Trieste, un porto franco: storia e qualità
Il più importante porto italiano per traffico merci è il porto franco ed extra-territoriale di Trieste. I vantaggi derivanti dall’essere porto franco riguardano i benefici tributari e la semplificazione normativa e burocratica. Questo status appartiene storicamente al capoluogo friulano. Infatti, fu concesso nel 1719 dall’imperatore Carlo VI d’Asburgo e garantito dalle norme internazionali, quali il trattato di pace di Parigi del 1947 (allegato VIII), il memorandum di Londra del 1954 e il trattato di Osimo del 1975. Queste garantiscono il principio di libertà di transito attraverso diverse facilitazioni. Il porto di Trieste, dunque, pur essendo in territorio italiano ed europeo, è esterno al territorio doganale dell’UE.
L’extra-territorialità
Il punto forte del porto friulano è la completa extra-territorialità della direzione del transito delle merci. Nato e sviluppatosi all’interno dell’Impero austro-ungarico, il porto di Trieste ha mantenuto una forte tensione verso la Mitteleuropa nonostante si trovasse, durante la guerra fredda, a ridosso della cortina di ferro.
Se i numeri parlano di 62 milioni di tonnellate di merci nel 2017, circa il 70% è costituito da petrolio, per i 5 punti franchi del porto di Trieste, utilizzati dall’oleodotto transalpino Tal/Siot. Nel porto friulano transitano più del 40% del petrolio importato dalle raffinerie della Germania, il 100% del fabbisogno austriaco ed il 40% della Repubblica Ceca. Il porto di Trieste è un hub essenziale e strategico per tutta la Mitteleuropa caratterizzato dal 90% dei traffici con l’estero e solo il 10% in direzione Italia. La congiuntura tra lo status della franchigia doganale, dell’extra-territorialità e del trovarsi in territorio italiano incentiva in modo particolare il mercato della moda made in Italy.
Le potenzialità del porto triestino sono aumentate grazie alla riforma Delrio, grazie alla quale si è accentrato il potere decisionale sull’Autorità portuale di Trieste.
Trieste e l’Italia sulla rotta della Nuova Via della Seta
Le caratteristiche del porto friulano fanno gola ai decisori politici cinesi, in cerca di un attracco per le merci transitanti. Trieste è in una posizione strategica, che la collega in modo diretto alla Germania e rappresenta un collegamento con i porti del nord Europa, per questo è uno degli obbiettivi del progetto Belt and Road Iniziative (BRI). L’orientamento italiano nei confronti del BRI è però ambiguo. Da un lato comprende l’importanza del progetto cinese e le opportunità di crescita ed integrazione che potrebbero derivarne. Dall’altro l’Italia condivide con gli altri partner europei le preoccupazioni verso una sempre più ingombrante presenza commerciale ed infrastrutturale della Cina.
Il governo Conte, per impulso del ministro Di Maio e del sottosegretario Geraci, ha messo in campo una “Task Force China”, impegnata ad analizzare le opzioni di cooperazione con la Cina e le eventuali condizioni.
Nonostante l’impegno ad investire nei porti di Trieste e Venezia, di concreto è stato fatto molto poco. Anche dal punto di vista formale l’Italia non ha ancora firmato il memorandum d’intesa per sancire la sua partecipazione alla BRI.