Il nuovo governo, a fronte della legge di bilancio che entrerà in vigore con l’anno nuovo, sta studiando soluzioni per finanziarsi.
Una delle proposte avanzate consiste nel tassare il contante, strategia dal duplice obbiettivo: risanare le casse di stato ed abbattere l’evasione fiscale, una delle piaghe del bel paese.
Ma questa strategia potrebbe rivelarsi un regalo alle banche italiane perché ogni transazione può arrivare a costare anche il 9% dell’importo pagato a cui va aggiunto il costo dell’affitto del Pos, la manutenzione e le spese una tantum.
Questo è il motivo per cui molti piccoli esercizi a fronte di piccoli importi non accettano carte di credito o bancomat. Ma come mai nel resto d’Europa non è così? Il motivo è che l’unione europea ha imposto un tetto massimo oltre il quale le commissioni non possono arrivare ma le banche italiane hanno aggiunto costi su costi rendendo il Pos uno strumento carissimo.
Cosi se l’UE ha imposto un tetto massimo di 0,2% per transazione e 0,3% se pagato con carta di credito, in Italia alcune banche fanno pagare il Pos 100 euro più il 2,25% per ogni pagamento mentre per le carte di credito si può arrivare ad una commissione anche del 5%; altre banche chiedono un costo di 200 euro per l’installazione del Pos ed un canone mensile che varia con commissioni tra l’1,8% e il 4,45% per alcune carte di credito.
Questo non significa che soluzioni alternative non esistano, molte aziende, start-up, hanno studiato soluzioni che permettono di scavalcare il sistema bancario facendo pagare le commissioni previste dall’unione (0,2%). Aziende come Satispay, SumUp o MyPos Mini ora permettono ciò. Il governo, se veramente applicherà la tassa sul contante, dovrà incentivare l’uso di questi strumenti scoraggiando le vecchie soluzioni proposte dalle banche.