Dopo che era stata commissariata da Banca d’Italia per pessima gestione ed irregolarità negli aumenti di capitale, il governo italiano aveva concesso, a metà dicembre 2019, 500 milioni di euro per salvare la Banca Popolare di Bari che si trovava a rischio fallimento. La situazione in realtà si è rivelata molto più grave di quanto risultava sulla carta. Decine di denunce sono state ricevute dalla Procura di Bari da parte di risparmiatori ed azionisti dell’istituto. Sono state aperte diverse indagini, formalmente una per ogni denuncia, tutte con l’ipotesi di truffa aggravata da parte della Banca.
Le irregolarità
Già nel 2016 gli ispettori di Banca d’Italia avevano riscontrato delle piccole irregolarità nella Banca Popolare di Bari che però non sembravano gravi. Queste, comunque, riguardavano solo prestiti concessi senza adeguati controlli su chi li richiedeva. Nel 2017 iniziarono invece ad emergere dei grossi problemi, dando inizio ad indagini che porteranno al commissariamento della Banca nel 2019.
I prestiti concessi senza sufficienti controlli sono stati la causa del crollo della Banca Popolare di Bari, quello che l’ha portata quasi al fallimento. Tuttavia si trattava anche del comportamento meno grave dal punto di vista legale. In particolare è emersa con sempre maggiore chiarezza nel corso degli anni d’indagini un’importante anomalia per quanto riguardava gli aumenti di capitale dell’istituto.
Gli aumenti di capitale con i soldi “duplicati”
Gli ispettori di Banca d’Italia hanno rilevato particolari irregolarità, soprattutto esaminando i documenti relativi al periodo 2013-2017. Di questo lasso di tempo il periodo più problematico sarebbe stato il 2014. La Banca Popolare di Bari ha portato avanti un’operazione finalizzata a gonfiare la sua capitalizzazione, ovvero il suo valore.
La Banca Popolare di Bari avrebbe incentivato dei clienti a comprare quantità non indifferenti di sue azioni con soldi che sarebbero stati concessi in prestito dallo stesso istituto. Quindi, sulla carta, la Banca da una parte aveva i crediti dei clienti, i soldi che le sarebbero dovuti rientrare con gli interessi, e dall’altra un aumento di capitale dovuto agli investimenti. Era sempre lo stesso denaro ma, così, sulla carta risultava come “duplicato”. Ben il 20% degli azionisti presi in esame, a campione considerando solo quelli con almeno 10 mila euro di azioni, le ha comprate con un prestito della Banca stessa.
L’accusa per truffa aggravata
In particolare dopo che il 17 dicembre 2019 è emerso come la Banca Popolare di Bari aveva da tempo l’abitudine di falsificare i conti, è arrivata un’ondata di denunce da parte di azionisti e risparmiatori. L’istituto era in difficoltà da tempo ma sulla carta risultava in buona salute e perfino in crescita. Al momento non c’è nessuna persona in particolare sotto accusa ma è chiaro che le indagini andranno a colpire la dirigenza della Banca.