Il 20 Febbraio 2014 la Camera dei Deputati ha convertito in legge il decreto 149 del 2013 (per approfondire clicca qui), con il quale il governo Letta aveva abolito il finanziamento pubblico ai partiti. I fondi destinati alle forze politiche sono stati oggetto di una riduzione graduale fino al 2017, anno in cui il finanziamento pubblico diretto ha ufficialmente cessato di esistere.
I partiti politici possono ricevere il 2xmille dalla dichiarazione dei redditi dei soggetti IRPEF, a condizione che siano iscritti al Registro Nazionale dei Partiti ed abbiano <<statuti recanti necessari elementi procedurali e sostanziali che garantiscano la democrazia interna>> e <<un sito internet dal quale devono risultare le informazioni relative all’assetto statutario, agli organi associativi, al funzionamento interno e ai bilanci>>. I partiti possono quindi ricevere finanziamenti solo da soggetti privati. Il massimo che un singolo individuo o persona giuridica può donare ad un partito è 100mila euro.
Il Movimento 5 Stelle
La prima forza politica in Italia, che il 4 Marzo ha raccolto il 32,7% dei voti per la Camera ed il 32,2% per il Senato, ha definito poco prima delle elezioni un regolamento, rivolto ai candidati, che ha conseguenze specifiche anche per la gestione finanziaria. L’articolo 6 lettera r del regolamento recita:
<<All’atto dell’autocandidatura ogni candidato si impegna, qualora la sua candidatura dovesse essere accettata e successivamente risultasse eletto alla Camera o al Senato, a onorare quanto previsto dall’articolo 5 del Codice Etico ed erogare un contributo mensile di euro 300 destinato al mantenimento delle piattaforme tecnologiche che supportano l’attività dei gruppi e dei singoli parlamentari>>.
300 euro al mese moltiplicati per 226 deputati e 112 senatori fanno 1 milione, 216 mila e 800 euro annuali. 6 milioni e 84mila euro considerando la durata dell’intera legislatura. Il riferimento a “piattaforme tecnologiche” è rivolto a “Rousseau”, la piattaforma che il Movimento utilizza per consultare i propri iscritti. Presidente, tesoriere e membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Rousseau, che possiede la piattaforma, è Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto, “guru” del Movimento. Il quotidiano Il Foglio in un’inchiesta (per approfondire clicca qui) a puntate cerca di fare luce sul ruolo controverso di Casaleggio jr, della Casaleggio Associati e sulle problematiche relative a Rousseau, rese note anche dalla segnalazione dell’Autorità Garante della privacy, che ha dichiarato
<<I voti espressi tramite le funzionalità di e-voting offerte dalla piattaforma vengono archiviati, storicizzati e restano imputabili a uno specifico elettore anche successivamente alla chiusura delle operazioni di voto, consentendo elaborazioni a ritroso con, in astratto, la possibilità di profilare costantemente gli iscritti, sulla base di ogni scelta o preferenza espressa tramite il sistema operativo>>.
La piattaforma Rousseau, controllata da Casaleggio, gestisce anche, per ciascun parlamentare
<<almeno 5mila euro (cioè la metà, grosso modo, della loro indennità); e a quelli andrà aggiunta tutta la parte dei rimborsi non utilizzati in spese di servizio (dal vitto ai trasporti, passando per i pagamenti dei collaboratori). Il che, moltiplicato per i 338 eletti, produce un risultato esorbitante: quasi 1 milione e 700.00 euro di sole indennità, cui poi vanno sommate le competenze accessorie non spese>>.
A differenza del resto degli schieramenti politici, il Movimento 5 Stelle non si è iscritto nel registro nazionale delle forze politiche che possono beneficiare del 2 per mille. L’associazione Rousseau, oltre a raccogliere i contributi dei singoli parlamentari, riceve però donazioni anche da soggetti privati. Nel rendiconto del 2016 si contano 16mila donatori, per un ammontare di 485 mila euro – dei quali 30mila provengono dall’estero. Le spese “secondarie” sono 50 mila euro per il personale, 250 mila euro per servizi ed altri oneri accessori ed il Movimento ha accumulato 113 mila euro di debiti verso fornitori, generando 79.676 euro di avanzo. Il rendiconto, come segnalato (vedi l’articolo di Repubblica) da più parti (vedi l’articolo del foglio), non è però sempre completo, ad esempio in alcuni punti lo è sia sull’identità dei soggetti finanziatori che sulla destinazione delle spese.
