Tesla, Microsoft, Apple, Alphabet (Google) e Dell, colossi della tecnologia statunitense, sono stati accusati dall’ONG International Rights Advocates, nata nel 2007, per lo sfruttamento del lavoro minorile per l’estrazione di cobalto in Congo. Le società acquisterebbero il minerale da fornitori che violano i diritti umani per abbatterne il costo.
L’ONG ha chiesto alla corte distrettuale di Washington D.C. di autorizzare un’azione legale collettiva, in inglese class action, contro i colossi a nome di 14 famiglie della Repubblica Democratica del Congo i cui bambini sono rimasti uccisi o mutilati nelle miniere. Gli attivisti di International Rights Advocates auspicano che altri si aggiungeranno a questo primo piccolo gruppo. Si tratterebbe del primo caso legato al cobalto portato in tribunale.
Il cobalto
Il cobalto è un materiale fondamentale per la costruzione di batterie e componenti elettronici. Più del 60% di questo minerale viene estratto in Congo, Paese noto per il suo stato di quasi anarchia e per le frequenti violazioni dei diritti umani. Nell’azione legale di International Rights Advocates sono citate anche diverse società che si occupano dell’estrazione e della lavorazione di questo materiale. Di queste, tuttavia, nemmeno una potrà essere coinvolta nella class action, infatti nessuna opera o ha delle sedi negli Stati Uniti.
Le società che si occupano di estrarre e lavorare il cobalto citate da International Rights Advocates sono la cinese Zhenjiuang Huayou Cobalt, la belga Umicore, e la svizzera Glencore. Quest’ultima è la più grande al mondo nel suo settore ed ha commentato negando con forza ogni tipo di sfruttamento del lavoro.
Le accuse di International Rights Advocates
In teoria tutti gli accusati da parte di International Rights Advocates sono provviste di protocolli che prevedono l’esclusione di fornitori di cobalto che violano i diritti umani. Apple, ad esempio, dal 2016 ha reso pubblica la lista delle società da cui acquista il minerale ed ha reso molto severi gli standard che queste devono rispettare. Solo nel 2019 l’azienda fondata da Steve Jobs ha tagliato i ponti con 6 fornitori. Si tratterebbe, però, solo di operazioni di facciata secondo gli attivisti dell’ONG.
International Rights Advocates sostiene che le società accusate sanno benissimo di acquistare cobalto da enti che violano i diritti umani e sfruttano il lavoro minorile. Per garantirsi i prezzi migliori, facendo apparentemente rispettare gli standard, i colossi della tecnologia avrebbero sfruttato la situazione del Congo. Il Paese, infatti, è quasi in uno stato di anarchia, nel quale è difficile fare controlli per verificare l’effettiva realtà delle miniere. Quindi, molte delle società che operano in Congo possono rispettare i diritti sulla carta ma in realtà compiere i peggiori abusi.
Gli attivisti di International Rights Advocates chiedono soprattutto un risarcimento per danni fisici e morali alle famiglie coinvolte.
Le risposte degli accusati
Apple ha negato tutte le accuse. Il portavoce della compagnia ha dichiarato che essa si impegna a:
<<Sostenere i diritti umani dei lavoratori a qualsiasi livello della nostra catena di approvvigionamento e trattarli con dignità e rispetto>>.
Da Google invece il commento è stato:
<<Il nostro Codice di condotta per i fornitori proibisce severamente questa attività. Ci impegniamo a reperire tutti i materiali in modo etico ed eliminare l’estrazione di minori nelle catene di approvvigionamento globali>>.
Sia Google che Apple quindi respingono le accuse con decisione. Da parte degli altri accusati, Tesla, Microsoft e Dell, invece, non è stato rilasciato alcun commento.