Zero coupon bond
I zero coupon bond, letteralmente obbligazioni senza cedola, sono un titolo di debito il cui rendimento è dato dal cosiddetto scarto di emissione, ovvero, dalla differenza tra il prezzo di emissione (mercato primario) o di acquisto (mercato secondario) e il valore di rimborso.
Il valore di rimborso, a seconda del contratto, può coincidere (rimborso alla pari) o meno con il valore nominale, quest’ultimo definendosi come il valore sul quale vengono calcolati gli interessi.
Nel caso specifico di un emissione, il soggetto emittente potrebbe quotare l’obbligazione sotto la pari (prezzo di emissione valore nominale).
Dove nasce il problema?
Sapendo che i ZCB sono il contratto di indebitamento per eccellenza degli Stati, ipotizziamo di trovarci sul mercato primario e di voler acquistare un governative bond in forma zero coupon con rimborso alla pari. Com’è possibile che qualcuno sia disposto ad acquistare quel debito se quotato sopra la pari? Più semplicemente, com’è possibile che qualcuno sia disposto a pagare più di 100 per avere indietro un valore inferiore a 100? E più in generale, come mai ci sono soggetti disposti ad investire ad un tasso di interesse negativo?
Il contesto
Fino a pochi anni fa era impossibile anche solo teorizzare l’esistenza di tassi di rendimento negativi, ma la prima smentita è arrivata dalla “banca delle banche”, la BCE, la quale ha posto un tasso di interesse del – 0,2% sui conti deposito e si è detta disposta a ridurlo ulteriormente.
In pratica, “parcheggiare” la liquidità presso la BCE implicava per le banche depositanti il pagamento di una commissione: l’obiettivo della BCE era disincentivare i depositi per favorire un reinvestimento della liquidità in eccesso (che BNP Paribas quantificava essere il 3% del Pil dell’eurozona, quindi attorno ai 300 miliardi) in investimenti produttivi non finanziari. Ma se stare fermi significa perdere soldi, le opportunità di investimento favorevoli scarseggiano e il rapporto tra investitori e clienti è dominato da reciproca sfiducia, qual è l’alternativa migliore?
Investire in titoli che per definizione sono risk free, ovvero, governative bond che, nonostante abbiano un tasso di interesse negativo, risulta comunque più conveniente del deposito di liquidità presso la BCE.
In merito a quest’ultimo punto, è doveroso fare una precisazione: come per i tassi di interesse negativi, anche il fallimento di uno Stato era impensabile, ma la crisi del debito sovrano che ha colpito alcuni paesi d’Europa nel 2012 ha dimostrato che nemmeno il debito di uno Stato è totalmente privo di rischio.
Ad oggi, Bloomberg ha stimato che al 30% del mercato globale di governative bond corrispondono tassi di interesse negativi.
Chi compra i governative bond a rendimento negativo?
Gli investitori che inseriscono nel proprio portafoglio governative bond possono essere distinti in tre categorie.
Il primo gruppo è composto da investitori professionali che li detengono indipendente dal ritorno finanziario offerto. Fanno parte di questa categoria le banche centrali che detengono governative bond come riserva di valuta estera, le assicurazioni, i fondi pensione per bilanciare il loro passivo, e infine, le banche, le quali hanno la necessità di rispettare i requisiti di liquidità fissati dai propri governi.
Il secondo gruppo è composto da investitori che pensano di poter guadagnare nonostante i tassi di interesse negativi giocando con il tasso di cambio.
Infine, la terza categoria è composta dagli investitori che preferiscono una piccola perdita data dai governative bond piuttosto che una perdita maggiore data da qualunque altro tipo di investimento.