La Lega
L’altra forza di maggioranza, nonostante l’exploit elettorale – 17,4% e 17,6% rispettivamente per Camera e Senato – dal punto di vista economico non vive in tempi tranquilli. In seguito allo scandalo emerso nel 2012 per i “rimborsi truffa”, che ha portato alle condanne in primo grado in diversi procedimenti giudiziari dell’ex leader Bossi e dell’ex tesoriere Belsito, con l’accusa di truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita dei soldi del partito, alla Lega venne comminato il sequestro di 48 milioni di euro. Dal momento che però nelle casse del Carroccio c’erano solo 2 milioni, fu disposto – poi confermato dalla Cassazione ad aprile – il sequestro dei fondi che da quel momento in poi sarebbero arrivati sul conto del partito. L’ultimo bilancio (per approfondire clicca qui) della Lega, quello del 2016, registra una situazione piuttosto critica
<<Vanno prosciugandosi, inoltre, le disponibilità liquide che dal milione 469mila euro del 2015 passano a poco più di 165mila euro. Il patrimonio netto si attesta a 5 milioni 671mila euro (nel 2015 era pari a 6 milioni 733mila), mentre i debiti lievitano da 1 milione 39mila euro agli attuali 1 milione 569mila>>
ed è stata aperta la cassa integrazione straordinaria per lo staff del partito. I proventi dal 2 per mille sono però in crescita. Si passa da 1,4 milioni di 129mila persone del 2016 ad 1,8 milioni da parte di quasi 172mila persone del 2017.
Una recente indagine della procura di Genova getta però un sospetto riguardo la gestione finanziaria della Lega anche dopo il 2012, durante la segreteria di Roberto Maroni e quella attuale, presieduta da Matteo Salvini. Il 13 Giugno, come riportato da Il Post (per approfondire clicca qui):
<<Agenti della Guardia di Finanza e ispettori della Banca d’Italia hanno perquisito la sede centrale della Sparkasse, la Cassa di Risparmio di Bolzano, su richiesta della procura di Genova>>,
Dpodiché la Procura di Genova
<<ha aperto un’indagine per riciclaggio a carico d’ignoti, ipotizzando che la Lega abbia cercato di evitare il sequestro di parte dei propri soldi: al centro della perquisizione di mercoledì c’è un investimento di 3 milioni di euro in Lussemburgo, poi – secondo questa tesi – fatti rientrare in Italia. A segnalare alle autorità antiriciclaggio italiane queste manovre finanziarie è stato lo stesso Lussemburgo, che ha considerato sospetto il rientro in Italia della somma. Secondo la procura, la Sparkasse è stata la banca dalla quale i soldi sono stati trasferiti e poi rimpatriati.>>
Il Partito Democratico
Dal 2008 il bilancio dei Dem è pubblicato sul loro sito (per approfondire clicca qui) e revisionato da PwC.
Il 2016, l’ultimo esercizio disponibile, si è chiuso con un passivo pesante di 9.465.745 euro. Nonostante, infatti, i quasi 6 milioni e mezzo di euro erogati dai soggetti IRPEF, che fanno del PD il maggiore beneficiario del 2 per mille, i costi hanno continuato a crescere, sia quelli legati al personale dipendente – 7.8 milioni – che quelli legati alla “gestione caratteristica”, come gli 11 spesi per la campagna elettorale sul referendum costituzionale. Anche nel 2017, considerando dunque i redditi IRPEF del 2016, il PD è primo per proventi dal 2 per mille, con 7,9 milioni grazie al contributo di oltre 600mila persone.
Anche la lista dei soggetti elargitori è presente all’interno del bilancio – principalmente sono gli stessi memebri del partito – ma non tutti i donatori sono tenuti a dare le proprie generalità. La normativa sulla privacy stabilisce che una persona possa essere inserita nell’elenco dei finanziatori solo in seguito ad un espressivo consenso all’utilizzo dei propri dati personali.
Tra i più celebri finanziatori del PD – esclusi i parlamentari stessi – secondo quanto rilevato da L’Espresso (per approfondire clicca qui) – ci sono Patrizio Bertelli, proprietario di Prada, e Aurelio De Laurentis, patron di Filmauro e del Napoli SSC. Per il PD sono poi state importanti le fondazioni private. La Fondazione Open, vicina all’ex Premier Renzi, ha da poco chiuso la propria attività, ma negli ultimi sei anni ha raccolto 6,7 milioni di euro da destinare alla forza politica, dando una spinta importante per la scalata politica dell’ex Presidente del Consiglio e Segretario del Partito Democratico.
Forza Italia
Il secondo partito della coalizione di centro-destra alle ultime elezioni è fortemente incentrato, sia dal punto di vista politico che finanziario, sulla figura di Silvio Berlusconi.
<<Se infatti consideriamo solo le donazioni private ricevute da FI negli ultimi dieci anni [..] il totale arriva a 117 milioni. Dei quali 106 sono stati regalati da Silvio e famiglia>>.
In seguito all’introduzione del limite dei 100mila euro elargibili dai privati, le finanze di Forza Italia sono molto meno floride.
Per questa ragione – vista cioè l’impossibilità di fare affidamento sulle donazioni dell’ex Premier – il partito chiede che un contributo diretto provenga dai candidati e poi dagli eletti. Per poter aspirare all’elezione tra le file di FI un candidato deve pagare al partito trentamila euro, una cifra che però può essere raccolta sia individualmente che attraverso il sostentamento di soggetti terzi. Alfredo Messina, il tesoriere, ha precisato poi che se il candidato viene eletto, a Montecitorio o a Palazzo Madama, dovrà versare altri 900 euro mensili per finanziare il partito.
Altre forme di finanziamento, come i proventi dal 2 per mille, sono per Forza Italia meno proficue. Nel 2017, sono stati poco più di 98 mila i soggetti IRPEF a destinare 850mila euro al partito.