Domenica 11 agosto si sono tenute in argentina le “elezioni primarie simultanee obbligatorie”, PASO in spagnolo. Introdotte nel 2009 obbligano ciascun partito che intende partecipare alle elezioni legislative a presentare almeno un candidato e ciascun argentino a esprimere una preferenza votando. Non votare, senza una valida giustificazione, comporta una multa. Avendo i principali partiti già scelto i propri front-runners per le prossime elezioni legislative le “Primarie” hanno costituito un grande sondaggio nazionale pre-elezioni. L’attuale Presidente Mauricio Macri, eletto nel 2015 con un programma di apertura ai mercati e agli investimenti internazionali è uscito gravemente sconfitto con il 32% delle preferenze contro il 45% del suo principale sfidante, Alberto Fernàndez, espressione del partito peronista, storicamente interventista in economia ai limiti del populismo macroeconomico e ostile ai mercati internazionali e al FMI.
L’immediata conseguenza della sconfitta del Presidente Macri è stata il crollo della Borsa di Buenos Aires che ha perso il 48% con il Peso Argentino che si è svalutato del 25%. È il secondo maggior crollo di tutti i tempi e ha trascinato con sé il mercato dei titoli di stato. I mercati infatti temono il ritorno di un governo di matrice peronista che limiti i flussi di capitali, decida di non pagare gli interessi sul debito o addirittura spinga per un nuovo default. Il debito argentino ammontava al 86% del PIL a fine 2018 ed è previsto che raggiunga il 100% nel 2019.
Tra le vittime illustri del crollo della Borsa Argentina troviamo anche il guru dei bond dei mercati emergenti Michael Hasenstab, famoso per le sue scommesse su economie ad alto rischio e alto guadagno, come quella irlandese e ucraina, e uno dei più forti acquirenti del debito argentino. In seguito alle primarie i fondi obbligazionari gestiti da Hasenstab hanno bruciato in un solo giorno 1,8 miliardi di dollari.
Mauricio Macri era stato eletto nel 2015 con lo scopo di risolvere i problemi causati dalle amministrazioni peroniste dei Kirchner i quali avevano imposto controlli sui capitali, prezzi calmierati, alti dazi alle esportazioni, falsificato le stime ufficiali dell’inflazione e rifiutato di pagare i debitori internazionali, portando il paese all’isolamento. Macri, ex sindaco di Buenos Aires e appartenente a una delle famiglie più ricche del paese, aveva promesso che avrebbe sconfitto povertà e inflazione facendo ripartire e ridando lustro alla seconda economia sudamericana. Dopo essersi scontrato con una terribile carestia, l’innalzamento dei tassi d’interesse statunitensi e aver stipulato un prestito di 56 miliardi con il FMI il tasso di approvazione di Macri si è progressivamente ridotto a causa delle misure di austerity da lui implementate e agli scarsi successi in economia.
L’Argentina si trova in recessione dallo scorso anno e nel 2019 si prevede una contrazione del Pil del 1,8%, l’inflazione viaggia su due cifre ed ammonta al 54%, così come la disoccupazione, al 10,1%.