Analizzare un’azienda, osservarne la struttura e comprenderne la ragione non è semplice, soprattutto guardando al mondo di oggi. Esistono giganti come Nestlé, P&G o Alphabet, realtà economiche la cui capitalizzazione supera il prodotto interno lordo di un paese sviluppato. Amazon e Apple hanno toccato (e superato) i mille miliardi di dollari, la Svezia ha un PIL che supera appena cinquecento miliardi di dollari. Il più delle volte, è difficile percepire quanto un’azienda possa essere grande. Gli esempi di P&G e Nestlé non sono casuali. Basta una breve ricerca per realizzare lo straordinario numero di marchi che circondano il consumatore e che, a primo impatto, è difficile associare ad un singolo nome. Non sarebbe possibile, però, analizzare queste gigantesche strutture se non se ne capisse prima la ragione. Cosa sono le aziende? Perché esistono e come riescono a produrre denaro? Comprendere ciò è il primo passo per andare ad analizzarne la struttura e le dinamiche interne.
A primo impatto, la domanda potrebbe sembrare inutile, ma non è immediato comprendere che prima del profitto, prima del denaro, viene l’efficienza. Le aziende sono un ente economico composto da privati uniti da un accordo comune il cui scopo è il profitto. Il mezzo per eccellenza per ottenere profitto è l’essere efficienti e l’efficienza, in genere, si ottiene con il giusto livello di specializzazione.
Un esempio, anche se estremizzato, aiuta a comprendere come efficienza e specializzazione rappresentino l’essenza di un’azienda.
Le merci sono beni che possono essere scambiati (generalmente con denaro) per soddisfare un bisogno. Si pensi al caso di avere voglia di una pizza. Per un ente totalmente isolato, un atomo, la preparazione di una semplice pizza rappresenterebbe un’impresa titanica, capace di impegnare gran parte dell’anno solare. Bisognerebbe coltivare il grano, macinarlo e fare la farina; allo stesso tempo allevare una mucca per ottenerne il latte, così da ottenere la mozzarella. In un orto crescere i pomodori, mentre in un bosco vicino procurarsi la legna e le pietre su cui cuocere il tutto. Non è da escludere, poi, la possibilità che chi compie tutte queste azioni sia un grande agricoltore, ma un pessimo cuoco. Tanta fatica potrebbe alla fine dare un risultato pessimo.
Saltiamo ora all’altro estremo, a un mondo non fatto di atomi, ma di enti composti da più singoli. In ogni ente, ciascun singolo fa ciò che gli riesce meglio, concentrandosi su una sola mansione e specializzandosi. Chi si occupa di agricoltura si divide tra chi ara, chi progetta le future semine, chi raccoglie e chi macina. La pizzeria ha poi diversi singoli al suo interno: chi fa l’impasto, chi cuoce, chi prepara le salse e via dicendo. Non ci sono perdite di tempo per passare da una mansione all’altra (efficienza) e ognuno si concentra su una sola mansione, possibilmente quella in cui è più bravo (specializzazione). Così facendo, l’azienda produce più di un singolo e può vendere i suoi prodotti a chi, specializzandosi in altro, non ha avuto tempo per preparare una pizza ma è ben felice di comprarne una già pronta.
Più un’azienda cresce, più si ramifica e si ingrandisce. La pizzeria potrebbe acquisire il consorzio agricolo o la latteria, così da non aver più bisogno di pagare i costi di transazione ogni volta che si rifornisce. Più un’azienda cresce, quindi, e più diventa complessa. I vari reparti non riescono più a comunicare efficacemente e nasce il bisogno di figure che coordinino i loro movimenti, gestendo il tutto. Non cresce più solo orizzontalmente, ma anche verticalmente. Chi inizialmente aveva fondato la pizzeria e, ad esempio, aiutava nella preparazione degli impasti, ora non può più occuparsi di tutto. Deve affidare a qualcuno il compito di gestire le spese, a qualcun altro quello di reclutare nuovo personale o di formarlo. Più l’azienda cresce, più è difficile gestirla e più chi la possiede si vede costretto ad assumere nuove figure che lo aiutino nella gestione del nuovo organismo. Si forma una spaccatura tra chi possiede l’ente e chi lo gestisce. Così nascono i problemi di corporate governance che andremo ad affrontare prossimamente, incarnati dal mare di sigle e termini che sentiamo spesso ripetere: CEO, BoD, CFO, auditors e via dicendo.
Il benessere di un’azienda dipende direttamente da quanto bene funzionano i suoi meccanismi interni, in particolar modo da quanto i manager (chi gestisce l’azienda) accettino il volere degli shareholder (chi possiede l’azienda) e degli stakeholder (chi ha un interesse nell’azienda), lavorando per il loro benessere. Le singole parti di un’azienda devono essere specializzate, ma i costi della loro coordinazione non devono eccedere i benefici della specializzazione. Un buon manager capisce dove si trova l’equilibrio, sa dare degli obbiettivi e permette alla struttura interna di un’azienda di evolvere seguendo la crescita e i bisogni di questa.