Tesla, l’azienda automobilistica guidata dall’eclettico Elon Musk, in un modo o in un altro fa parlare di sé. Sembra, però, che proprio questa continua considerazione causata probabilmente dal carisma del suo CEO, spesso conduca ad effetti “boomerang” negativi per la stessa società.
Elon Musk lo conosce praticamente chiunque, si sa che è un uomo dalle capacità impressionanti e dall’intelligenza sopra la media, ma ciò che lo caratterizza ancora di più è il suo ottimismo verso la realizzazione del futuro, la sua lungimiranza.
Nel terzo trimestre del 2019 Tesla ha registrato un picco delle vendite, soprattutto del modello entry-level ovvero la Model 3. La società californiana infatti ha consegnato la cifra record di 97 mila autovetture di cui 79.600 Model 3 e 17.400 tra Model S e il suv Model X. L’aumento è significativo se si considera che nel primo trimestre sono state consegnate 63.000 vetture.
Wall Street però ha bocciato Tesla poiché le consegne effettive non hanno raggiunto la quota annunciata da Musk di 100 mila unità. Questa bocciatura ha causato una perdita del 7% in Borsa. Più il precedente 25% le azioni hanno visto una discesa totale del 32% da inizio anno.
I timori del mercato sono ben riassumibili dalle dichiarazioni dell’agenzia Gene Munster di Loup Ventures catturata da Blomberg in un suo articolo :<<Quando Elon Musk dice che puntano a 100 mila consegne speri che siano 102 mila. Non 97 mila>>.
Queste nuove cifre complicano il raggiungimento di un’altra promessa del CEO di Tesla ovvero quella di consegnare a fine anno un totale tra 360 mila e 400 mila unità. Quindi per raggiungere il minimo della sua previsione, nel quarto trimestre del 2019, la società dovrebbe consegnare 105 mila autovetture.
I problemi di Tesla derivano da una domanda effettiva debole? Per Joseph Osha del gruppo JMP Securities questa potrebbe essere effettivamente la prima volta che i dubbi circa l’appiattirsi della domanda siano fondati, dato che non sono state rese note difficoltà operative nella produzione. Altri scetticismi arrivano da Jp Morgan e Bank of America.
Nel mirino delle società americane la possibilità che Musk abbia ridotto i margini di profitto ( dato che la quota maggiore di vendite deriva dal modello entry-level) per alimentare la domanda globale.
Secondo alcune indiscrezioni però il mancato raggiungimento della soglia target deriverebbe proprio da problemi di capacità produttiva e logistica collegati all’impianto di Fremont in California. Tale problema potrebbe essere risolto dall’avvio della produzione all’interno della Gigafactory 3 in costruzione a Shangai, che rifornirà meglio la clientela asiatica di Tesla.
A pieno regime Gigafactory 3 dovrebbe poter produrre 250 mila unità Tesla in un anno.