Il raggiungimento di un accordo preliminare tra Unione Europea e Regno Unito sulla Brexit si pone in un contesto di elevata incertezza, in cui l’esito del concordato trascende la mera valenza politica. La partita a scacchi sarà ora giocata su più fronti e potrebbe rivelarsi, specialmente Oltremanica, più sanguinosa del previsto.
Raggiunto l’accordo per la Brexit
La Brexit è un evento di tale rilevanza che sta dominando la scena politica ed il dibattito pubblico da più di diciannove mesi. Dopo tanto tempo, il 14 novembre 2018 si è giunti ad una svolta decisiva nelle trattative che condurranno all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Si è raggiunto il consenso su un accordo tra Bruxelles e Westminster che definisce il divorzio britannico sul piano legale ed operativo. Inoltre la notizia delle dimissioni del Ministro incaricato per la Brexit ha aggiunto una considerevole dose di frenesia al già agitato scenario politico.
Inizia ufficialmente la Brexit
L’accordo, firmato dal capo dell’esecutivo inglese e dal delegato capo dell’UE, rappresenta solo il principio della Brexit. Nei prossimi mesi le negoziazioni definiranno in termini più specifici e gli effetti concreti della recessione Britannica dall’Unione. Ciò non sminuisce la portata di quanto stipulato il 14 novembre. Infatti, nelle ultime settimane aleggiava una crescente sfiducia circa la possibilità di raggiungere un’intesa fra Europa e Regno Unito.
Le prossime trattative per i dettagli
Sebbene ci siano ancora diversi lineamenti di stampo economico e legale da definire nei prossimi mesi, i maggiori temi di disputa sono stati snocciolati nelle oltre cinquecento pagine dell’accordo. Al fine di garantire il tempo necessario per concludere i negoziati, è previsto un periodo di transizione. L’accordo, con le prossime modifiche e correzioni, entrerà in vigore intorno a dicembre 2020, prima dell’effettiva uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
La finestra fino al 2020
Durante il segmento temporale che va fino al 2020, in coincidenza con la fine del quadro finanziario pluriennale europeo, la Gran Bretagna continuerà a godere dello status di Paese membro dell’Unione. Il ruolo della giurisdizione Europea sarà anch’esso preservato fino al 2020.
A partire dalla data formale della Brexit, fissata per il 29 marzo 2019, il Regno Unito, pur beneficiando dello status di Paese membro, non farà più a tutti gli effetti parte del sistema politico-decisionale europeo. Londra non sarà più rappresentata nelle istituzioni dell’Unione. Tuttavia, le decisioni comunitarie saranno esecutive anche Oltremanica.
La ricerca di un compromesso
Il macro-contesto delle negoziazioni intavolate tra la Task force guidata da Barnier ed il suo pari ruolo Britannico potrebbe richiamare un approccio simile ad alcune nozioni di teoria dei giochi. Si cercano strategie cooperative volte a trovare un compromesso, tentando di massimizzare il proprio beneficio.
Nell’intricato sistema della Brexit, i due giocatori dialogano seguendo una dinamica mirata al raggiungimento dei propri obbiettivi politici. Per farlo devono trovare il migliore compromesso fra loro. Dunque un equilibrio sarà ottenuto tramite una cooperazione tra l’UE ed il Regno Unito per il mutuo conseguimento degli interessi prioritari comuni.
I nodi da sciogliere
Le questioni principali dell’affare Brexit sono riconducibili a tre categorie che rappresentano il nucleo delle trattative.
L’Irlanda
Il primo dilemma riguarda la frontiera tra Irlanda ed Irlanda del Nord. Si tratta di un punto delicato, per il quale è forte la volontà comune di evitare l’istituzione di controlli doganali. Per questo motivo, al termine del periodo di transizione, un pacchetto commerciale ad hoc sarà adottato tra l’UE e l’Irlanda del Nord indipendentemente dalle future relazioni commerciali con il resto del Regno Unito.
I cittadini residenti all’estero
Il secondo punto, prerogativa fondamentale per Bruxelles, è rappresentato dai diritti dei cittadini europei residenti in Gran Bretagna e viceversa. Questi permarranno intatti sino al termine del periodo di transizione. In particolare, gli studenti potranno continuare ad abitare nel Regno Unito fino al 2020 ma dovranno, in seguito, richiedere il nuovo status da residente Britannico.
La questione economica
Per ultima, la questione economica e finanziaria. Questa si articola in due elementi distinti. Da una parte, la fatidica ‘Brexit bill’, che riguarda gli impegni e le obbligazioni monetarie che il Regno Unito ha assunto all’interno del quadro finanziario pluriennale (QFP). Vi ricadono, nello specifico, i contributi diretti al bilancio comunitario, la quota di partecipazione ai molteplici programmi implementati dall’UE e gli strumenti finanziari come prestiti, fondi per progetti finanziati dall’Unione e fondi fiduciari. La Gran Bretagna, d’altro canto, continuerà a beneficiare dei finanziamenti allocati sul proprio territorio fino al termine del periodo di transizione. Il costo stimato del processo di Brexit all’interno dell’accordo preliminare si aggira intorno ai 44 miliardi di euro. Si tratta di una cifra ben inferiore rispetto alle ipotesi avanzate in un primo momento da diversi Stati membri.
Sino ad ora un focus limitato è stato rivolto alle considerazioni riguardanti la forma delle future relazioni economiche tra Europa e Gran Bretagna. Le imminenti negoziazioni che si svilupperanno fino al 2020 saranno centrate nel delineare i diversi aspetti chiave, quali la regolamentazione dei capitali ed i legami tra i due sistemi bancari. Alcuni temi che guideranno le trattative verteranno su un necessario consenso ed identificazione giuridica dello stock totale di bonds in circolazione. Questi potrebbero, a Brexit terminata, non essere più conformi al quadro regolamentare europeo in materia finanziaria. Inoltre, gli istituti di credito ed imprese inglesi cesseranno di beneficiare degli accordi bilaterali. Questi consentivano loro di prestare liberamente servizi finanziari alle economie dei Paesi membri aderenti al mercato interno.
L’approvazione dell’accordo preliminare
Il testo dell’accordo preliminare sarà ora presentato per l’approvazione al Consiglio Europeo, a fine novembre. Dopo sarà sottoposto al voto del Parlamento britannico. Tale passaggio rappresenta il reale ostacolo per il proseguo delle trattative e dell’intero processo Brexit. Il consenso dei deputati britannici avrà infatti il forte retrogusto di un voto di (s)fiducia verso la Premier May. Un verdetto negativo da parte del Parlamento di Londra potrebbe condurre ad un ampio ventaglio di scenari. Fra questi c’è anche la possibilità concreta di un nuovo referendum, nuove elezioni generali e, nel peggiore dei casi, un’uscita del Regno Unito senza accordo complessivo.