Appena pochi anni prima della caduta del Muro di Berlino nessuno si sarebbe mai immaginato che il comunismo sovietico e l’URSS sarebbero crollati in maniera così repentina. Nessun economista o politologo lo aveva previsto.
In realtà, già dalla seconda metà degli anni ’70 il sistema sovietico iniziò a mostrare le sue fragilità. I costi per il mantenimento dell’esercito erano diventati insostenibili ed il consenso da parte dei cittadini iniziò a diminuire in modo drastico. Il Papa polacco, l’elezione dei liberisti radicali Reagan e Tatcher ed il grande periodo di crescita delle economie occidentali aggravarono in maniera irreparabile il declino dell’Unione Sovietica.
La crisi dell’URSS
Mentre gli anni ’70 sono passati alla Storia come la fase della distensione nei rapporti tra URSS e USA, il decennio successivo viene ricordato come quello che porterà al collasso i regimi sovietici. L’URSS stava attraversando un periodo piuttosto difficile dal punto di vista economico. Il 25% del Prodotto Interno Lordo era utilizzato per spese militari, a scapito degli investimenti nei comparti più utili alla cittadinanza.
Il vantaggio accumulato con la numerosità degli armamenti non era sufficiente a bilanciare la tecnologia molto più avanzata nelle mani dell’esercito americano. Ad affossare l’economia sovietica ci fu anche il crollo del prezzo del petrolio, principale bene esportato dai paesi dell’Est-Europa.
L’inasprimento della Guerra Fredda
In questo contesto di debolezza per l’Unione Sovietica, la Guerra Fredda si inasprì sempre di più. Lo scontro in Afganistan, nel 1978, causò proteste da parte dei civili contro il governo filo-Sovietico. L’URSS intervenne contro le manifestazioni con migliaia di soldati ed ingenti armamenti.
La reazione da parte degli Stati Uniti all’abuso contro i cittadini afgani fu molto forte. Nel 1980 Jimmy Carter impose embarghi contro l’URSS sulle spedizioni di grano e sulle tecnologie statunitensi. Inoltre, il Presidente USA annunciò il boicottaggio delle Olimpiadi Estive di Mosca del 1980. Dopo aver varato uno straordinario piano di investimenti in campo militare, Carter fece saltare gli accordi presi nel SALT II, il trattato volto alla limitazione delle armi strategiche firmato da lui stesso appena un’anno prima.
Nel mettere in difficoltà l’URSS giocò poi un ruolo fondamentale il Papa Giovanni Paolo II con la sua diplomazia anti-comunista e con la visita in Polonia nel 1981. L’entusiasmo dei polacchi cattolici per l’elezione del Papa diede il via ad una lunga insurrezione religiosa e nazionalista anti-sovietica, che mise a dura prova la stabilità interna dell’Unione.
L’avanzata del neoliberismo
Nel 1979 Margaret Thatcher divenne Primo Ministro della Gran Bretagna e nel 1981 Ronald Reagan venne eletto Presidente degli Stati Uniti d’America. Entrambi presero il potere a seguito di una lunga crisi economica causata dall’aumento dei prezzi del greggio e dalla conseguente elevata inflazione.
Thatcher e Reagan individuarono nell’eccessivo intervento statale in economia la principale causa scatenante della crisi vissuta nel decennio passato. Sia il Presidente Americano che il Primo Ministro Britannico aderirono alla dottrina della cosiddetta Supply-side-Economics, la teoria che enfatizza l’importanza degli stimoli all’offerta in politica economica.
Uno dei più importanti concetti alla base della Supply-side-Economics, abbracciata da Stati Uniti e Gran Bretagna, è espresso nella Curva di Laffer, che prende in esame la relazione tra aliquote ed entrate fiscali. Secondo Laffer, se si alza troppo il livello della tassazione, si rischia di giungere ad un punto in cui l’attività economica diviene meno vantaggiosa. Quindi, paradossalmente, nonostante un rialzo delle aliquote, le entrate fiscali possono diminuire.
La ripresa economica occidentale
Ereditando una situazione economica difficile, Reagan e Tatcher dovettero fare i conti con delle dure recessioni all’inizio dei loro mandati. Per entrambi i paesi arrivò poi un periodo denso di riforme, culminato con una significativa crescita economica.
Nel 1981 il Congresso degli Stati Uniti approvò un piano pluriennale che prevedeva drastiche riduzioni delle imposte: più del 25% in meno in 4 anni.
Margaret Thatcher portò avanti una politica economica forzatamente anti-inflazionistica, aumentando l’IVA e spingendo per un forte rialzo dei tassi di interesse. Il settore manifatturiero venne molto colpito da queste misure, il che provocò un aumento della disoccupazione. Nel lungo termine le politiche rigoriste si rivelarono però vincenti: l’inflazione venne abbattuta, si accelerò il passaggio da economia manifatturiera ad economia di servizi ed il Pil del Regno Unito tornò a crescere.
