Quando si parla di Silicon Valley, geograficamente si intende la parte meridionale della San Francisco Bay Area e, più in particolare, la Santa Clara Valley, il cui centro principale è rappresentato dalla città di San Jose. Quest’area della California è diventata famosa soprattutto per i garage, emblema del fare impresa e dell’innovazione, nei quali sono nate le più importanti multinazionali high-tech del pianeta. La Silicon Valley è protagonista di film, serie tv e libri ed è inoltre meta dei viaggi di imprenditori ed aspiranti tali, ma anche di semplici curiosi, provenienti da tutto il mondo. Ma come è nato questo vero e proprio mito dell’imprenditoria? Ripercorriamone le principali tappe.
La Baia a sud di San Francisco è da sempre caratterizzata da un clima piuttosto mite e quindi favorevole a qualsiasi attività umana. Nei decenni successivi alla colonizzazione del West, la zona si caratterizzava per una fiorente attività agricola, ma certamente non per il suo sviluppo industriale. Passarono gli anni e gli Stati Uniti abbandonarono la politica dell’isolazionismo, decidendo di giocare un ruolo sempre più da protagonisti nello scacchiere mondiale.
Per sostenere questo cambio di paradigma era necessario affermarsi come potenza militare e il Governo scelse quest’area relativamente poco popolata come sede di importanti industrie belliche, che iniziarono a occupare una grossa fetta della manodopera prima agricola. In quello stesso periodo fu fondata da Leland Stanford, un magnate delle ferrovie, governatore della California e senatore, l’omonima università con sede nei pressi di Palo Alto, che diventò ben presto uno dei player fondamentali nello sviluppo della contea di Santa Clara.
Le prime migrazioni
Attratti dalle sirene delle industrie di armamenti, molti ingegneri si trasferirono dalla East alla West Coast, dando vita ad una migrazione interna di talenti, un’anticipazione di ciò che sarebbe successo in seguito. Uno di loro fu Frederick Terman, professore di ingegneria elettrica, che trasformò l’università in cui insegnava, la Stanford University, da ateneo provinciale a modello nazionale, in cui studenti e professori erano spinti a lanciarsi in iniziative imprenditoriali, creando relazioni in grado di dare vita e sostenere business innovativi e rivoluzionari.
Precursori in tal senso furono due giovani laureati, Bill Hewlett e David Packard, che nel 1939 fondarono in un garage di Palo Alto la prima azienda di elettronica civile della contea. La società prese il cognome dei due fondatori, diventando poi nota al grande pubblico con il suo acronimo HP. A celebrare tale evento si può trovare oggi una targa, apposta nel 1989 fuori dal garage dove Hewlett e Packard iniziarono la loro avventura a fine anni ‘30, che fa risalire proprio a quel momento la nascita della Silicon Valley. In realtà, perché quel nome fosse utilizzato per la prima volta ci volle un’altra trentina di anni, ma lo sviluppo di quel territorio si caratterizzò nel periodo successivo per un’accelerazione incredibile.
Lo Stanford Research Park
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la Stanford University diede vita ad un incubatore tecnologico, denominato Stanford Research Park, che, oltre a fornire in affitto ad aziende tecnologicamente avanzate il terreno intorno al campus a prezzi vantaggiosi, offriva anche la disponibilità di venture capital (altro fondamentale attore di questa storia), la possibilità di ricevere assistenza nell’ottenere brevetti e di avvalersi della consulenza tecnica di professori e ricercatori. Grazie a questo importante contributo, di lì a poco nell’area iniziarono a spuntare decine di nuove aziende.
Il processo di sviluppo si intensificò ulteriormente negli anni della guerra in Vietnam. Secondo la storica Leslie Berlin, infatti, a fare da detonatore fu il particolare clima di protesta che si viveva da quelle parti tra il 1968 e il 1969. Fino ad allora era normale che i giovani che uscivano dalle facoltà tecniche e ingegneristiche dell’area cercassero un posto nelle grandi aziende del Dipartimento della Difesa. Con la protesta si diffuse un rifiuto rispetto a quel destino e i ragazzi cominciarono a cercare lavoro in piccole aziende tech indipendenti, o a inventarsi la loro stessa azienda alternativa al sistema, sempre in ambito hi-tech.
La Silicon Valley oggi
Nel periodo iniziale del boom le aziende erano perlopiù specializzate nella fabbricazione di semiconduttori e di microchip (entrambi basati sul silicio): da questo fatto nacque il nome Silicon (silicio in italiano) Valley, espressione utilizzata per la prima volta dal giornalista Don C. Hoefler nel 1971, per riferirsi all’area a sud di San Francisco. Questo tipo di produzione funse da polo attrattore per l’insediamento successivo di aziende di computer, produttori di software e fornitori di servizi di rete. Il resto della storia è noto: solo per citare gli esempi più famosi, Google (Mountain View), Apple (Cupertino), NVIDIA Corporation (Santa Clara), Tesla (Palo Alto) e Intel (Santa Clara) hanno sede centrale nella Silicon Valley.
Ad oggi, 39 aziende incluse nella Fortune 1000 (la classifica di Forbes sulle più grandi società statunitensi per fatturato) e migliaia di startup hanno la propria principale sede operativa in questo distretto, del raggio di non più di trenta miglia e con 1 milione e 700 mila abitanti, ma che negli anni è stato caratterizzato per aver raggiunto un PIL pari a quello dell’Olanda, per investimenti di venture capital pari a un terzo del totale negli Stati Uniti e per una disoccupazione addirittura negativa, poiché vi migrano giovani da tutte le parti del mondo (due terzi delle persone che oggi lavorano in quest’area sono nate al di fuori degli Stati Uniti).
Il melting pot culturale portato da sudamericani, asiatici ed europei ha indubbiamente rappresentato un ingrediente chiave, insieme all’open innovation, alla cultura positiva del fallimento come esperienza educativa e alla forte attrattività per venture capital ed investitori di ogni tipo. Negli ultimi anni il carovita e soprattutto la costosità degli immobili hanno iniziato a rappresentare dei grossi limiti, ma sembrano poco o niente per un territorio che ha saputo superare crisi devastanti come la Bolla Dot-Com del 2000 e la grande recessione del 2008-2009, uscendone sempre rinnovato e rafforzato.
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