«Nei corridoi del potere americano, è più facile trovare un uomo chiamato John che una donna».
Apre così un articolo del New York Times dell’anno scorso, evidenziando quanto sia raro per le donne raggiungere posizioni di leadership in determinati settori.
Nell’edizione 2018 del Global Gender Gap Report, pubblicata dal World Economic Forum, si analizzano 149 Paesi in base a quattro principi: partecipazione economica, educazione, salute e potere politico. I risultati mostrano una quasi parità di genere raggiunta per quanto riguarda l’educazione e la salute, ma significative differenze nelle aree chiave riguardanti i settori legati al potere e all’influenza, ossia partecipazione economica e rappresentanza politica (si veda il grafico seguente).
Prendendo in considerazione i dati riguardanti i 149 Paesi analizzati e i principali indicatori, la parità di genere si è raggiunta per il 68%, ma ovviamente ci sono luoghi nei quali c’è una maggior predisposizione nel voler eliminare le differenze ed altri che garantiscono ancora diritti diversi in base al sesso, come ad esempio il diritto di proprietà.
Nella classifica l’Europa occidentale è il continente con performance migliori, guidata soprattutto dai paesi nordici che hanno quasi eliminato le disuguaglianze. Islanda, Norvegia, Svezia e Finlandia infatti godono di un’ampia rappresentanza femminile nei loro parlamenti.
L’Italia si trova in 70esima posizione: nel corso degli anni ha migliorato le sue performance, ma presenta ancora alcune criticità che la portano a metà classifica. Le discrepanze si presentano a causa del gran numero di settori con personale prevalentemente femminile nei quali le retribuzioni sono tendenzialmente più basse. Le posizioni dirigenziali invece sono raramente ricoperte da donne, e si registra un elevato numero di lavoratrici part time (4 donne su 10).
Come si raggiunge quindi la parità di genere?
Sicuramente c’è stata, negli ultimi anni, una maggior sensibilizzazione sul tema. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), concordati dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, sono composti da 17 macro-obiettivi e da 169 sotto-obiettivi che mirano ad eliminare la povertà, a lottare contro l’ineguaglianza e a promuovere uno sviluppo sociale ed economico inclusivo.
L’obiettivo numero 5, «Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze», è ritenuto uno dei passi indispensabili ad uno sviluppo e ad una crescita economica sostenibile. Esso sostiene le pari opportunità tra uomini e donne nella vita economica, l’eliminazione di tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze, l’eliminazione dei matrimoni precoci e forzati, e la parità di partecipazione a tutti i livelli.
Purtroppo però, secondo l’ultimo aggiornamento dalle Nazioni Unite, nonostante i continui progressi, ci sarebbe bisogno di maggiori interventi affinché si possa raggiungere l’uguaglianza entro il 2030.
Quali sono le azioni che istituzioni e società stanno attuando al fine di raggiungere l’obiettivo?
L’Islanda è intervenuta sul piano legislativo, varando nel 2018 una legge che obbliga le imprese con più di 15 dipendenti ad attestare l’uguaglianza salariale tra i suoi lavoratori per parità di mansione, concede un generoso congedo per i padri e vieta le pubblicità sessiste.
La compagnia Pivotal Ventures, fondata nel 2015 da Melinda Gates, concentra i propri investimenti e sforzi per guidare il progresso sociale delle donne e delle famiglie americane. Essi sono incanalati principalmente in tre ambiti: eliminare le barriere che impediscono l’avanzamento professionale delle donne, incentivare il loro avanzamento in settori chiave che abbiano un ampio impatto sulla società e aumentare le pressioni sulle istituzioni affinché reinventino lo status quo.
Le soluzioni e le risposte non sono così scontate come sembrano, e molto spesso bisogna fronteggiare anche i limiti legati a stereotipi sui ruoli che ogni genere dovrebbe ricoprire. Una ricerca riguardante lo sviluppo infantile condotta dal Dr. Michael Lewis attesta che i concetti di identità sessuale possono essere riconosciuti già dai bambini di un anno, e a tre anni questi definiscono chiaramente quali siano i ruoli o compiti femminili e quelli maschili.
Per ottenere miglioramenti costanti e concreti, istituzioni, imprese e anche filantropi dovrebbero far convergere i propri sforzi con la consapevolezza di quanto sia fondamentale, e allo stesso tempo complicato il raggiungimento dell’uguaglianza di genere.
Di Gaetano Pice