Sin dall’antichità la bellezza è stata considerata come un’esigenza primaria dell’uomo, da sempre ritenuta una necessità pur essendo apparentemente inutile e superflua. Per Dostoevskij la bellezza avrebbe potuto «salvare il mondo». Ma in che modo?
A differenza di quello che si potrebbe credere, la bellezza può essere anche utile, non solo futile. La bellezza infatti non ha un ruolo soltanto nell’arte o nella natura, ma anche nell’economia. In Italia la Fondazione Marilena Ferrari ha condotto insieme al Censis un sondaggio sul ruolo della bellezza e sull’impatto che può avere nella vita quotidiana. Da questa ricerca emerge che gli italiani sono convinti che vivere nel Paese “più bello del mondo” li renda un popolo migliore, in grado di sconfiggere la crisi. Il 68,3% ritiene che il patrimonio artistico sia la forza dell’Italia e il punto di partenza per rilanciare il Paese. Pertanto, l’investimento nella cultura è considerato il punto più strategico su cui concentrare le risorse.
La posizione dell’Italia nelle classifiche
Nel 2017 l’Italia è risultata la nazione con il maggior numero di siti dichiarati Patrimonio dell’Unesco; tuttavia, al contempo, è stato solamente il quinto Paese al mondo per numero di turisti (52.5 milioni), con una differenza di oltre 30 milioni dalla capolista, la Francia. Il turismo per tutti i Paesi OCSE contribuisce in media per il 4.1% al PIL e per il 5.9% all’occupazione; è facilmente immaginabile il contributo fornito da questo settore all’economia nazionale ed il suo enorme potenziale.
L’Italia non sfrutta appieno il contributo che il turismo potrebbe offrire: infatti, nonostante il flusso di turisti sia in costante crescita, la spesa media giornaliera e la durata media del viaggio risultano inferiori alla media europea. Questo dato è particolarmente drammatico se confrontato con alcuni “vicini”: in Italia il soggiorno medio è di 3.7 giorni con una spesa di 681€, mentre in Spagna è rispettivamente di 5.1 giorni e 959€. Se l’Italia riuscisse a fare come la Spagna ci sarebbe un introito aggiuntivo di circa 14 miliardi di euro l’anno; oppure, più realisticamente, secondo le stime di Confturismo una permanenza media di 4.4 giorni porterebbe ogni anno 6.9 miliardi di euro in più.
I problemi del turismo in Italia
Tutto questo denota come il problema non sia semplicemente nell’attrarre i turisti, ma nel metterli in condizione di spendere di più e di avere permanenze più lunghe. L’incremento delle spese potrebbe derivare anche dall’aumento dei monumenti e dei musei a pagamento, operazione considerata nel nostro Paese quasi come un tabù, ma che porterebbe allo Stato un gettito aggiuntivo da essere reinvestito nella loro tutela, troppo spesso ignorata.
Un altro problema dell’Italia deriva dal fatto che il turismo risulta non essere diversificato, in quanto per la maggior parte si riversa in un numero esiguo di città, mentre il Sud e le Isole al momento contribuiscono soltanto per il 13.3% alle spese da esso generate. Il problema del Sud è legato alla carenza delle infrastrutture e dei collegamenti: ciò non lo rende attrattivo agli occhi degli stranieri, che ne ignorano il patrimonio artistico, paesaggistico e culinario. Basti pensare che il maggior aeroporto europeo ha soltanto quattro collegamenti con le città del Mezzogiorno. Per tali ragioni è fondamentale la creazione di itinerari alternativi che vadano oltre le classiche città d’arte e che permettano di valorizzare la grande biodiversità che caratterizza l’Italia.
Le possibilità
Il turismo dovrebbe sfruttare anche l’enogastronomia, che è sempre più importante e porterebbe alla promozione e alla scoperta dei piccoli borghi e delle realtà locali di cui l’Italia è ricchissima. Inoltre numerosi segmenti, come quello luxury e dell’eco-turismo, i cui margini di crescita sono ancora molto alti, non sono stati sfruttati pienamente. Tuttavia il Paese da questo punto di vista sembra essere rimasto nel Medioevo, con le lotte tra Guelfi e Ghibellini, quando feudi e borghi si combattevano tra loro e non facevano sistema. Il saper sfruttare questi settori dipenderà infatti anche dall’utilizzo delle potenzialità che la rete offre e da mirate campagne di marketing, che in Italia non sono ancora effettuate in modo unitario, ma persistono ad essere frammentate.
In tal senso la tecnologia può essere d’aiuto: l’utilizzo dei big data potrà aiutare a comprendere le preferenze e il comportamento dei turisti, in modo da creare servizi sempre più mirati e personalizzati. Un primo passo verso la creazione di un “sistema-turismo” sarebbe la costituzione di un unico ente responsabile della promozione turistica dell’Italia all’estero, che al momento è di competenza delle regioni. La Spagna, pur avendo un numero decisamente inferiore di Patrimoni Unesco, è riuscita in tale obiettivo creando un sistema estremamente diversificato che le permette di avere un flusso turistico diffuso su quasi tutto il territorio.
Prospettive future
Si stima che nei prossimi 10 anni l’impatto del turismo crescerà ad un tasso annuo di circa l’1.7% e ciò avrà un’enorme influenza sull’economia e sui posti di lavoro, dato che nel 2027 costituirà il 4.5% dell’occupazione totale. Negli ultimi anni il turismo ha generato un indotto di oltre 70 miliardi di euro ma, dato l’enorme patrimonio artistico italiano, tale cifra può essere facilmente aumentata, a patto che si inizi a puntare capillarmente sul turismo e ad avere una visione più lungimirante, con una pianificazione che vada oltre l’idea di un partito e di una legislazione e che duri nel tempo.
La valorizzazione del patrimonio artistico non deve avere colori politici, ma deve appartenere a tutti e deve essere considerata come un obiettivo da raggiungere per il bene del Paese e della sua ricca storia. L’impegno di ciascuno di noi può portare ad un’identità comune che attiri sempre più turisti. Infatti il turismo, nonostante la crescente globalizzazione e l’avanzare della tecnologia, resisterà a tali cambiamenti, risultando un volano per numerosi altri settori economici e generando incrementi nel PIL e nell’occupazione.