Il 5 febbraio 2020 Tesla ha registrato in Borsa una delle maggiori perdite della sua storia, la peggiore in termini di valore assoluto delle azioni. La casa automobilistica il 4 febbraio aveva chiuso al suo massimo storico, con 888 dollari per azione, per scendere a 735 alla fine delle contrattazioni del giorno successivo. La società di Elon Musk ha visto calare il suo valore di circa 153 punti, ovvero un -17%. Il fenomeno è spiegato da una piccola bolla speculativa, formatasi il 3 febbraio e scoppiata il 5. Il valore di Tesla resta di 132 miliardi di dollari, secondo nel settore solo a quello di Toyota. Dalla pubblicazione degli ultimi conti trimestrali, il 30 gennaio 2020, la società è comunque in forte crescita. Il 29 gennaio, infatti, Tesla valeva solo 581 dollari ad azione.
Una piccola bolla
Il primo motivo del crollo di Tesla è stato probabilmente il comportamento degli investitori. Dopo gli ottimi risultati seguiti alla pubblicazione degli ultimi conti trimestrali del 2019, infatti, la società ha vissuto in Borsa un successo eclatante. In soli due giorni la casa automobilistica ha visto aumentare il suo valore da 581 dollari ad azione fino a 650. Il trend positivo ha portato, il 4 febbraio, molti investitori ad acquistare azioni Tesla, finendo per far sopravvalutare la società.
In Borsa Tesla arrivò a toccare il record di 970 dollari per azione, prima di scendere al risultato di chiusura, comunque senza precedenti, di 888 dollari. Già il 4 febbraio, comunque, si è potuto osservare un notevole incremento delle vendite di titoli della società prima della chiusura dei mercati azionari. Gli investitori, dopo il risultato eccezionale, hanno deciso in massa di incassare, portando le azioni della casa automobilistica di Elon Musk su valori inferiori a quelli del 3 febbraio ma comunque superiori a quelli del 31 gennaio.
L’effetto coronavirus
Un elemento che non ha giovato a Tesla in Borsa è stata l’emergenza coronavirus in Cina. Questa ha portato alla sospensione obbligatoria della produzione in molti stabilimenti industriali nel territorio della Repubblica Popolare. Fra questi c’è anche la Gigafactory 3 di Tesla, che si trova nei pressi di Shangai. La paralisi della filiale cinese, la cui durata è un’incognita, causerà dei ritardi nelle consegne previste delle automobili Model 3. Tuttavia, è difficile pensare che sia l’emergenza coronavirus la causa del crollo.
Tesla, dopo il blocco della Gigafactory 3 in Cina, aveva già comunicato che ci sarebbero stati ritardi nelle consegne dei modelli prodotti nello stabilimento. Quindi l’informazione era già nota da tempo, non è stata una novità del 5 febbraio 2020, giorno del crollo in Borsa. Inoltre, quasi tutto il settore automobilistico è colpito dalla paralisi della Repubblica Popolare, sia per la chiusura delle industrie in territorio cinese sia per la mancanza di componenti che venivano acquistati dal Paese orientale.
Le altre case automobilistiche colpite
Le case automobilistiche più colpite dall’emergenza coronavirus in Cina, oltre a Tesla, sono Toyota, che ha visto bloccare la produzione nei suoi diversi stabilimenti nel Paese, e Hyundai, che per la mancanza di componenti ha dovuto sospendere le attività in molti suoi centri produttivi. Inoltre stanno riscontrando seri problemi Honda, Volkswagen, Renault, BMW, Ford e Jaguar Land Rover. Quindi il colpo riguarda tutti i principali attori del settore auto.