La vigilia di Natale del 2018 ha registrato un calo del 2% di tutti i principali listini americani a Wall Street, con un crollo ai minimi degli ultimi 20 mesi. Tra questi si annoverano il Dow Jones che ha perso 653 punti pari al 2,86%, il Nasdaq, che ha arretrato del 2,21% e l’S&P500 che ha ceduto il 2,70%, toccando i minimi da aprile 2017. Sulla scia americana lo stesso andamento è stato seguito dalle Borse europee, come Parigi che ha perso l’1,45% e Londra con un cedimento dello 0,52%. Pesante è stato il calo anche del petrolio, il cui prezzo è sceso sotto i 44 dollari al barile, perdendo il 4,17% accompagnato dal declino del 5% del Nikkei.
La peggior vigilia di natale di sempre a Wall Street
La peggior Vigilia della storia a Wall Street è stata caratterizzata da una visione ribassista del mercato (bear), con un calo medio dai precedenti massimi pari al 20%. L’indice S&P500, in particolare, non aveva mai subito un calo superiore all’1% in questo periodo dell’anno. L’apice, pari allo 0,91% era stato toccato il 24 Dicembre del 1933, durante la Grande Depressione. Sulla stessa linea, il Dow Jones non aveva mai registrato cali superiori all’1% durante la Vigilia di Natale negli ultimi 100 anni. Il tutto appare inquietante poiché si è verificato in un mese noto per l’elevato carico di acquisti di azioni, con di norma ingenti guadagni degli indici.
La “colpa” dello shutdown
Lo shutdown, ovvero il blocco delle amministrazioni degli Stati Uniti, previsto dall’ Antideficiency Act, si verifica quando il Congresso americano non approva la legge che rifinanzia le attività amministrative locali. La mancata intesa sul bilancio del governo tra Camera e Senato ha quindi condotto al terzo blocco del 2018, i cui effetti continuano a propagarsi nel 2019. La causa dell’accordo saltato risiede nei 5 miliardi richiesti da Donald Trump per la costruzione del muro al confine con il Messico.
L’intervento di Steven Mnuchin
Le conseguenze dello shutdown e la guerra del presidente USA contro il chairman della FED, Jerome Powell, hanno aumentato il livello di tensione tra gli investitori. A cercare di calmare le acque è intervenuto il Segretario del Tesoro Steven Mnuchin attraverso la convocazione del gruppo interministeriale di sorveglianza delle emergenze sui mercati (Working Group on Financial Markets). Il tentativo si è però rivelato vano, aumentando l’ansia degli operatori sollecitati anche dai continui cali del prezzo del petrolio, ormai ai minimi da 17 mesi. Il pensiero condiviso è che il giro di chiamate alle sei banche più importanti possa celare il pericolo di una futura recessione. Nonostante ciò, Mnuchin ha indicato l’economia statunitense come robusta e dotata di un sistema bancario forte, con ampia liquidità e che permette un regolare funzionamento dei mercati.
L’attacco di Trump alla FED
Un altro fattore che ha fatto vacillare i mercati è stata l’accusa rivolta tramite Twitter da Trump nei confronti della FED, incolpata di “non avere polso” e di essere come un golfista che “non mette la palla in buca”. Le preoccupazioni sul futuro di Powell alla guida della banca aumentano con la sentenza del presidente USA che indica la FED come “l’unico problema che ha l’economia americana.”
Il lunedì nero delle FAANG
La Vigilia di Natale ha registrato ampi crolli anche sui titoli delle società più quotate al mondo. Tra queste emerge il gruppo delle FAANG: Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google.
In particolare Amazon ha subìto i maggiori cali perdendo fino al 4,90%, seguito da Netflix che ha ceduto il 3,08% ed Apple il 2,59% (sulla scia del declino delle settimane precedenti per la sconfitta in tribunale con Qualcomm e i dubbi su iPhone). Facebook e Google hanno registrato perdite inferiori, rispettivamente dello 0,71% e del 0,66%.
Il miracolo del dopo Natale
Il 26 Dicembre la situazione si è ribaltata, segnando rialzi improvvisi per i maggiori indici e titoli. Tra i molti emergono S&P500 e il Dow Jones, che dopo il declino pre-natalizio hanno segnato entrambi un aumento del 5%. Prestazione positiva anche per il Nasdaq che dopo la peggiore chiusura da luglio 2017 guadagna il 5,2% e Amazon che risale del 5%. Gli analisti hanno sottolineato la normalità di questo andamento vista la nota volatilità dei mercati in chiusura d’anno, in particolare nell’anno passato, caratterizzato da forti tensioni tra politica ed economia.