, su cosa non dovrebbe essere: non un nuovo ente per fare welfare, non una cassaforte finanziaria e non una pattumiera per aziende decotte.
Il portafoglio
Sarà necessario istituire una o più banche pubbliche che possano fare da volano all’attuazione delle politiche industriali governative (alcune realtà già partecipate dal Tesoro potrebbero essere oggetto di un’estensione della partecipazione fino a quote di controllo). Esse dovrebbero attuare l’azione di raccolta dei capitali sui mercati nazionali ed internazionali oltre a garantire liquidità nei momenti di crisi. Promuovere un’attiva politica di mobilitazione del risparmio privato italiano (uno dei più cospicui del mondo) a favore ed a sostegno dei progetti industriali e della ricerca per l’innovazione (compresi i progetti interni alle Università ed ai suoi laboratori) dovrà essere l’obiettivo principale di una delle nuove istituzioni pubbliche individuate. La società dovrà curare l’emissione di titoli a rendimento accettabile e con bassa tassazione per invogliare i risparmiatori. L’impostazione dovrà essere strutturata in modo che i titoli favoriscano, alla scadenza, la conversione in capitale di rischio facendo partecipare i sottoscrittori agli investimenti industriali che l’azienda dovrà fare (convertible bond). Altro elemento fondamentale di questo processo sarebbe la nazionalizzazione della Banca d’Italia, strada non facile dati gli interessi e le resistenze della BCE.
La politica fiscale
La politica fiscale sarà una componente fondamentale per una nuova politica industriale, terzo elemento della triade di intervento. Dividerei gli interventi in due aree definite dalla fiscalità corrente e dalla fiscalità per lo sviluppo.
Nella fiscalità corrente che dovrebbe essere rivista al fine di consentire una maggiore generazione di valore alle aziende rientrano: tassazione sul lavoro, tassazione sugli utili, tassazioni improprie introdotte negli anni per esigenze di cassa (iva sulle auto, tasse sulle assicurazioni, tasse sui telefonini, etc.) e, più in generale tutte le tasse che gravano sulla attività di impresa (compresa la tassa, neppure tanto occulta della burocrazia).
La fiscalità per lo sviluppo dovrebbe puntare in primis su azioni di sostegno all’innovazione. Ricordo che nei momenti di stress economico sociale sono nate alcune delle idee e, spesso, aziende che hanno cambiato il mondo (Mitsubishi, Honeywell, Singer, fino alle più recenti Netflix, Google, etc.). Fenomeni che dovranno essere sostenuti e favoriti prenderanno l’avvio da processi di insourcing legati al rientro di attività che negli ultimi decenni sono state localizzate all’estero (il ripensamento delle catene logistiche, che avverrà a livello globale, avrà un impatto importante sulla ridistribuzione della catena del valore), dalla ricerca da parte di aziende estere di localizzazioni contigue agli insediamenti industriali continentali, a cui si potrebbe/dovrebbe applicare una politica fiscale di aiuto all’insediamento e assunzione di manodopera locale (es. la politica serba per gli insediamenti industriali), dalla detassazione per un periodo di almeno 10 anni sugli utili provenienti da brevetti ed invenzioni estendendo e semplificando la norma sul Patent Box, dall’applicazione di incentivi e crediti fiscali a qualsiasi azione che venga fatta per conquistare quote su mercati esteri (guardando il PIL dovremo recuperare quote importanti da esportazione e commercio estero per supplire all’inevitabile calo dovuto a componenti importanti nel recente passato come il turismo).
Gli investimenti in ricerca
Discorso a parte merita la tematica della ricerca. L’attuale situazione sta dimostrando come una ricerca forte produce soluzioni industriali ed organizzative forti. L’intervento su quest’area deve essere duplice: investimenti e fondi diretti con forti controlli sui risultati e sui costi programmati e fatti ed un indirizzo sulle aree di interesse strategico, fiscalità ridotta e misure di incentivazione con crediti d’imposta, azzeramento delle tasse e della burocrazia sulla creazione di start-up ampliando quanto già in essere.
[Ing. Massimo Introzzi – Sn. Partner 3I Partners e
Prof. a Contratto Università degli Studi di Milano Bicocca]