Tutte le principali potenze industriali, in realtà, registrarono negli anni ’80 un periodo di crescita, anche grazie al calo del prezzo del petrolio causato dalla guerra in corso tra Iran ed Iraq.
La “seconda” Guerra Fredda
L’elezione di Ronald Reagan nel 1981 arrivò pochi mesi dopo lo stralcio degli accordi tra URSS e USA sulle limitazioni degli armamenti strategici, in uno dei momenti di maggiore tensione tra le due super-potenze.
Mentre negli anni ’70 Nixon si impegnò per promuovere la distensione, Reagan cambiò rotta. Dichiarò a più riprese che l’unico modo in cui si sarebbe potuta concludere la Guerra Fredda era il disfacimento dell’URSS e la fine del comunismo sovietico.
Vista la determinazione con cui il leader statunitense e la leader inglese appoggiarono l’ideologia neoliberista, la Guerra Fredda assunse ancora più forti caratteri ideologici.
La strategia di Reagan
Il primo mandato di Reagan fu caratterizzato da un atteggiamento di particolare ostilità nei confronti dell’Unione Sovietica. Con l’aiuto diplomatico di Giovanni Paolo II gli USA, anche attraverso la CIA, sostennero le rivolte polacche, al fine di minare la stabilità interna all’URSS.
Reagan diede un forte sostegno ai movimenti islamici nelle regioni orientali confinanti e vicine alla sfera di influenza dell’URSS, con l’obiettivo di porre un freno all’egemonia dell’ideologia comunista in oriente.
Nel 1983 Reagan diede il via ad un immenso piano di difesa missilistica da installare nello spazio, tanto che il progetto venne rinominato Star Wars. In realtà non c’era un realistico rischio di scontro aperto, date anche le difficili condizioni in cui tergiversava l’URSS. L’obiettivo del piano Star Wars, infatti, fu sopratutto di mettere in risalto di fronte a tutto il mondo la netta superiorità tecnologica degli USA rispetto all’Unione Sovietica.
Gorbačëv e la fine del comunismo
Nel 1985 Michall Gorbačëv divenne Segretario Generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica in un contesto di profonda crisi economica. Il continuo ribasso del prezzo del petrolio aveva abbattuto gli introiti derivanti dalle esportazioni e l’arretratezza tecnologica stava affossando la produttività del lavoro.
I primi anni Gorbačëv si concentrò sulla riduzione delle spese militari per reindirizzare le risorse nel settore civile, ma questo non fu sufficiente a garantire una ripresa sostanziosa. Nel 1987 arrivò così la svolta, con l’implicita ammissione del fallimento del modello di economie pianificate da parte dei politici sovietici. Si varò l’agenda di riforme economica Perestrojka (trad. Ristrutturazione), che per la prima volta ammise la proprietà privata delle aziende, aprì agli investimenti stranieri e rallentò il sistema delle quote di produzione su cui da sempre si era basato il funzionamento dell’economia sovietica.
Una riforma epocale fu il Glasnost (trad. Apertura), che aumentò la libertà di stampa e si pose l’obiettivo di sopprimere l’ormai conclamato abuso di potere da parte dei membri del Comitato Generale del Partito Comunista. Proprio queste misure furono fondamentali per riaprire il dialogo con le potenze occidentali.
Nel 1985 Gorbačëv e Reagan giunsero ad un’accordo per dimezzare i rispettivi arsenali nucleari e nel 1987 venne varato lo storico Trattato INF, che prevedeva l’eliminazione dei principali missili balistici a disposizione di USA e URSS. Proprio durante l’incontro avvenuto l’8 Dicembre 1987 tra Reagan e Gorbačëv, davanti alla porta di Brandeburgo, il leader statunitense pronunciò il celebre discorso che anticipò l’imminente caduta del muro di Berlino:
<<Segretario generale Gorbačëv, se cerca la pace, se cerca la prosperità per l’Unione Sovietica e per l’Europa orientale, se cerca liberalizzazione, venga qui a questa porta. Signor Gorbačëv apra questa porta. Signor Gorbačëv, Signor Gorbačëv, abbatta questo muro!>>.
La contro-rivoluzione
L’autunno del 1989 portò al culmine l’ormai avviato collasso dell’Unione Sovietica che, privata della sua forza militare, non fu in grado di sopprimere le manifestazioni che presero piede in tutti in tutti i paesi del blocco orientale.
Polonia ed Ungheria furono i primi due stati a chiamarsi fuori dal Patto di Varsavia. Il 4 Giugno 1989 in Polonia vennero indette le elezioni parlamentari che decretarono al vittoria del Solidarnosc, il sindacato autonomo formatosi nel 1981, all’epoca delle manifestazioni cattoliche. Fu poi la volta dell’Ungheria che, una volta instauratosi il nuovo governo democratico, aprì le frontiere a migliaia di migranti della Germania dell’Est diretti verso la Germania dell’Ovest.
Il 9 Novembre cadde il Muro di Berlino e due anni dopo venne sciolto il patto di Varsavia, sancendo così in modo ufficiale la fine dell’Unione Sovietica.