Con la fine del mandato di Draghi previsto per ottobre 2019, il tema della successione del Presidente della BCE diventerà sempre più importante mano a mano che ci avviciniamo al nuovo anno.
La fine di un’era
Spetta al Consiglio Europeo, l’assemblea dei capi di stato e di governo dell’Unione, la scelta e nomina del Presidente, incarico che viene considerato il più delicato fra quelli che non sono sottoposti a una nomina politica. Diversi analisti sostengono per esempio che le politiche decise negli ultimi anni da Draghi, che è in carica dal 2011 e non può ricandidarsi, abbiano condizionato in maniera indiscutibile l’andamento economico degli stati europei dopo le crisi del 2008 e del 2011 (per esempio attraverso il quantitative easing, e la famosa dichiarazione “whatever it takes”). Idealmente la BCE cercherà il candidato col miglior curriculum possibile, ma è inevitabile che alcuni equilibri politici condizioneranno la scelta.
Il tedesco Weidmann
Per momento il candidato più forte per sostituire Draghi è considerato Jens Weidmann, presidente della Bundesbank ed ex consigliere economico della cancelliera tedesca Angela Merkel. Weidmann è relativamente giovane – ha 50 anni – molto rispettato e, secondo alcuni funzionari europei sentiti dal Wall Street Journal, ha il grande pregio di essere tedesco, perché nella sua storia la Germania non ha mai avuto un presidente della BCE.
Nonostante ciò, non tutti però credono che Weidmann sia davvero il favorito. Negli ultimi anni, infatti, le sue posizioni sono state molto distanti da quelle di Draghi. Weidmann si è sempre opposto all’abbassamento drastico dei tassi di interesse a cui la BCE concede i prestiti, una misura su cui Draghi ha puntato molto e che doveva spingere le banche a immettere denaro nell’economia generale. A febbraio, Weidmann aveva anche chiesto la rapida chiusura del quantitative easing, il meccanismo di stimolo alla crescita con cui la BCE compra titoli di stato dalle banche private per garantire loro costante liquidità (a giugno, Draghi ha deciso di cessare il QE alla fine del 2018). Negli scorsi mesi inoltre qualche funzionario aveva ventilato il rischio di una “germanizzazione” della BCE, che ha sede a Francoforte e dove quasi un terzo dei dipendenti sono tedeschi.
Il francese Coeurè
Se Draghi avrà un peso nella scelta del suo successore potrebbe evitare di indicare un candidato così controverso come Weidmann e puntare su qualcun altro. Per esempio l’economista francese Benoît Coeuré, un importante dirigente della BCE considerato più vicino alla sensibilità di Draghi. Anche la candidatura di Coeuré però ha diversi problemi: su tutti, una norma europea che impedisce non solo al presidente, ma anche ai suoi consiglieri più stretti – cioè i membri del comitato esecutivo – di ricoprire il loro incarico per più di otto anni. «Siamo in una zona grigia», hanno detto due fonti al Wall Street Journal, suggerendo che Coeuré potrebbe dimettersi prima della scadenza naturale del suo incarico ed essere così disponibile per quello di presidente. L’altro problema è che Coeuré è francese, e la BCE ha già avuto un presidente francese in tempi recenti (Jean-Claude Trichet, dal 2003 al 2011).
Il futuro
Una prima e importante indicazione di chi potrebbe ambire alla carica di presidente arriverà nelle prossime settimane, quando sarà scelto il sostituto di Danièle Nouy, che attualmente è a capo del dipartimento di vigilanza della BCE. Diversi che rispecchiano diverse figure ugualmente autorevoli. Certo è che il futuro presidente si troverà nella mani le redini di una BCE che si concentra da anni quasi unicamente sull’inflazione: dovrà pertanto procedere con cautela, mantenendo un approccio graduale e cauto nel rimuovere i supporti di politica monetaria. Sebbene il QE giungerà a termine alla fine del 2018, in compenso, la banca centrale rimarrà coinvolta nel mercato attraverso il reinvestimento di titoli a scadenza e continuerà a fornire il proprio supporto al mercato.
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