Nel primo articolo sul Debito Pubblico (che trovate qui) si è cercato di descrivere perché si emette debito e come mai sia cresciuto nel corso dei decenni nel bilancio dello Stato italiano. Passaggio fondamentale è stato il famoso “Divorzio” tra Banca d’Italia e il Tesoro, evento che allineò l’Italia a ciò che era già accaduto in altri Paesi: la separazione dei poteri tra Banca Centrale e Governo. Di seguito si cercherà di esporre in modo più analitico i dati, dalle variazioni del rapporto debito pubblico/PIL nel tempo a come sono cambiate negli anni le quote dei possessori di debito pubblico.
Durante gli anni successivi al divorzio, il Debito ha iniziato la sua lunga e pericolosa ascesa. Nel 1980, anno precedente al divorzio, il rapporto debito/PIL era del 56,08%. Solamente 13 anni dopo, nel 1993, il dato era più che raddoppiato raggiungendo il 115%. L’anno successivo, nel 1994 è stato toccato il picco massimo del 121%, limite oltrepassato solo a partire dalla buia annata del 2012, anno in cui lo spread arrivò oltre i 500 punti base. Nonostante nei primi anni 80 la spesa pubblica italiana – in relazione al PIL – fosse tra le più basse d’Europa, l’aumento esponenziale del debito mise al centro dell’attenzione l’equilibrio dei conti. Con i Governi Amato (1992) e Ciampi (1993), l’Italia persegue come obiettivo primario il riequilibrio finanziario. Il rapporto debito/PIL iniziò una lieve discesa che lo riportò intorno a quota 100% negli anni 2002 e 2003. Dal 1991 ad oggi, ad esclusione del 2009 (uno degli anni più negativi per l’economia italiana), l’Italia è stata in avanzo primario; un dato estremamente positivo, ma non sufficiente a far scendete l’enorme debito. Le motivazioni, già affrontate, sono riconducibili alla grande mole di interessi pagati a chi finanzia il debito.
L’impennata della quota di interessi pagata sul debito è avvenuta in due fasi: una prima fase negli anni 80 e primi anni 90, da subito dopo il divorzio fino al 1995 circa, periodo in cui l’economia era caratterizzata da elevata inflazione; una seconda fase nel periodo post crisi 2008, culminato con la crisi dei debiti sovrani (2011-2012). Nei primi anni 2000, con l’ingresso nell’Euro, la Banca d’Italia viene sottratta alla dipendenza del governo italiano ed entra nel SEBC (Sistema Europeo di Banche Centrali). Dal 2002 fino al 2008 il rapporto debito/PIL è rimasto stabile oscillando tra il 99% e il 102%, e gli interessi pagati sul debito hanno subito una riduzione generalizzata grazie alla maggior stabilità garantita dall’eurozona. In tal senso, l’entrata in vigore dell’euro doveva aiutare ad abbattere il debito accumulato negli anni 80, come accadde in Belgio, ma ciò non si verificò. Con la grande crisi del 2008-2009 il PIL è sceso in modo violento, ed il rapporto debito/PIL è tornato su valori altissimi. Il 102,3% del 2008 schizza al 115,30% nel 2010, e poi su fino al 134% del 2015. Ad influire nello spaventoso aumento del debito è stata da un lato la contrazione del PIL, dall’altro la crisi dei debiti sovrani che ha visto l’Italia arrivare a pagare interessi sul Btp decennale superiori al 6%. Tutto ciò si è verificato in una situazione in cui i tassi stabiliti dalla BCE sono stati a livelli molto bassi, o addirittura nulli, e con il supporto della misura straordinaria del QE (ne abbiamo parlato qui).
CHI DETIENE IL DEBITO PUBBLICO?
Negli anni le quote in capo ai vari possessori del debito sono cambiate radicalmente. Il cambiamento è stato in linea con lo sviluppo dei mercati finanziari e con i servizi offerti dagli intermediari. È interessante notare come la quota in possesso degli investitori italiani sia scesa notevolmente a favore degli investitori esteri e intermediari finanziari.
(Grafico Repubblica)
Nel 1988 le quote erano così divise: 57% italiani, 21% banche, 14% Banca d’Italia, 4% stranieri, 4% Fondi e Assicurazioni. Dopo 30 anni la quota i possesso degli italiani è passata al 13%, quella delle banche 31%, Banca d’Italia al 5%, stranieri al 33%, Fondi e Assicurazioni al 18%.
Quanto sono esposte le banche e le assicurazioni sul debito pubblico?
Il 27% del debito pubblico, più di 600 miliardi di euro, è in mano agli istituti finanziari. Al primo posto c’è Poste Italiane con 121 miliardi di euro, a seguire Generali con 63 miliardi e Unicredit con 47,2 miliardi.
(I dati sulle compagnie assicurative si riferiscono agli anni 2016 e 2017, quelli sulle banche al primo trimestre 2018)
Fonte: Repubblica
https://startingfinance.com/debito-pubblico-italiano-3-3/