Il ventennio che va da metà del ventesimo secolo all’inizio degli anni ’70 è stato un periodo storico caratterizzato da una crescita economica, un progresso sociale ed uno sviluppo industriale senza precedenti. Archiviati gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, sia nei paesi sconfitti che in quelli vincitori, si iniziò a respirare una nuova aria densa di speranza e desiderio di ritornare alla normalità. L’economia mondiale si trasformò in modo radicale nel giro di pochi anni grazie ad un profondo processo d’industrializzazione. Ci fu una drastica caduta dei tassi di disoccupazione: decine di milioni di individui uscirono dalla soglia di povertà, l’alfabetizzazione nel mondo raggiunse livelli senza precedenti, il benessere di gran parte dell’umanità aumentava rapidamente.
L’epoca del consumo in Occidente
In Occidente, dalla metà del ventesimo secolo in poi, ha inizio l’epoca dei consumi di massa, della democratizzazione del lusso ma anche del conformismo. Le popolazioni europee e nord-americane iniziarono ad adottare degli stili di vita sempre più uniformi. La standardizzazione dei processi produttivi su larga scala trasformò numerosissimi beni, prima alla portata di pochi, in oggetti di uso comune.
Da che gli acquisti erano nella maggior parte dei casi limitati a soddisfare i bisogni primari, il consumo, nelle economie capitaliste, iniziò ad assumere gradualmente un valore molto più esteso. La struttura dei bilanci familiari si modificò in modo radicale. La spesa pro capite per beni di prima necessità, in percentuale, divenne irrisoria alla fine degli anni ’60 sia in Europa che nel Nord America. Negli anni ’70 quasi ogni abitante di queste due aree possedeva almeno una macchina (fonte: Andrè Gauthier, L’economia mondiale dal 1945 ad oggi, Parigi, il Mulino, 1995). Uno dei settori che è cresciuto più velocemente è stato l’immobiliare e quello dei prodotti legati alla casa. Proprio in questi anni divennero di larga diffusione beni come la televisione e gli elettrodomestici.
La divisione del globo in tre Mondi
Le enormi differenze culturali, politiche ed economiche portarono i maggiori studiosi dell’epoca a suddividere il mondo di quel periodo in tre grandi agglomerati: il Primo Mondo, liberale e capitalista, il Secondo Mondo, filo-sovietico e comunista ed il Terzo Mondo, sottosviluppato. Sin dai primi anni ’50 ad Oriente il Socialismo Reale iniziò ad espandersi e rafforzarsi con il supporto dell’URSS. Il Terzo Mondo, in particolare il continente Africano, non fu coinvolto dalla crescita repentina e dal miglioramento dei tenori di vita e rimase incapace di imporsi sullo scenario internazionale nonostante l’inizio del processo di de-colonizzazione.
Un nuovo sistema economico
Nel dopoguerra, in Occidente, il sistema economico mondiale si era profondamente riformato sulla base di due pilastri: la cooperazione monetaria e la liberalizzazione degli scambi. Il sistema di Bretton Woods, che entrò integralmente in vigore nel 1959 quando tutti i paesi aderenti riuscirono a stabilizzare i tassi di cambio ai livelli previsti dai trattati, riuscì a garantire la stabilità del sistema finanziario e moderati livelli d’inflazione per oltre un decennio. L’espansione del commercio mondiale fu tale da aumentare la domanda di liquidità tanto da costringere gli stati membri a dover derogare alcune regole imposte inizialmente dai trattati. Il capitale del Fondo Monetario Internazionale, istituito nel 1945, venne quindi aumentano del 50% nel 1960, de 25% nel 1965 e del 36% nel 1970. Per esso vennero concessi i Diritti speciali di prelievo alle dieci economie Occidentali più ricche.
La fine del protezionismo
La cooperazione in ambito commerciale si rafforzò anche dopo la prima ratifica del Gatt (trattato che pose il divieto sui dazi selettivi) avvenuta nel 1947. Gli accordi multilaterali sul commercio previsti dal Gatt vennero rinnovati, rivisti ed ampliati cinque volte nell’arco di vent’anni tanto che per i paesi aderenti la media dei dazi doganali nazionali passò dal 37% del 1947 al 10% del 1972 (fonte: Andrè Gauthier, L’economia mondiale dal 1945 ad oggi, Parigi, il Mulino, 1995).
Nel 1961 venne fondata l’Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo Economico (OCSE) alla quale all’inizio aderirono Stati Uniti, Canada e 18 paesi dell’Europa Occidentale, ma a cui si aggiunsero anche Giappone (1964), Nuova Zelanda (1973), Australia e Finlandia (1971). Grazie alla stabilità monetaria ed al profondo processo di liberalizzazione degli scambi, il valore reale del commercio mondiale si triplicò in 14 anni (dal 1960 al 1974), rafforzando soprattutto la posizione delle economie capitaliste rispetto a quelle Comuniste e del Terzo Mondo.
L’inizio dell’europeismo
Dopo che le due guerre mondiali avevano portato alla lacerazione totale dei rapporti tra gli Stati Europei, la pace riportò in Europa la volontà di collaborare. La cooperazione in ambito commerciale fu il primo tassello verso la creazione dell’attuale Unione Europea. In tal senso si adoperarono soprattutto i padri fondatori dell’Europa: De Gasperi (Italia), Robert Schuman (Francia) e Konrad Adenauer (Germania Ovest).
Nel 1951 nacque la Comunità del Carbone e dell’Acciaio (CECA), divenuta poi nel 1957 Comunità Economica Europea (CEE) con il Trattato di Roma. Inizialmente presero parte a questi accordi solamente sei paesi: Italia, Belgio, Rft, Francia, Olanda e Lussemburgo, ma gradualmente aderirono quasi tutti i paesi che comporranno la futura UE. Regno Unito, Svezia, Svizzera, Austria, Danimarca, Norvegia e Portogallo si associarono invece nell’EFTA (European Free Trade Association) nel 1960. Nel 1973 le due iniziative si tradussero nella creazione di un Mercato Unico che portò alla nascita della cosiddetta Europa dei Sedici.
Una crescita disomogenea
Dall’inizio dell‘800 alla crisi del 1929 il tasso annuo di crescita medio del PIL reale si era aggirato intorno al 2%, mentre nel trentennio compreso tra il 1945 e il 1973 il valore del PIL mondiale si è quasi triplicato. L’economia globale non ha mai conosciuto un periodo in cui si sia registrata una crescita così alta (fonte: J. Wolff, Le Monde depuis 1945, vol. I, Paris, Puf, 1973).
Per quanto abbia investito buona parte della popolazione mondiale, la crescita non si è verificata in maniera omogenea. I paesi sottosviluppati, nonostante le de-colonizzazioni ed una debole riduzione della povertà assoluta, hanno visto aumentare vertiginosamente il gap rispetto alle economie industrializzate. I paesi comunisti hanno conosciuto anch’essi elevati tassi di crescita, ma senza impattare positivamente sulla qualità della vita dei lavoratori, il cui stile di vita non ebbe particolari miglioramenti. I paesi a vivere un vero e proprio miracolo economico furono quelli che più erano stati dilaniati dalla guerra: Giappone, Germania, Francia e Italia