Nel panorama della gestione di fondi possono essere individuate due tipologie di gestione: attiva e passiva (di cui abbiamo già parlato qui). La prima si caratterizza per le scelte discrezionali che i manager dei fondi compiono con lo scopo di conseguire un extra-rendimento (alpha) rispetto al mercato, la seconda invece consiste nell’investire in un prodotto finanziario (solitamente ETF) che di fatto replica la performance di un indice di riferimento, proxy del mercato in cui si vuole investire. La gestione attiva comporta ovviamente costi maggiori della gestione passiva, poiché mira ad ottenere rendimenti maggiori di quelli del mercato, e dunque i manager che impiegano la loro skill (abilità) nel costruire portafogli che sovra-performino l’indice debbono essere remunerati con fees che siano maggiori dei meri costi di management (sulla valutazione della skill degli investitori, vedi l’articolo circa la style analysis, che puoi trovare qui). Tuttavia, nel corso degli anni si è sviluppata un’ulteriore strategia di investimento che si pone a metà tra la mera replica passiva di un indice (beta) e la pura discrezionalità nella composizione del portafoglio (alpha), ossia lo smart beta investing, avente un rendimento atteso positivo, ma che può essere catturato tramite un processo di investimento passivo.
Smart beta: il beta intelligente
Lo smart beta investing consiste nel comporre il portafoglio seguendo un approccio rules-based (componente passiva della strategia) che però richiede un intervento parzialmente attivo da parte del manager nella costruzione del portafoglio. Il concetto può sembrare fumoso, ma l’idea di fondo è la seguente: poiché studi scientifici in letteratura hanno dimostrato che determinati fattori comportano con regolarità extra-rendimenti, il ruolo del manager consiste nello scegliere quei titoli per costruire il portafoglio che consentano di includere tali fattori, seguendo delle regole in maniera pedissequa, dove per fattori si intendono caratteristiche relative ai singoli titoli aventi un elevato potere esplicativo del loro profilo rischio/rendimento. Per dare un senso più concreto, consideriamo il comparto azionario. In letteratura sono stati individuati diversi fattori capaci di spiegare il rendimento dei titoli:
- Value: azioni sottovalutate che si ritiene nel futuro il mercato prezzerà correttamente, queste possono essere individuate confrontando indicatori di bilancio delle singole azioni (Price to Forward Earnings, Price to Book Value e Enterprise Value) rispetto al settore di riferimento;
- Quality: azioni di società con bilanci solidi e utili stabili che dunque avranno un rischio inferiore ma un rendimento superiore rispetto al mercato, queste possono essere individuate confrontando indicatori di bilancio delle singole azioni (Return on Equity, Leverage, e Earnings Variability) rispetto al settore di riferimento;
- Momentum: azioni che hanno recentemente avuto un buon rendimento relativo, prevedendo che il loro trend positivo persisterà, queste possono essere individuate sulla base della performance di prezzo in valuta locale a 6 e 12 mesi, corretta per il tasso risk free locale;
- Size: azioni a bassa capitalizzazione (all’interno dell’indice preso a riferimento) che verranno remunerate in maggior misura rispetto al mercato grazie al maggior rischio assunto (tipico delle small cap);
- Minimum Volatility: azioni/ aggregato di azioni che mostrano complessivamente minore volatilità rispetto l’indice di provenienza.
Inserire azioni che rispondano ai sopra-elencati fattori consente di ottenere rendimenti che dunque non potranno attribuirsi esclusivamente alla mera replica passiva di un indice (beta), né tantomeno esclusivamente all’abilità attiva del gestore (alpha), ma si attribuiranno alla sua capacità di selezionare le azioni rispondenti ai fattori. Si tratta di una gestione “smart”, un beta che è più “intelligente” della gestione passiva (beta puro), perché atta ad investire direttamente in quei fattori che spiegano una buona porzione del rendimento di un portafoglio invece che sull’indice per intero, ma non abbastanza intelligente da assurgere alla pura discrezionalità dell’alpha, che permette di catturare altre parti del rendimento non spiegate dai fattori, e per cui è richiesta una notevole capacità di gestione. E’ importante sottolineare come fino a poco tempo fa l’accesso ai fattori era riservato ai soli gestori attivi. Tuttavia, negli ultimi 10 anni gli index providers sono stati in grado di catturare queste esposizioni fattoriali in modo oggettivo (rule-based) e trasparente, prendendo parte della quota di mercato della gestione attiva.
I vantaggi dello Smart Beta
Questo tipo di strategia offre in termini di rendimento alcuni dei vantaggi propri delle strategie attive, preservando allo stesso tempo molti dei noti benefici delle strategie attive. Essendo la costruzione del portafoglio rules-based, essa è trasparente e a basso costo, inoltre lo smart beta si propone di migliorare il rendimento risk-adjusted attraverso l’esposizione a persistenti e desiderabili risk-premia e anomalie di mercato (i fattori, appunto), operando nell’ambito di gestioni di portafogli azionari, obbligazionari o multi-asset. La conoscenza dello Smart Beta ci fornisce un metodo che ci consente di comprendere meglio le fonti del rendimento e del rischio del portafoglio, e consente di catturare, anche se solo parzialmente, le fonti di rendimento di una gestione di tipo alpha.