Lo Yemen è afflitto da un conflitto civile dal 2015, con una fazione supportata dall’Arabia Saudita e, in misura minore, dagli Stati Uniti. Il Paese è situato a Sud della Penisola Arabica: confina ad Est con l’Oman ed a Nord con l’Arabia Saudita mentre a Sud è bagnato dal Mar Arabico e ad Ovest dal Mar Rosso.
Gli interessi dell’Arabia Saudita
Secondo diversi analisti il conflitto in Yemen è in realtà una guerra per procura voluta dall’Arabia Saudita per colpire indirettamente gli affari e l’influenza della Repubblica Islamica dell’Iran nella regione. Le fazioni direttamente coinvolte nel conflitto civile sono gli Huthi (sciiti) alleati con l’ex presidente ‘Ali ‘Abd Allah Saleh (deceduto nel 2017, ha governato lo Yemen del Nord dal ’78 al ’90 e lo Yemen unito dal ’90 al 2012) e le forze alleate del successore di Saleh, ‘Abd Rabbih Mansur Hadi, appoggiato dall’Occidente e dai sauditi.
Il coinvolgimento dei sauditi è stato giustificato all’opinione pubblica degli yemeniti nel territorio di Mansur Hadi come finalizzato alla sicurezza dei civili, molto colpiti da questa guerra. Tuttavia un rafforzamento degli Huthi a Sud del loro confine potrebbe movimentare gli sciiti interni al territorio dei loro nemici, contrari alla monarchia saudita.
Il ruolo italiano
L’Italia ha giocato un ruolo importante nel conflitto yemenita. La penisola non è mai stata coinvolta in modo diretto nella guerra civile ma molte sue aziende del settore vendevano armi ai sauditi, armi che venivano utilizzate nella guerra in Yemen.Questo è stato oggetto di diverse inchieste giornalistiche (il Post, Linkiesta ed altri) ed interrogazioni parlamentari (20/9/2018 intervento del Sottosegretario agli Esteri Guglielmo Picchi). La vendita di armi italiane ai sauditi è stata quindi vietata con una mozione della Camera dei Deputati, l’organo esecutivo del governo. Infatti. la legge 185/90 vieta l’esportazione di armi a paesi che violano diritti umani e/o siano coinvolti in conflitti armati, come in questo caso l’Arabia Saudita.
L’opinione pubblica è stata toccata in particolare dalla diffusione delle immagini di armi italiane utilizzate contro obbiettivi civili in Yemen. Provare quale fosse il loro paese di origine è stato possibile grazie al codice presente su tutti i dispositivi esplosivi ad uso bellico. Questi possono essere letti anche solo da frammenti di bombe esplose e corrispondono all’azienda dove sono stati prodotti. Ad esempio un missile con il codice A4447 è stato prodotto in Sardegna dalla RWM Italia.
Le esportazioni globali di armi
L’Italia era un importante Paese esportatore di armi in Arabia Saudita, anche se non raggiungeva i numeri di Stati come Stati Uniti, Regno Unito e Francia. Negli anni più recenti il principale importatore di armi Made in Italy dell’area Nord Africa/Vicino e Medio Oriente è stato il Qatar. In effetti il Qatar è lo Stato che acquista più armi dall’estero, l’unico che spende nel complesso più di un miliardo di euro (1.9 mld)
Le esportazioni di armi Made in Italy
Dalla Relazione sulle Esportazioni, Importazioni e Transito di Armi della Camera dei Deputati trasmessa a Palazzo Chigi il 2 aprile 2019 si afferma che l’export italiano ha subito una pesante flessione nel 2018, quasi del 50%. Nel 2018 il valore complessivo delle esportazioni autorizzate era di 4.8 mld di euro circa, nel 2017 era di 9.5 mld. I principali importatori di armi italiane si trovano nell’area extra-UE, questi nel 2018 pesavano sul 73% delle vendite totali, nel 2017 sul 57.5% e sul 2016 al 63% (cifre del Ministero degli Affari Esteri) senza che sia aumentata la domanda all’interno dell’UE. Il valore complessivo del commercio di armi italiane nel 2018 è stato di 5.25 mld di euro esportati e 497 mln di profitto. Nel 2018 sono stati riforniti 84 Paesi contro gli 85 del 2017.
I maggiori operatori sono Leonardo (ex Finmeccanica) con quasi il 70%, RWM Italia con il 6%, MBDA Italia con il quasi il 5% e IVECO DV con poco più del 4%.: le prime 25 società rappresentano più del 97% dell’export.