“Quando mi occupo delle assunzioni, prima di fare i colloqui divido i curriculum in due pile e cestino una delle due pile a caso: non posso certo permettermi di assumere persone sfortunate”. Utente di 4chan
Assunzioni, formazione, sviluppo e gestione del personale sono solo alcune delle mansioni dell’Human Resources Manager. Per dirlo con le parole di John Storey “Lo Human Resource Management è un approccio distintivo alla gestione dei dipendenti che cerca di ottenere un vantaggio competitivo attraverso l’implementazione strategica di una forza lavoro altamente impegnata e capace utilizzando una serie di tecniche culturali, strutturali e di personale”.
Se per assurdo si dovesse essere nella “pila fortunata” di diverse aziende e si avesse la possibilità di scegliere, quale sarebbe il posto migliore a livello di clima lavorativo? Un argomento oggetto di forte dibattito negli ultimi anni è proprio la differenza di approcci nella creazione del clima organizzativo. Attualmente prevalgono due modelli, seppur con le dovute sfumature applicative: gli approcci soft e hard.
Il clima organizzativo (best climate at work) si può misurare in molti modi diversi che influenzano fortemente le performance di un’organizzazione. Le varie dimensioni non si escludono ma possono essere complementari e creano sinergie.
Approccio Soft
L’approccio Soft (people-focused) pone l’enfasi su politiche e pratiche di management tese a guadagnare l’effettivo impegno emozionale dei lavoratori dell’organizzazione e nel raggiungimento degli obiettivi.
I lavoratori sono visti sotto un profilo “più umano” e vengono percepiti come fonte di vantaggio competitivo. Così assumono importanza gli aspetti intangibili del comportamento, mentre la cultura aziendale prova ad ispirare i dipendenti nella vita di tutti i giorni.
Con la moderna tendenza della guerra per i talenti migliori, l’approccio soft configura un diverso trattamento dei dipendenti, cambiando la figura del datore di lavoro. Una volta “padrone”, ora leader carismatico che tratta i dipendenti con lo stesso riguardo rivolto verso i clienti.
Quindi anche le prestazioni godono di una maggiore flessibilità, si favoriscono i dipendenti che pur non essendo costanti in prestazioni o orari riescano a raggiungere gli obiettivi prefissati nel medio-lungo periodo.
Inoltre, cambia anche il coinvolgimento dei dipendenti. Questi sono incoraggiati a portare idee e opinioni al reparto decisionale che cerca di formare una “community” nel posto di lavoro. Il metodo viene perseguito perché si crede che un alto livello di coinvolgimento porti i dipendenti ad essere più soddisfatti, preparati e produttivi incrementando l’efficienza e profittabilità dell’azienda.
Alcuni esempi: le assunzioni avvengono per compatibilità con la cultura aziendale e altre valutazioni di tipo peculiare; la formazione avviene in ambienti e approcci informali; eliminazione dei cubicoli tipici americani per l’adozione di ambienti di lavoro open space; disposizione di mense aziendali di qualità che propongono cibi adatti ad una corretta alimentazione con l’attenzione alle diete personali (vegetarianesimo, veganesimo, crudismo ecc); eventi aziendali post-lavoro come concerti o serate in discoteca; aree relax con attività di svago e sale riposo, palestre, campi sportivi, eccetera.
Approccio Hard
L’approccio hard (task-focused) posiziona l’enfasi sull’efficiente utilizzazione della forza lavoro. L’approccio hard è l’approccio più tradizionale che tratta i dipendenti come “numeri”. Le persone diventano assets: risorse che devono essere sviluppate per raggiungere gli obiettivi organizzativi (come ogni altra risorsa materiale) e non come una sorgente di vantaggio competitivo.
Assume fondamentale importanza la misurazione della performance del singolo che deve uniformarsi a risultati predefiniti a rischio di perdere il lavoro in caso di défaillance. In questo caso il dipendente non viene coinvolto nel processo decisionale ma rimane subordinato ad un management autoritario che spesso non ammette nemmeno le critiche costruttive. C’è in generale una minor tendenza ad investire fondi aziendali per rendere l’ambiente lavorativo più piacevole e anzi, in caso di tagli ai budget si parte spesso dai benefici dei dipendenti. Se l’approccio soft qualifica i dipendenti da un punto di vista qualitativo, quello hard li qualifica da un punto di vista quantitativo tramite dati relativi a processi e funzioni di cui si è responsabili.
Esempi: le assunzioni avvengono per risultati curriculari e competenze specifiche; il rapporto tra subordinati e superiori è prettamente formale; le decisioni aziendali sono divulgate senza motivazioni; gli orari sono poco flessibili e vengono verificati con badge di ingresso e uscita; le pause sono contate e prestabilite; gli uffici sono schematizzati ed assegnati per gerarchia; vengono assegnati bonus per performance raggiunte.
Nell’ immaginario comune il posto migliore dove lavorare è Google. Con la sua avanguardia umanistica è fonte di ispirazione per tutte le aziende più moderne, soprattutto nel settore tecnologico. Però, non tutte le amministrazioni sono pronte ad adottare una condotta quasi familiare. Infatti, seppur apparentemente obsoleto, l’approccio hard ha i suoi vantaggi e sostenitori restando comunque attuale e comune nelle aziende più longeve.
Come però non c’è più spazio per il “Megadirettore galattico” di Fantozzi che ha lasciato il posto a CEO come Elon Musk, nel futuro l’approccio hard è destinato perlomeno ad ammorbidirsi o rischia di dover accontentarsi della “pila degli sfortunati” che non sono stati assunti nelle concorrenti più employ-friendly.