Nella storia italiana non è mai successo che una legislatura arrivasse dall’inizio alla fine senza rimpasti della maggioranza. L’unica eccezione è stata quella del secondo governo Prodi, iniziata nel 2006 ma finita solo due anni dopo. In realtà il caso di Prodi non rappresenta un dato positivo, infatti l’impossibilità di creare una nuova maggioranza, con la conseguente fine della legislatura dopo solo due anni, è indice di un’acuta instabilità politica.
La differenza fra legislatura e governo
Nella Repubblica italiana dopo le elezioni politiche si dà inizio ad una nuova legislatura. Il voto dei cittadini va a determinare il numero di rappresentanti per ogni partito all’interno di Camera e Senato. A questo punto i partiti possono costituire una maggioranza, di coalizione o mono-partitica, e proporre un Presidente del consiglio al Presidente della Repubblica. Dopo che il Presidente ha nominato il capo del governo, quest’ultimo propone a sua volta i ministri. Dopo che anche tutti i ministri sono stati nominati si dà inizio ad un governo.
Spesso accade che, nel corso della legislatura, i partiti di maggioranza trovino dei punti di divergenza nel corso dell’esperienza di governo. Quindi, forze politiche che avevano prima appoggiato la maggioranza possono passare all’opposizione. Se i numeri sono comunque sufficienti a mantenere la maggioranza, numeri che sono cambiati con le diverse leggi elettorali, o se si riescono a convincere altri partiti ad unirsi al governo allora la legislatura va avanti. Quando invece non si riesce a mantenere il sostegno per continuare a governare allora il Presidente della Repubblica scioglie le Camere e si torna alle elezioni.
Il partito egemone
Guardando alla storia d’Italia si nota come l’unica forza politica che è riuscita a mantenere un ruolo fisso nel governo italiano è stata la Democrazia Cristiana. Questo partito, infatti, è riuscito a far parte di ogni maggioranza dalla fine della monarchia fino al 1994. Solo lo scandalo di tangentopoli, cha ha coinvolto tutti i principali partiti italiani del tempo, è riuscito a porre fine ad una simile egemonia.
L’onnipresenza della Democrazia Cristiana ha avuto di sicuro diversi effetti negativi, però l’esistenza di un partito egemone, di per sé, è un fattore favorevole per i mercati. Infatti, nel decidere se investire o meno in un paese, la presenza stabile e costante di una forza politica rappresenta una garanzia, un elemento che aumenta la fiducia. Infatti, in una situazione del genere gli investitori possono conoscere la linea politica del partito egemone e sapere cosa aspettarsi
Prima del ’94 le maggioranze in Italia non sono mai state stabili. Infatti, nel corso di ogni legislatura si sono succeduti diversi governi, con l’unico comun denominatore dei democristiani. Tuttavia era raro che una legislatura durasse meno di 4 anni. Dopo il governo Ciampi, l’ultimo della prima Repubblica, la situazione è peggiorata. La mancanza di un partito che avesse la forza di raccogliere i consensi che aveva la democrazia cristiana ha dato inizio ad una fase di instabilità intrinseca del governo italiano.
La discontinuità politica
Senza la presenza di una o più forze politiche egemoni, com’è ad esempio in Germania con la CDU, diventa difficile mantenere una linea politica nazionale coerente nel lungo termine. Un quadro del genere, oltre a rendere imprevedibili i mercati del paese, quindi meno appetibili, peggiora anche l’efficienza dell’amministrazione, colpendo l’economia reale. Infatti, anche per chi vuole iniziare un’impresa, è dannoso a lungo termine dover sottostare a politiche troppo discontinue.
Com’è vero in modo particolare per l’Italia, la mancanza di forze politiche dominanti induce un meccanismo di estremizzazione della rivalità fra i partiti. Così, con tutti che tentano di ottenere l’egemonia, l’obbiettivo primario di ognuno diventa acquisire consensi e non attuare politiche utili nel lungo termine. Anzi, in un sistema nel quale gli equilibri di potere cambiano in continuazione, diventa interesse dei partiti non lasciar andare avanti politiche del genere, per evitare che gli avversari ottengano meriti agli occhi dell’elettorato.
La quasi impossibilità di portare avanti politiche a lungo termine
Quando un governo mette in atto delle misure a lungo termine cerca di fare in modo che l’elettorato non dimentichi quale o quali partiti le hanno messe in atto. Così, quando arriveranno i risultati desiderati, sarà possibile capitalizzare il consenso. Tuttavia questo va contro gli interessi delle altre forze politiche, che se non potranno prendersi il merito tenderanno, una volta al governo, a quasi sabotare le azioni dei predecessori, per non far loro accumulare voti. Così gran parte dell’impegno delle forze politiche viene impiegato in questa lotta per i consensi, arrivando anche a disfare quello che è stato fatto di buono dai governi precedenti pur di mettere gli avversari in cattiva luce.