Inflazione
Con il termine inflazione ci si riferisce all’aumento dei prezzi dei beni. Ci sono vari indici che misurano l’inflazione: uno dei più comuni è il Consumer Price Index (CPI). Il CPI misura l’aumento dei prezzi di un paniere di beni di consumo scelti usando come riferimento le abitudini di acquisto di un consumatore medio. L’inflazione ritenuta salutare si aggira intorno al 2% annuo.
L’inflazione è una variabile macroeconomica molto importante: essa non solo misura il costo del detenere moneta, ma anche il tasso reale delle obbligazioni, ottenuto come differenza tra il tasso nominale e il tasso d’inflazione (ne abbiamo parlato in questo articolo). L’inflazione inattesa, cioè un aumento del CPI superiore alle aspettative, è un importante fattore di rischio per i detentori di obbligazioni.
Gli obbligazionisti, infatti, prevedono un determinato livello di inflazione e richiedono dei rendimenti che li compensino adeguatamente. L’inflazione diminuisce il rendimento effettivo di tali strumenti finanziari perché il valore del denaro promesso a scadenza si riduce, favorendo il debitore. Quest’ultimo gode, di solito, di un reddito nominale in qualche misura correlato all’inflazione. In generale l’inflazione è vista di buon occhio dai debitori e con paura dai creditori. Inoltre l’aumento dei prezzi spesso stimola il consumo e l’investimento in strumenti obbligazionari, i quali generando un rendimento nominale positivo permettono di ripararsi.
Vi sono varie dinamiche che possono portare all’aumento dell’inflazione. Tra queste:
- un repentino aumento dei prezzi dei beni importati dall’estero;
- l’aumento del prezzo di un bene importante come il petrolio, che viene usato per produrre molti altri prodotti;
- l’espansione economica, che generando un aumento della domanda di beni ne fa aumentare il prezzo;
- una dinamica puramente monetaria, cioè un aumento eccessivo della quantità di moneta immessa nel sistema economico (uno dei modi in cui tale operazione può essere attuata è attraverso il Quantitative Easing promosso da Mario Draghi; ne abbiamo parlato in questo articolo).
La deflazione
La deflazione invece è il fenomeno opposto: si tratta dell’inflazione negativa, ovvero la diminuzione dei prezzi. Sebbene chi ha un reddito fisso può considerarla positiva, in realtà è estremamente pericolosa perché toglie gli incentivi all’investimento produttivo (cioè la volontà di investire in strumenti finanziari per proteggersi dall’erosione del valore della moneta causato appunto dall’inflazione) e al consumo: poiché la moneta stessa genera un rendimento pari alla deflazione, è conveniente spendere il proprio denaro ad una data futura considerando che si potrà acquistare una quantità maggiore di beni.
Tale dinamica “strozza” l’economia perché se non vi è consumo la produzione rallenta, la disoccupazione aumenta, i salari diminuiscono e così via, in un circolo vizioso. Si può senza dubbio affermare che la deflazione, anche di piccola entità, è molto più pericolosa dell’inflazione che supera il 2%, a patto che l’inflazione non ecceda la singola cifra.