I nuovi giacimenti di Idrocarburi scoperti del Mediterraneo sud-orientale rischiano di aprire una nuova corsa energetica in una regione già turbata dai conflitti attuali. La crisi diplomatica tra Roma ed Ankara legata alla nave della ENI-Saipem, bloccata dalla marina militare turca in acque internazionali al largo di Cipro, rappresenta lo spettro di una probabile guerra energetica che rischia di coinvolgere gli stati del vicino Oriente, come Egitto, Israele e la Turchia.
Una nuova Eldorado
L’istituto geologico statunitense afferma che le potenziali risorse di gas presenti nel Mediterraneo orientale potrebbero ammontare a circa 3.500 miliardi di m³. Nel 2009 venne scoperto il giacimento di Tamar, al largo delle coste israeliane, con una ricchezza gasifera di circa 450 miliardi di m³. Per avviare l’estrazione in un nuovo giacimento servono enormi investimenti infrastrutturali (tubature e unità di liquefazione per il trasporto navale). Rimane ancora da sfruttare il più grande dei possibili giacimenti scoperti nella zona, che l’azienda di Stato italiana, ENI, ha scoperto al largo dell’Egitto. Denominato Zohr, il giacimento potrebbe essere il più ricco di tutto il mediterraneo grazie ai suoi 850 miliardi di m³. Un simile tesoro potrebbe rendere autosufficiente dalpunto di vista energetico il Cairo per diversi anni. Grazie alle infrastrutture già esistenti già alla fine del 2017, è stato possibile iniziare il suo sfruttamento da parte dell’ENI. Il restante “tesoretto” si trova nei pressi delle acque territoriali israeliane e la Noble Energy ha fatto una stima totale delle risorse di idrocarburi presenti nell’area che potrebbe arrivare ad un totale di circa 750 miliardi di m³. Nel 2016, Cipro ed Egitto hanno ratificato un accordo per consentire a Nicosia di esportare il suo gas in Egitto, infine i due paesi hanno firmato accordi per la costruzione di un gasdotto tra Egitto e Cipro entro il 2022.
Chi domina la partita energetica
In testa al “Grande Gioco” del gas si posiziona Israele. Tel Aviv svolge un ruolo decisivo nel nascente mercato del gas nel mediterraneo orientale. Israele si riforniva dall’Egitto, attraverso un gasdotto che passa per il Sinai. Tuttavia, con la minaccia costante dello Stato Islamico nella penisola egiziana, che minaccia il gasdotto egiziano, può diventare problematico per Tel Aviv mantenere aperta quella via. Con il giacimento Tamar, trovato nel 2009, Israele potrà ottenere quella sua autosufficienza energetica desiderata anche per la sua sicurezza economica e politica, paradossale per una regione instabile come il Medio Oriente. Anche Egitto e Cipro stanno iniziando a fare piani per implementare lo sfruttamento dei loro rispettivi giacimenti. Tel Aviv, però, non potrà sviluppare un’industria per la liquefazione sul suo territorio, visto che il 60 % del Gas che verrà estratto servirà per il mercato interno israeliano. Nonostante ciò, gli imprenditori di Israele vedono il mercato dell’Unione Europea come appetibile, visto che la stessa Bruxelles vuole diversificare le sue importazioni energetiche per rendersi meno dipendente da quelle russe ed algerine.
La lotta geopolitica
Intorno ai giacimenti è in atto una guerra indiretta, che punta a costruire per primi i gasdotti da cui trasportare nei porti gli idrocarburi estratti dalle piattaforme, questo Israele lo sa molto bene. Tel Aviv capisce che Cipro è il punto di raccordo per trasportare il gas sul continente europeo. Nel febbraio del 2012 il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha ratificato accordi con il governo cipriota. In questi accordi commerciali è stato deciso di realizzare alcune unità di stoccaggio a gestione congiunta cipriota-israeliana nel porto di Limassol, nel sud dell’Isola. Tel Aviv si è accordata con Nicosia anche per far stazionare contingenti militari ciprioti ed israeliani per proteggere gli stabilimenti. Cipro ed Israele hanno deciso, assieme al governo di Atene, di costruire un gasdotto sottomarino per far giungere il gas israeliano, attraverso Cipro, in Grecia, de facto in UE. Il progetto ha ottenuto il beneplacito dell’Europa. Con il supporto UE i tre paesi hanno deciso di mantenere l’impegno di realizzare il gasdotto, denominato Eastmed, che quando entrerà in servizio, nel 2025, con un costo da quasi 5,8 miliardi di euro, sarà collegato con la rete gas italiana diventando il più lungo del mondo (1900 chilometri). Nella partita dei gas la Turchia di Erdogan, impegnata militarmente in Siria, ha deciso di entare in gioco per ottenere una fetta della torta. Israele ha rinnovato gli accordi con Ankara, principale hub energetico dell’Europa Occidentale, nel novembre del 2016 dopo un summit avuto ad Istanbul tra il ministro dell’energia Israeliano ed il suo omologo turco. I due avevano discusso lo status per le future consegne di gas alla Turchia. La pipeline sottomarina da 500 chilometri consegnerà il gas dal giacimento Leviatano ai porti situati sulla costa meridionale turca. Tuttavia, prima è necessario risolvere alcune tensioni che infiammano la regione. La prima riguarda la stessa isola di Cipro, divisa in due dal 1974, anno in cui Ankara invase l’isola dopo un tentativo fallito di golpe militare pro-Atene per annettere l’Isola alla Grecia. La risoluzione del problema cipriota faciliterebbe le esportazioni del gas di Israele verso Ankara ed anche verso l’UE, favorendo una possibile distensione tra Cipro, Turchia ed UE. Un altro elemento chiave sarà lo sviluppo dei rapporti tra Libano ed Israele.