Per salario minimo si intende uno stipendio orario minimo definito per legge. Il concetto di salario minimo ha connotazioni sia politiche che economiche. Da un lato esso garantisce un pagamento dignitoso al dipendente in funzione del suo lavoro, il che dovrebbe limitare gli abusi da parte delle imprese. In contesti di grave disoccupazione, infatti, il potere contrattuale delle aziende potrebbe portare a situazioni di sfruttamento ed iniquità. Dall’altro lato, il salario minimo come legge rappresenta un intervento dello Stato in economia, con tutte le implicazioni che ciò comporta in termini di minore efficienza e distorsione dei prezzi. Inoltre, l’aumento dei costi del lavoro può portare all’effetto collaterale di una minore occupazione.
Per comparare il salario minimo tra paesi diversi si utilizza spesso l’Indice di Kaitz, calcolato come rapporto tra il salario minimo e il salario medio.
La teoria economica e l’impatto sull’occupazione
La dottrina economica ha sviluppato numerosi modelli, diversi in base alla natura dei mercati:
- Mercati concorrenziali: si parla di mercati in cui il salario minimo (wmin) è superiore al salario di equilibrio (w*). Il salario di equilibrio è una misura approssimativa che indica il prezzo del lavoro in base al rapporto fra domanda, aziende, ed offerta, disoccupati. Con wmin > w* si ha effettivamente una riduzione dell’occupazione ed un aumento della disoccupazione.
- Mercato monopsonistici: il monopsonio è l’equivalente del monopolio ma della domanda invece che dell’offerta. In questo contesto la domanda è rappresentata dalle imprese, l’offerta dai cittadini ed il prodotto dal lavoro. Qui i lavoratori hanno uno stipendio minimo minore del salario di equilibrio. In questo caso sono favorite le aziende ed i gruppi che monopolizzano l’offerta di lavoro. Infatti potranno guadagnare di più assumendo tanti dipendenti pagati con il salario minimo. Così si potrebbero essere casi di sfruttamento ma aumenta il livello di occupazione.
L’introduzione di un salario minimo compreso tra il salario di concorrenza e quello di monopsonio, wmonops < wmin < w*, genera un incremento dell’occupazione limitando comunque gli abusi. Un salario minimo wmin = w* porta all’equilibrio di concorrenza. Un salario minimo wmin > w* genera invece disoccupazione.
Evidenza empirica: il salario minimo in pratica
Gli economisti non hanno solo sviluppato modelli teorici ma hanno anche implementato esperimenti e fatto studi sugi effetti possibili del salario minimo. Uno dei lavori più completi e citati in materia è Minimum Wages and Employement: a Case Study of the Fast Food Industry in New Jersey and Pennsylvania (1993) di Alan Krueger e David Kard. I due autori sono stati tra i primi ad utilizzare metodi di valutazione delle politiche pubbliche come l’esperimento randomizzato.
Krueger e Kard hanno studiato l’implementazione del salario minimo nel New Jersey (da $4.25 a $5.05) studiando i fast food che si trovavano al confine tra il New Jersey e la Pennsylvania. I due economisti hanno utilizzando quelli del New Jersey come gruppo di trattamento e quelli della Pennsylvania come gruppo di controllo. La conclusione dell’analisi fu che il salario minimo non aveva aumentato la disoccupazione nel New Jersey, dato che il salario era già basso ed i fast food spesso collaborano comportandosi come un monopsonio.
La situazione in Europa ed in Italia
Nell’UE il salario minimo per legge, quando presente, varia di molto. Si passa infatti da 1.67 euro/ora della Bulgaria a 4.98 euro/ora della Spagna, a 8.84 euro/ora della Germania, ai 9.88 della Francia e infine ai quasi 12 (11.97) del Lussemburgo (dati 2019, fonte: Eurofund). In alcuni paesi europei nemmeno esiste una legislazione sul salario minimo.
In Italia non c’è il salario minimo ma si utilizza la Contrattazione Collettiva in cui i sindacati, settore per settore, contrattano a nome di tutti i dipendenti un salario orario minimo. Ciò favorisce i lavoratori nei campi in cui vi è un Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro, come è quasi sempre, ma lascia indifesi quelli che fanno riferimento a settori non tutelati.