Nella speranza di effettuare il primo grande passo verso la creazione di una nuova identità geopolitica europea, il I Gennaio del 1999 venne alla luce l’euro. La nuova moneta unica fu adottata da 19 Stati membri dell’Unione Europea. Nei primi dieci anni della sua esistenza l’euro è stato considerato un processo irreversibile dall’opinione pubblica, dai mercati e dalle principali forze politiche del Vecchio Continente. Quello che però è mancato è stato il passo successivo alla creazione della moneta unica. Non c’è stato il tentativo di approfondire lo spirito europeo in maniera solidale, combattendo le disuguaglianze interne e spingendo per una maggiore convergenza in ambito fiscale, nel mercato del lavoro, ed in risposta ai problemi sociali.
Una volta arrivata la Grande Recessione, dopo il 2007, vista l’assenza di un’unione effettiva, l’EuroZona è risultata l’area macroeconomica più fragile. Non solo la teoria economica, ma anche la storia, insegnano che le aree valutarie non durano in eterno. Per questo vi è il rischio che l’euro, senza le adeguate riforme, diventi l’ennesimo vano tentativo storico di costruire un’unica entità geopolitica e geoeconomica europea.
La crisi di Bretton Woods (1970/71)
L’euro non è l’unico esempio di sistemi monetari a cambi fissi nella Storia. Il più recente caso in tal senso è quello del Sistema di “Bretton Woods”, l’ultimo sistema monetario che rendeva il denaro convertibile in oro. All’interno di esso, gli USA si assunsero l’impegno di mantenere la parità sostanziale del dollaro con l’oro. Gli altri paesi aderenti dovevano mantenere stabile il cambio delle rispettive valute rispetto al dollaro. Si verificò così che i Paesi in deficit nella bilancia dei pagamenti coprivano i disavanzi con le proprie riserve o acquistando altre valute dall’FMI. Invece, i Paesi in surplus accumulavano riserve o ri-acquistavano la propria moneta.
Dopo lunghi anni di alta inflazione, agli inizi degli anni ’70, la Gran Bretagnia stava esaurendo le riserve di dollari. L’effetto fu una forte svalutazione che portò il valore della sterlina da 2,8$ a 2,4$. Anche gli Stati Uniti mostrarono difficoltà nel mantenere il dollaro al cambio fisso con l’oro, le spese militari crescenti spinsero l’inflazione e ben presto si scatenò una crisi di fiducia nei confronti del dollaro. Il Presidente degli Stati Uniti d’America, Richard Nixon, il 15 Agosto del 1971 annunciò l’uscita unilaterale degli USA dal sistema di Bretton Woods. Il dollaro non era più convertibile in oro e sulle importazioni venne aggiunta una sovrattassa del 10%. La nuova politica americana colpiva in modo particolare le esportazioni europee.
Il progetto europeista di Aldo Moro
Aldo Moro, che durante la crisi di Bretton Woods era Ministro degli Esteri e leader della Democrazia Cristiana, ritenne che le tensioni internazionali in ambito monetario dovessero diventare l’occasione per accelerare il processo di integrazione europeo:
“L’unione economica e monetaria deve considerarsi un miglioramento qualitativo del processo di integrazione. Non sarebbe quindi coerente realizzare una semplice unione monetaria che prescinda da quella economica. Dovremmo pertanto procedere contemporaneamente sulle due strade”. (Ministero degli Affari Esteri, b.15, Consiglio dei Ministri della CEE, Dicembre 1970, Memorandum Unione Economica e Monetaria della CEE, 12.1970.)
L’idea di un approfondimento della collaborazione tra i Paesi europei venne a galla con il vertice dell’Aja nel 1969. Gli Stati europei organizzarono l’incontro in seguito ad una forte svalutazione del franco e ad una rivalutazione del marco. Il Presidente Francese, Georges Pompidou, svolse un ruolo chiave al tavolo delle trattative. Egli presentò un piano di integrazione europea basato sostanzialmente su tre obiettivi: approfondimento, allargamento, completamento.
Aldo Moro si concentrò in modo particolare sul secondo dei tre obiettivi posti dalla Francia, che prevedeva l’ingresso della Gran Bretagna nella Comunità Economica Europea. La finalità del politico italiano era quella di creare un’asse tra Italia ed Inghilterra in grado di contro-bilanciare l’egemonia franco-germanica. Proprio grazie alle pressioni di Moro, la Gran Bretagna partecipò ai tavoli delle trattative dell’Aja.
I risultati dell’incontro dell’Aja, verso la nascita dell’euro
Le trattative internazionali tenutesi all’Aja nel 1969 si conclusero con un comunicato ufficiale in cui si annunciava che i Paesi membri si sarebbero impegnati ad elaborare un piano non oltre il 1970 in vista della creazione di una nuova Unione Monetaria Europea con monete diverse, ma con tassi di cambio fissi. I rappresentanti italiani del “Comitato di Werner”, comitato formato da economisti scelti dai diversi governi, in linea con quanto sostenuto da Aldo Moro, impiegarono il loro sforzo diplomatico per mettere in risalto la necessità di utilizzare tutti gli strumenti di politica economica atti a diminuire le potenziali disuguaglianze generate da sistemi monetari a cambi fissi. Nel frattempo, l’allora Ministro del Lavoro Carlo Donato Cattin (Economista in quota Democrazia Cristiana) presentava un piano per “europeizzare” i problemi sociali e le regole del mercato del lavoro.
Il fallimento del Piano Werner
A causa dell’uscita improvvisa degli USA da Bretton Woods e dell’ondata inflazionista del 1974 e 1975, il Piano Werner fallì, insieme al più profondo piano di integrazione proposto da Pompidou e Moro ai tavoli dell’Aja. Quello che venne fuori fu infatti la nascita di un Sistema Monetario Europeo basato sul “Serpente Monetario”, che non riuscì a garantire né nel breve né nel lungo periodo la stabilità tra i cambi delle diverse valute né l’avviamento ad un maggiore dialogo.
In seguito al fallimento del tentativo dello SME con le crisi valutarie del 1992 e 1993, si è avviato il processo che porterà alla moneta unica. Questo però non ha poi dato seguito alle necessarie riforme, rendendo così il sistema molto fragile di fronte a shock endogeni come quello del 2007/8.