Lo scorso 9 aprile il Governo ha approvato, quasi in segreto, il Documento di Economia e Finanza (Def) per il 2019, contenente le previsioni aggiornate sull’andamento dell’economia italiana nell’anno in corso. La rilevanza mediatica di questo passaggio è stata volutamente mantenuta bassa, tanto che a seguito di tale approvazione nessun rappresentante della compagine governativa è sceso nella sala stampa di Palazzo Chigi, lasciando inutilmente in attesa per tutta la sera i giornalisti presenti. La causa di ciò risiede proprio nei numeri riportati all’interno del Def: per il 2019, infatti, non si prevede nessun boom economico e non stiamo andando incontro ad «un anno bellissimo», anzi.
La crescita dell’Italia dovrebbe essere proprio quella indicata da tutte le maggiori agenzie e istituzioni internazionali, che erano state definite disfattistiche ed eccessivamente pessimistiche al momento della diffusione delle loro previsioni. Secondo le stime del Ministero di via XX Settembre, l’economia italiana dovrebbe far segnare un misero +0,1% e gli effetti benefici delle misure previste nella Legge di Stabilità approvata lo scorso anno – reddito di cittadinanza e quota 100 su tutte – potrebbero portare in dote entro fine anno solo un ulteriore +0,1%, facendo arrivare la crescita economica complessiva del Belpaese al +0,2%.
Questi numeri non certificano solo la stagnazione economica dell’Italia. Essi contribuiscono anche a far saltare parte delle coperture indicate nella Legge di bilancio del 2018, che ha avviato misure molto onerose, come il sopra citato reddito di cittadinanza, per il finanziamento delle quali era stato previsto un quadro economico complessivo ben diverso, con una crescita al +1%. Un incremento del PIL quasi a zero invece comporta anche minori entrate fiscali e rende quindi necessario trovare altrove le risorse finanziare.
Inoltre, nella prossima Legge di Stabilità dovrebbe essere approvata anche la cosiddetta flat tax, una misura che farebbe ulteriormente ridurre gli introiti del Fisco. Per questo motivo il provvedimento è stato lasciato in sospeso dal Ministro dell’Economia Giovanni Tria e dai rappresentanti del Movimento 5 Stelle, ma è fortemente richiesto dall’altro partner di governo, la Lega di Matteo Salvini. Il rebus che Tria deve risolvere per trovare i fondi necessari è più che mai intricato e si parla molto di tagli o di un possibile aumento dell’IVA.
La proposta di legalizzazione
Nel gennaio di quest’anno proprio il Movimento 5 Stelle ha presentato al Senato una proposta di legge per legalizzare la coltivazione, la lavorazione e la vendita della cannabis e dei suoi derivati. In un periodo di “vacche magre” come quello che il nostro Paese sta attraversando, la legalizzazione delle droghe leggere potrebbe dare ossigeno alle casse dello Stato, grazie alle tasse che verrebbero riscosse in un settore che invece fa attualmente parte dell’economia sommersa e le cui transazioni sono realizzate completamente in nero.
Il mercato è già stato parzialmente aperto dall’autorizzazione alla vendita della cannabis light. Nonostante le forti limitazioni legate alla percentuale di THC ivi contenuta, che non può essere superiore allo 0,6%, si tratta di un bene di per sé economicamente molto attraente: la canapa da fiore viene venduta ad un prezzo che varia dai 200 agli 800 euro al chilogrammo, a seconda della varietà. Considerando che in un ettaro di terreno si possono coltivare circa tremila piante e che da ognuna di esse vengono in media ricavati 50 grammi di prodotto, secondo uno studio dell’Università Sorbona, il guadagno minimo si aggira intorno ai 10/15 mila euro ad ettaro. Il valore di questo settore nel 2018 si è limitato comunque intorno ai 50 milioni di euro e ha garantito un gettito IVA inferiore ai 10 milioni.
Questi numeri sorprendono se si considera che in generale la marijuana (e in questo caso si intende quella il cui consumo è attualmente illegale, perché contiene una percentuale di THC che varia mediamente tra il 5% e il 30%) è stata utilizzata almeno una volta nella vita dal 33,1% degli italiani. Una percentuale che ci colloca al terzo posto a livello europeo, dietro solo alla Francia con il 41,4% e alla Danimarca con il 38,4%. Tra i più giovani questi numeri sono ancora più importanti: secondo uno studio del 2015, almeno il 27% degli italiani di età compresa tra i 15 e i 34 anni ne aveva fatto uso di recente e sono circa 90 mila gli studenti che ammettono di farne un uso giornaliero o quasi.
Gli effetti sociali della proposta
A seconda della visione che si ha su questo fenomeno i numeri appena riportati acquisiscono un’accezione più o meno negativa. Certamente il fattore più preoccupante è dato dal controllo di questo business da parte della criminalità organizzata. In una recente intervista rilasciata a Roberto Saviano, l’ex boss del Brenta Felice Maniero ha affermato che la legalizzazione delle droghe leggere è il più grande incubo per le organizzazioni criminali. Nonostante questo settore non rappresenti il principale asset strategico per le mafie, esso fornisce liquidità a buon mercato e a basso rischio, che serve per alimentare il commercio di altre droghe, come la cocaina e l’eroina: questo è il narcotraffico che dovrebbe essere più duramente combattuto.
Gli effetti del consumo di cannabis sulla salute sono invece oggetto di discussione. I detrattori affermano che la legalizzazione porterebbe ad una riduzione del suo prezzo e quindi a un’ulteriore diffusione del suo consumo; il fenomeno assumerebbe pertanto delle dimensioni da non prendere a cuor leggero. Dall’altro lato c’è chi sostiene che vengono vendute legalmente sostanze che hanno più comprovati effetti negativi sulla salute rispetto alla cannabis – come l’alcool e le sigarette – e che una legalizzazione permetterebbe un maggior controllo da parte dello Stato.
Ad esempio, nel disegno di legge presentato dal senatore grillino Matteo Mantero viene prevista la possibilità di coltivare fino a 3 piante in casa propria e di detenere fino a 15 grammi di sostanza a casa e 5 grammi fuori; l’uso personale non sarà più reato, anche se sarà vietata la rivendita e non sarà consentito fumare in pubblico e guidare dopo avere fumato. Questa regolamentazione significativa sembra escludere o comunque limitare fortemente i rischi di una grande diffusione sopra riportati.
La legalizzazione come opportunità per lo Stato
Al di là delle questioni etiche e di principio, comunque, il mercato della marijuana sembra garantire economicamente dei numeri importanti. Infatti la legalizzazione garantirebbe un surplus di introiti per le casse dello Stato compreso tra i 5,5 e gli 8,5 miliardi di euro e il valore complessivo del Prodotto Interno Lordo italiano crescerebbe di una misura compresa tra l’1,2 e il 2,3%. Si tratterebbe ovviamente di una crescita fittizia, determinata dall’inclusione nel calcolo di alcuni elementi che precedentemente ne erano esclusi perché illegali.
Tuttavia l’incremento di entrate fiscali sarebbe reale e si tratterebbe di un trasferimento di risorse dalla criminalità allo Stato, che quindi allo stesso tempo permetterebbe di colpire economicamente la prima e di portare una maggiore capacità di spesa al secondo. Questo garantirebbe, ad esempio, la possibilità di investire tali risorse in politiche di lotta all’abuso delle sostanze nocive alla salute dei cittadini.
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