Quanto vale Apple dopo la pubblicazione di un calo delle vendite? Il titolo di Amazon è sopravvalutato? Quanto dovrebbe valere Tesla? A tutte queste domande, apparentemente semplici, risponde – o meglio, cerca di farlo – l’analisi fondamentale. Questa, essenzialmente, stabilisce il prezzo corretto di un titolo in base alle caratteristiche economiche e finanziarie intrinseche della società. In particolare l’analisi fondamentale valuta la solidità patrimoniale e la redditività di un’azienda, arrivando così a determinare il fair value della stessa e di conseguenza delle sue azioni (se è quotata in Borsa). La valutazione aziendale può essere fatta secondo numerosi approcci, tuttavia i metodi più utilizzati sono la Discounted Cash Flow Valuation (DCF) e la Relative Valuation.
Effettuare la valutazione aziendale con la Discounted Cash Flow Valuation
La DCF si basa essenzialmente sui flussi di cassa di una società, cosiderando sia i cash flow futuri che i dividendi pagati. Il valore di un asset (o di un’intera società) è pari al present value di tali flussi di cassa su quel determinato asset. Come è facilmente intuibile, gli elementi da tenere in considerazione in tale metodologia sono principalmente:
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La vita dell’asset, cioè per quanto a lungo verranno generati i cash flow;
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I cash flow, cioè il loro ammontare nel tempo e la relativa crescita;
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Il discount rate, cioè il tasso che si utilizza per attualizzare i flussi di cassa.
Apparentemente questo modello sembrerebbe molto semplice, essendo funzione di soli tre parametri; tuttavia la realtà è ben diversa e vi si nascondono numerose criticità. Innanzitutto è necessario stimare un discount rate coerente con la valutazione che si sta effettuando, cioè che rifletta sia la rischiosità della società (quindi il possibile default risk) che dell’ambiente macroeconomico circostante (rischio di Paese, inflazione attesa…). Tutte queste componenti si devono riflettere nel tasso utilizzato per attualizzare i futuri flussi di cassa.
Inoltre, particolarmente difficili da stimare sono il periodo e il tasso di crescita atteso dei flussi di cassa. La crescita dipende in particolare dalle caratteristiche fondamentali e intrinseche della società, oltre che dal mercato in cui opera. Per esempio, un’azienda attiva in un mercato dove ci sono forti barriere all’ingresso riuscirà a mantenere i margini attuali per più tempo di un’azienda che opera in un mercato perfettamente concorrenziale. Inoltre un’azienda di piccole dimensioni riuscirà ad avere una crescita maggiore di una di grandi dimensioni (si pensi in questo caso alla Matrice BCG e al relativo posizionamento di un’impresa).
Per quanto riguarda invece la vita dell’asset o della società stessa, molti analisti distinguono tra società quotate e società private. Per le prime si assume comunemente che continueranno a crescere ad un tasso costante (minore o uguale al tasso di crescita dell’economia), mentre per le seconde, in alcune situazioni si può assumere che alla morte dell’imprenditore l’azienda venga liquidata (“liquidation approach”). Una criticità legata alla crescita costante, cioè alla “stable growth”, è stabilire come avverrà la transizione tra i diversi periodi di crescita, cioè quali fasi attraverserà l’azienda prima di raggiungere tale situazione.
Tutte queste informazioni e assunzioni, necessarie per arrivare ad una valutazione aziendale corretta, richiedono molto tempo e possono rendere la DCF facilmente manipolabile; per tale motivo, spesso molti analisti preferiscono ricorre alla Relative Valuation.
Valutazione aziendale con la Relative Valuation
La Relative Valuation (o metodo dei multipli) è basata sul prezzo di attività comparabili, cioè di altre società appartenenti allo stesso settore dell’azienda in esame. Matematicamente il multiplo è un rapporto il cui numeratore è generalmente rappresentato dal valore dell’azienda, mentre il denominatore è rappresentato da una variabile in grado di rissumere in sé la capacità dell’azienda di produrre ricchezza. I multipli utilizzati di solito sono il P/E (Price/Earnings), l’EV/EBITDA (Enterprise Value/Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization) e il PBV (Price to Book Ratio), ma si può utilizzare qualsiasi multiplo che abbia un significato economico e che possa essere applicato anche ai competitors. Questi multipli servono a collegare il rapporto tra il prezzo corrente e i dati di bilancio della società oggetto di analisi.
Tale metodo è molto più rapido della DCF in quanto richiede un numero limitato di input e di assunzioni, dal momento che alcune di esse sono implicitamente contenute nel multiplo stesso. Tuttavia è importante sottolineare come non esistano aziende “sosia”, cioè con caratteristiche perfettamente analoghe a quelle dell’azienda da valutare (ossia cash flow, crescita e rischio uguali); per tale ragione è necessario considerare tali differenze, per evitare di incorrere in risultati fuorvianti. La scelta delle aziende confrontabili è inoltre estremamente soggettiva e questo può portare a numerose manipolazioni. Infine tale metodologia, basandosi sul market price, può portare a risultati che sono spesso influenzati dal cosiddetto “market mood”, cioè da eventuali fasi di eccessiva euforia (si pensi ad esempio alla Relative Valuation applicata nei primi anni duemila alle dot-com, fenomeno di cui abbiamo parlato in questo articolo) o di depressione.
Tutti i metodi presentano vantaggi e svantaggi, ma si deve sempre tener presente che la valutazione aziendale, pur utilizzando modelli spesso anche complessi, non è una scienza. Si può soltanto cercare di arrivare ad una valutazione il più precisa possibile sulla base di assunzioni ragionevoli.
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