Oggi non si può fare a meno di parlare di unicorni, che non sono certamente creature immaginarie ma bensì le nuove punte di diamante dell’alta finanza. Queste startup, guidate da giovani e intraprendenti manager, per essere classificate come unicorni devono valere oltre il miliardo di dollari.
Attualmente la Cina è la patria di queste aziende, con 206 startup sopra il miliardo contro le 203 americane.
Mentre le cinesi sembrano cavalcare l’onda delle nuove realtà digitali guidando la classifica globale delle startup, prime su tutte Ant Financial di Alibaba, ByteDance che controlla la popolarissima TikTok e Didi Chuxing nel mercato del carsharing, gli Stati Uniti stanno incontrando un momento di crisi in questo settore, sintomo anche di una crisi generalizzata che si riflette ampiamente.
L’umore del mercato americano diventa ben visibile se ci si mette nei panni di Masayoshi Son, fondatore della multinazionale giapponese SoftBank, che ha annunciato la prima perdita operativa dopo quattordici anni.
SoftBank opera nel comparto tecnologico attraverso il suo Vision Fund da 97 miliardi, il più grande fondo di venture capital aziendale al mondo. Il Vision Fund è sostenuto in parte dalla stessa SoftBank con 25 miliardi, dal fondo d’investimento pubblico saudita con 45 miliardi e da grosse società come Apple, Qualcomm e Sharp. A Wall Street e nella Silicon Valley è ben conosciuto per i movimenti miliardari di capitali.
Nell’ultimo trimestre SoftBank ha perso circa 6,5 miliardi di dollari soprattutto a causa di grossi investimenti nei tre grandi unicorni Uber, WeWork e Slack. Il gioiello del coworking è passato da una valutazione di $47 miliardi a gennaio, dimezzata già a settembre prima della mancata quotazione in borsa (IPO), ad una valutazione di meno di $8 miliardi.
La banca giapponese ha iniettato altri $9,5 miliardi per evitare il tracollo dell’azienda, di cui $5 miliardi in nuovi finanziamenti, $3 miliardi per rilevare le azioni dagli attuali azionisti e $1,5 miliardi di prestito per fornire la liquidità necessaria per riottenere flussi di cassa positivi.
Uber, diventata famosissima nel carsharing, oggi ai minimi storici, ha perso oltre il 40% della sua quotazione iniziale in borsa. Stessa situazione per Slack che è passata da $37 ad azione a $22 circa.
Masayoshi Son ha dichiarato che:
«c’è stato un problema riguardante la mia valutazione, qualcosa su cui riflettere».
È da sottolineare che la condizione degli altri unicorni americani è altrettanto negativa, dimostrando quotazioni gonfiate da promesse di grossi guadagni e dichiarazioni che hanno alimentato l’hype del pubblico.
Lyft, già rivale di Uber, ha perso il 41% rispetto la quotazione di marzo; Pinterest è sotto del 44% rispetto si massimi di agosto; Chewy (e-commerce di petfood) ha perso il 33% da giugno.
Senza dubbio tale condizione di “svendita” sta giovando ad alcuni grossi investitori che possono acquistare così le azioni a prezzi di saldo in attesa di un nuovo rally del prezzo di questi.