La maturità è ormai alle porte e per più di 400.000 ragazzi italiani, oltre alla preoccupazione e all’ansia scatenate dalla nuova tipologia dell’esame di Stato, si aggiunge anche quella per il futuro: di fronte alla miriade di corsi di laurea, sceglierne uno diventa sempre più complicato. Anche quando si riesce a trovare un corso che rispecchia le proprie inclinazioni rimane il dubbio di quale università possa offrire una formazione migliore e possa consentire di poter trovare un lavoro una volta finiti gli studi. Per rispondere a questi dubbi uno strumento per i ragazzi è costituito dai ranking universitari, varie classifiche internazionali, nazionali o addirittura regionali facilmente reperibili in internet che comparano i diversi atenei. Confrontando i risultati può succedere però che la stessa università si trovi in posizioni molto diverse nei vari ranking, confondendo ancor di più i lettori di tali liste.
I diversi ranking universitari
Nel mare dei ranking universitari reperibili sul web si scoprono decine di classifiche e sotto-classifiche. A livello mondiale le più importanti sono Times Higher Education, Qs e il ranking di Shanghai (Shanghai Ranking Consultancy). Nonostante gli stessi curatori abbiano pubblicamente rivelato la metodologia di stesura delle varie classifiche, gli indicatori svelano solo in piccola parte i meccanismi di fondo. Per poter comprendere il loro funzionamento, infatti, è necessario conoscere chi stipula queste classifiche: solitamente si tratta di agenzie o società private impegnate in vari settori, dalla consulenza all’editoria.
Ogni ranking ha una metodologia basata su un numero consistente di indicatori; il punteggio complessivo viene poi ponderato a seconda dell’incidenza ricoperta dai vari fattori. Questi non potranno risultare universalmente veritieri e del resto ogni agenzia, di propria iniziativa, sceglie a quali fattori dare più rilevanza; perciò è comprensibile come lo stesso ateneo possa trovarsi in posizioni anche molto diverse nella varie classifiche. Ad esempio il Politecnico di Milano a livello internazionale si piazza al 156° posto nella classifica generale di Qs ranking, tra il 301° e il 350° in quella di Shanghai e sotto la 200° posizione in quella curata da Times Higher Education.
L’eterogeneità di questi risultati è il frutto appunto della diversa compilazione delle classifiche: infatti per Qs il fattore principale è la reputazione accademica, per Times Higer Education sono i fondi destinati alla ricerca e per Shanghai la presenza di premi Nobel nel corpo insegnanti. L’utilità di queste graduatorie, quindi, non può essere sancita in base alla loro veridicità, dato che sono tutte vere per definizione, nel senso che ciascuna di esse classifica a proprio modo le università – ma il discorso si può allargare virtualmente a qualsiasi classifica – sulla base di premesse uguali per tutti gli atenei.
Le critiche
Ai ranking universitari nell’ultimo periodo sono state mosse accuse di arbitrarietà e poca attendibilità. La cosa che fa più discutere è il fatto che spesso gli specialisti impiegati per stipulare le classifiche rimangono ignoti. Non bisogna dimenticare che le esse sono in qualche modo un mezzo pubblicitario utilizzato dalle università per attrarre un maggior numero di studenti: sarebbe perciò indispensabile conoscere i rapporti tra gli atenei e chi stipula i ranking.
Come esempio, il ranking britannico Times Higher Education è finito sotto la lente di Richard Holmes, attento recensore di ranking, per via del peso sproporzionato delle citazioni rispetto all’impatto delle ricerche: è stato così smascherato il meccanismo con cui la Vel Tech University di Chennai, un politecnico indiano di non primissima fila, ha sbancato la classifica grazie a un solo ricercatore che pubblicava i suoi lavori su una rivista di cui era anche vicedirettore.
Altro fattore determinante sono i fondi destinati alle università, con i quali gli atenei finanziano ricerca e laboratori di alto livello. Tra i paesi che risultano meno inclini a finanziare le università c’è anche l’Italia a seguito dei numerosi tagli all’istruzione. Tale dato è stato appurato anche dalla European University Association, che a seguito di un’indagine eseguita su 34 paesi del Vecchio continente evidenzia nello Stivale una contrazione dei finanziamenti in netto contrasto con il ritmo di marcia ingranato nel resto d’Europa da paesi come Francia e Germania.
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