L’American International Group (AIG) è una società statunitense fondata da Cornelius Vander Star nel 1919 a Shangai, nel 2007 è stata eletta come sesta più grande società dalla rivista Forbes esattamente un anno prima della sua quasi-bancarotta. Alla fine del settembre 2008, conseguentemente alla crisi dei mutui Subprime, la società stava per fallire. Il governo americano decise così di farsi carico del salvataggio utilizzando fino a 182 miliardi in cambio del 92% delle azioni. Dopo 9 anni dal salvataggio, nel settembre del 2017 il Financial Oversight Council ha decretato l’uscita di AIG dalla lista delle società più rischiose per il sistema finanziario, fatto che regala alla compagnia assicurativa ampie prospettive di crescita, dato che l’appartenenza alla lista di società pericolose imponeva restrizioni gestionali e patrimoniali.
La crisi
L’epicentro del disastro finanziario per la compagnia è stato un ufficio situato a Londra, ufficio il cui suo operato ha fatto tremare prima una delle società più importanti del mondo e dopo l’intero sistema finanziario. Stiamo parlando della divisione della società che si occupa dei prodotti finanziari AIGFP (AIG Financial Product). Le radici del disastro risalgono agli ultimi anni ‘90, periodo in cui la divisione finanziaria della compagnia ha iniziato a negoziare massicciamente CDS, derivati che agiscono come una polizza sul rischio del credito. In particolare, AIG era esposta sul mercato dei CDS per un valore complessivo di 538 miliardi e utilizzava gran parte dei premi ricavati reinvestendoli in MBS, titoli obbligazionari prodotti da operazioni di cartolarizzazione (securitization) di prestiti ipotecari. Questo tipo di operazioni si è rivelata negli anni molto profittevole, infatti in soli 5 anni i ricavi sono passati da 737 milioni a 3 miliardi. A un certo punto però il destino ha chiesto il conto ad AIG, un conto molto salato. Scoppiata la bolla immobiliare e soprattutto dopo il fallimento di Lehman Brother, i Dealer che precedentemente avevano acquistato CDS chiesero alla compagnia assicurativa garanzie aggiuntive, garanzie che la compagnia non poteva permettersi. Solo la divisione finanziaria della società perse in pochissimo tempo 25 miliardi, conseguentemente il valore delle azioni crollò e la società fini sull’orlo del fallimento. Il tesoro, attraverso il programma TARP, iniettò fino a 182 miliardi nel gruppo contro il controllo del 92% delle azioni.
I motivi del salvataggio
L’aspetto più interessante dell’intera vicenda è l’analisi dei motivi che hanno spinto il governo americano a salvare AIG, dato che in situazioni simili aveva lascato fallire altre società, basti pensare che il giorno antecedente al crollo di AIG fallì la Lehman Brothers. I critici di questo salvataggio pensano che l’approccio assistenzialista alle crisi aziendali sia molto pericoloso perché determina l’insorgere di Moral Hazard, si vedrebbe infatti un aumento della propensione al rischio delle imprese in quanto consapevoli che nella peggiore delle ipotesi lo Stato si occuperà del salvataggio. Nel caso in questione, il governo americano ha ritenuto il fallimento AIG il potenziale incipit di una crisi sistemica, la prima tessera di un domino che in poco tempo avrebbe colpito le più grandi società finanziarie mondiali. Il pericolo risiedeva nel fatto che la società in questione era legata a doppio filo ai grandi Hedge Funds, Fondi Pensione, Fondi Comuni che in quel momento erano assicurati dalla compagnia. Basti pensare che molto probabilmente la Goldman Sachs era esposta su AIG per 20 miliardi.
La storia per fortuna ha lieto fine, infatti il 14 Dicembre 2012, dopo 4 anni dal salvataggio, il tesoro americano ha finito di vendere le azioni AIG incassando 204 miliardi. Il salvataggio, in sostanza, ha fruttato al governo 22 miliardi. Forse la cosa che meglio rappresenta l’intera vicenda è la campagna pubblicitaria lanciata da AIG con lo slogan “thank you America “ spot in cui a nome 62 mila dipendenti, ringrazia il paese per avere salvato il gruppo.