La teoria delle aree valutarie ottimali
«Con la lira si stava meglio». Non è raro ormai sentir pronunciare queste parole, sia da persone comuni sia in dibattiti politici, come anche in ambienti accademici. Da molti l’euro è considerato come l’origine della maggior parte dei problemi economici che affliggono il nostro Paese da anni. L’argomento è degno di essere affrontato anche in chiave scientifica, e non solo ideologica: la creazione di una moneta unica utilizzata da più Nazioni è un argomento ben noto alla scienza economica già dagli anni ’60, quando R. Mundell diede un primo contributo a quella che oggi prende il nome di Teoria delle aree valutarie ottimali. La domanda a cui si cerca di dare una risposta è la seguente: conviene adottare una moneta unica? Se sì, quanto conviene? Proviamo a capire in maniera semplice i risultati di questa teoria, definendo infine i pregi e i difetti di un sistema valutario come l’UE.
Il tasso di cambio: quanto vale un euro?
Per iniziare a comprendere questa teoria è necessario spiegare brevemente che cos’è il tasso di cambio. Il tasso di cambio non è altro che un rapporto che indica quanto vale una moneta in termini di un’altra; per esempio, se 1 euro vale 1.29 dollari allora il cambio euro/dollaro è esattamente 0.77 (ovvero 1/1.29), che equivale a dire “1 dollaro vale 0.77 centesimi di euro”. Il tasso di cambio ha quindi un’importanza fondamentale, perché è determinante per le imprese che esportano e importano, ovvero per il commercio internazionale (oltre che il movimento di capitali fra Nazioni).
In cosa consiste una moneta unica
Quando due o più Nazioni decidono di adottare una moneta unica, andando ad eliminare completamente l’uso delle loro vecchie valute, la prima cosa che viene meno è proprio il tasso di cambio che vigeva fra le due diverse monete. Questo passaggio è fondamentale, perché determina tutti i benefici e i costi di un’unione monetaria, qui di seguito riassunti.
Benefici:
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una moneta unica abbatte notevolmente, se non elimina del tutto, i costi di transazione commerciali fra le nazioni che la adottano;
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i commerci internazionali sono favoriti dalla mancanza di incertezza sul tasso di cambio, venuto meno con la creazione di una singola valuta. Chi esporta ed importa non deve più fare i conti con un’altra variabile fondamentale e difficile da prevedere nel futuro, che può far variare il prezzo dei beni e dei servizi.
Costi:
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perdita degli strumenti di politica monetaria. In altre parole, quando un gruppo di Paesi adotta un’unica valuta si crea una nuova Banca Centrale, comune per tutti, che ha il compito di creare moneta e immetterla nel mercato (oppure di “drenarla”, ovvero toglierla dal mercato), cercando di rendere il sistema economico stabile in ogni periodo, attuando cioè la cosiddetta “politica monetaria”. Il problema si pone nel caso di shock asimmetrici: un determinato evento può avere ripercussioni economiche diverse da un Paese all’altro, in base alla loro struttura economica; in questo caso, una Banca Centrale unica avrebbe molte difficoltà pratiche nell’intervento, poiché le sue azioni potrebbero essere a favore di un Paese e a discapito di un altro.
La teoria delle aree valutarie ottimali afferma che è opportuno, oltre che non costoso, rinunciare all’indipendenza monetaria a favore di un’unica valuta se i benefici superano i costi.
I sei criteri di convergenza
Essendo molto difficile misurare i costi e i benefici di una moneta unica in modo tale da poterli confrontare, la teoria economica, basandosi su numerose ricerche empiriche, soprattutto sul caso degli USA (che si possono considerare come l’area valutaria ottimale per eccellenza), è arrivata a fornire sei criteri di convergenza, verificati i quali un gruppo di Paesi può divenire area valutaria ottimale. Ciò equivale a dire che i benefici di una singola moneta supererebbero di gran lunga i costi nel caso in cui sussistano contemporaneamente queste condizioni. I criteri sono i seguenti:
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mobilità del lavoro, ovvero la possibilità dei lavoratori di trovare lavoro facilmente spostandosi da un Paese all’altro del gruppo in cui è in vigore la moneta unica;
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diversificazione della produzione, che consiste nel fatto che i Paesi facenti parte del gruppo devono essere partner commerciali compatibili, ovvero devono trarre reciproco vantaggio negli scambi di beni e servizi fra di loro;
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libera circolazione: in un’area in cui vige una moneta unica è indispensabile ci sia la libertà di circolazione di beni e persone, sinonimo di integrazione e semplificazione del sistema economico;
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sussidiarietà fiscale reciproca: i componenti di una potenziale area valutaria ottimale devono essere disposti, in caso di shock asimmetrici, ad attivare misure di compensazione, sotto la veste di aiuto monetario, a favore di quei Paesi danneggiati dall’avverarsi di un determinato evento. In altre parole, chi ha tratto vantaggio da una situazione deve aiutare chi è stato svantaggiato dalla medesima situazione;
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preferenze omogenee: i Paesi membri di un’unione monetaria devono condividere le principali linee di azione politica ed economica;
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solidarietà e nazionalismo: vivere insieme comporta sempre il dover rinunciare a qualche pretesa o desiderio. I Paesi membri di una comunità valutaria devono essere uniti insieme da un condiviso progetto politico, e devono essere consapevoli di condividere un destino comune.
L’ UE è un’area valutaria ottimale?
Facendo un’analisi dei sei criteri di convergenza qui spiegati e riportandoli alla situazione attuale dell’Unione europea, non è difficile affermare che, a livello teorico, essa non è un’area valutaria ottimale. Eppure la moneta unica esiste, e i benefici economici e sociali si sono verificati ampiamente (solo per un riscontro, basta vedere la crescita media dell’eurozona nel periodo compreso fra l’adozione dell’euro e il 2008 su ec.europa.eu/eurostat). I problemi, infatti, sono sorti proprio con l’avvento della crisi dei debiti sovrani (di cui abbiamo parlato in questo articolo): questa non è stata altro che uno shock asimmetrico che ha fatto venire a galla innumerevoli punti deboli e falle del sistema monetario europeo, per come è strutturato oggi.
Questo significa che l’UE non è di natura un’area valutaria ottimale, ma può diventare tale poiché, in momenti di espansione economica, l’euro ha molto favorito la crescita economica dei membri dell’eurozona. In termini economici, quindi, la UE può definirsi come un’area valutaria ottimale endogena. Solo il tempo, la dedizione e la volontà politica saranno le chiavi per la buona riuscita di questo progetto.