La Federal Reserve
La Federal Reserve, la Banca centrale degli Stati Uniti, nacque nel 1933 con il Banking Act, voluto dall’allora Presidente Frank Delano Roosevelt per centralizzare la direzione della politica monetaria, riducendo lo spazio di manovra delle Banche Centrali regionali. Questa fu istituita con lo scopo preciso di promuovere gli interessi dell’economia nazionale, superando i particolarismi fra gli Stati.
La Banca Centrale Europea
La Banca Centrale Europea nacque nel 1998 ed iniziò ad assolvere pienamente le sue funzioni il primo gennaio del 1999, giorno in cui 12 membri dell’Unione Europea, che aderirono ai Trattati di Maastricht del 1992, adottarono l’euro come valuta unica. La BCE, quindi, non è una Banca Centrale Nazionale, bensì un organo sovranazionale.
FED e BCE a confronto
A differenza della FED, la BCE non è garante del debito pubblico dei suoi Stati membri. Ciò significa che se il debito degli Stati Uniti rimane invenduto, la FED deve acquistare tutti i titoli del Tesoro che non sono stati acquistati sul mercato. Al contrario, se uno dei membri dell’Eurozona non è in grado di vendere i suoi titoli di Stato, la BCE non può intervenire, salvo misure straordinarie.
Mentre la FED pensa la sua politica monetaria tenendo conto dell’interesse di una nazione con un sistema economico ampiamente omogeneo al suo interno, la BCE deve far fronte alle esigenze di paesi con sistemi economici e politici eterogenei. Questi necessiterebbero spesso di politiche economiche diverse o persino opposte tra loro.
Mentre la FED è stata creata con lo scopo di rafforzare l’unità economica degli USA, la BCE, è nata con lo scopo di mettere un primo tassello verso un’unione politica non ancora raggiunta. Gli Stati Uniti d’America possono inoltre beneficiare di un bilancio centralizzato da cui attingere per la politica fiscale nei momenti di rallentamento dell’economia. Al contrario, l’Unione Europea non ha un proprio bilancio comunitario tale da poter finanziare una politica fiscale centralizzata incisiva.
Differente Governance
La maggiore frammentazione dell’assetto macroeconomico europeo rispetto a quello statunitense ha delle profonde conseguenze innanzitutto nel quadro giuridico che delinea la governance delle due Banche Centrali.
Nella FED l’organo a cui spetta la determinazione e l’implementazione della politica monetaria è il Board of Governors. Si tratta di un team formato da 7 governatori. Questi restano in carica per 8 anni e vengono nominati direttamente dal Presidente degli Stati Uniti d’America e confermati dal voto del Senato.
Nella BCE la gestione della politica monetaria è affidata a due organi: il Comitato Esecutivo ed il Coniglio Direttivo. Il Comitato esecutivo è composto dal Presidente della BCE, il suo Vice-Presidente ed altri 4 membri che vengono nominati dal Consiglio Europeo, cioè dai Primi ministri dei paesi dell’Unione Europea. Il Comitato Esecutivo ha il compito di eseguire la politica monetaria secondo gli indirizzi stabiliti dal Consiglio Generale. Questo è composto dagli stessi membri del Comitato Esecutivo affiancati dai governatori Centrali dei 19 paesi dell’area-Euro.
Il modello teorico della Fed
Anche se non citata in modo esplicito nello statuto giuridico della Federal Reserve, la strategia utilizzata per la politica monetaria statunitense si fonda sulla Regola di Taylor. Sono tenute in considerazione due macro-variabili: l’inflazione e la disoccupazione. Formalmente tale approccio è espresso dalla formula:
i=i*+α(π-π*)-β(u-u*)
Spiegazione della regola di Taylor
Dato un tasso di interesse iniziale minimo (che nell’epoca attuale di tassi negativi può essere considerato del tutto ininfluente), il livello dei tassi ottimale sarà quello che riuscirà a minimizzare simultaneamente il gap tra l’inflazione desiderata (π*) e quella effettiva (π) ed il divario tra la disoccupazione naturale (u*) e quella realmente registrata (u). A seconda dell’importanza attribuita dai policy maker alla stabilizzazione dell’inflazione (α) o al livello di occupazione(β), si terrà più o meno conto dell’una o dell’altra variabile.
L’approccio teorico della BCE
L’approccio teorico a cui fa riferimento la Banca Centrale Europea si poggia sulla rilevazione dei benefici derivanti dalla stabilità dei prezzi. Secondo la teoria macroeconomica, la stabilità dei prezzi è in grado di generare numerosi benefici nell’allocazione dei capitali, nella trasparenza delle transazioni e nella riduzione dei tassi di interesse dei titoli obbligazionari. Grazie ad un’inflazione molto bassa, per gli agenti economici la variazione dei prezzi relativi rimane molto più semplice da comprendere.
Spiegazione del modello teorico della BCE
Quando ci sono livelli di inflazione molto elevati, capire se il prezzo di un bene sia variato più o meno rispetto agli altri diventa invece un’operazione molto complessa, soprattutto se non si ha a disposizione una qualità ingente di informazioni. Come si è visto durante gli anni ’70, periodo in cui la crisi petrolifera portò i tassi annui d’inflazione delle principali economie Occidentali vicini o superiori al 10%, un aumento repentino del livello generale dei prezzi comporta inevitabilmente un’importante rialzo dei tassi di interesse sui titoli obbligazionari, soprattutto quelli a lungo termine. Questo avviene perché gli investitori richiedono un premio per il rischio di inflazione perché, se nel lungo termine i prezzi aumenteranno ad un ritmo superiore del tasso di interesse del titolo, in termini reali l’investitore subirebbe delle perdite.
Tenendo bassa l’inflazione la BCE è effettivamente riuscita a ridurre di molto il costo dell’indebitamento per gli stati membri dell’EuroZona. Nell’impianto teorico di politica monetaria seguito dalla BCE, la bassa inflazione è funzionale ad evitare un’altro fenomeno dannoso per la crescita economica: l’accumulo eccessivo di beni rifugio.
Per approfondire gli strumenti di politica monetaria della BCE, visita la Guida Intermedia alla Politica Monetaria nella sezione Formazione.