A Febbraio 2020 si è parlato della notizia dell’offerta pubblica di scambio (OPS) lanciata da Intesa Sanpaolo verso UBI Banca. Cosa si intende per offerta pubblica e quali sono i parametri rilevanti di cui tener conto per la valutazione di una banca? Cerchiamo di capirlo prendendo come esempio di partenza questa operazione.
Le operazioni di fusione dietro Intesa Sanpaolo
L’istituto bancario Intesa Sanpaolo è una s.p.a. (società per azioni) con un capitale sociale di oltre 9 miliardi di euro, risultante dal 1° gennaio 2007 a seguito della fusione tra Banca Intesa e Sanpaolo IMI. Ad oggi risulta il primo gruppo bancario in Italia per quota di mercato, mentre a livello europeo si conferma tra i primi venti.
L’operazione straordinaria di fusione è ricorrente nella storia dell’istituto, anche successivamente a quella che ne ha sancito la fondazione. È proprio la fusione la modalità attraverso cui la Banca è riuscita, negli ultimi tredici anni, ad acquisire il controllo di altri istituti quali le Casse di Risparmio dell’Umbria, la Cassa di Risparmio di Venezia, la Banca di Credito Sardo e Banca Nuova s.p.a. (ex controllata di Banca Popolare di Vicenza). Tra le maggiori operazioni, nel 2016 Intesa rileva, al prezzo di 153 milioni di euro, il 90% delle quote azionarie di Banca ITB (di cui già deteneva l’altro 10%), che verrà rinominata Banca 5; nel 2018 viene invece incorporato il Banco di Napoli, concludendo una operazione di fusione iniziata nel lontano 2002.
Il gruppo, inoltre, negli anni ha indirizzato la propria attenzione anche su altri elementi: incentivare l’arte e la cultura, valorizzando e tutelando il patrimonio artistico, storico e culturale che l’istituto possiede e impegnandosi a renderlo accessibile a tutti grazie a progetti e iniziative, e promuovere iniziative per i giovani, la scuola e la beneficenza. Come esplicitato sullo stesso sito web di Intesa Sanpaolo, l’obiettivo di queste azioni è «diventare la prima Impact Bank al mondo, mettendo a disposizione fondi finanziari accessibili alle categorie di persone in difficoltà e alle imprese per garantire un’opportunità per tutti».
L’OPS di Intesa Sanpaolo ad UBI Banca
Lo scorso 18 febbraio 2020 il CEO di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (OPS) volontaria per un importo pari a 4,9 miliardi di euro rivolta ad UBI Banca. La proposta agli azionisti di UBI era di cedere le loro partecipazioni nella Banca e ricevere in cambio azioni o quote di Intesa, a sua volta quotata in Borsa. Nello specifico, l’intento era quello di scambiare 17 azioni di Intesa ogni 10 titoli di UBI.
L’obiettivo di Intesa Sanpaolo era che almeno i due terzi (il 67%) dei soci di UBI Banca aderissero all’offerta, così da arrivare a detenere la maggioranza assembleare necessaria per deliberare poi la fusione. Sebbene le azioni di Intesa Sanpaolo offerte per l’OPS garantissero un premio di circa il 30% rispetto al valore associato in quella data alle quotazioni dei titoli di UBI Banca, alcuni suoi azionisti importanti avevano manifestato la contrarietà allo scambio.
OPA ostile e OPA non ostile
Si definisce operazione ostile un’offerta pubblica di acquisto (OPA) in cui gli amministratori della società obiettivo dell’acquisto sono contrari all’offerta e quindi al tentativo di acquisizione.
L’OPS effettuata da Intesa Sanpaolo su UBI Banca è, al contrario, un esempio di operazione non ostile. A dire il vero, essa è stata definita non ostile ma non concordata: sostanzialmente, quindi, “più ostile che amichevole” perché non vi era un consenso espresso da parte degli amministratori di UBI. È anche per questo motivo in realtà che alcuni soci significativi di UBI avevano manifestato il loro dissenso, rifiutandosi di aderire all’OPS.
Intesa Sanpaolo aveva poi preso l’accordo di vendere, in caso di successo, alcune filiali di UBI a Bper Banca, che si era impegnata a pagarle in denaro. In seguito questa parte dell’operazione era stata rivista, perché il corrispettivo in denaro inizialmente previsto era diventato iniquo e ne è stato dunque corretto il meccanismo di calcolo, indicizzato per tener conto dell’andamento del mercato finanziario (per conoscere cosa sono e come funzionano i mercati finanziari puoi leggere qui la nostra Guida dedicata).
I parametri di valutazione delle banche
Valutare l’affidabilità e la sicurezza fornita da una banca è risultato negli ultimi decenni sempre più rilevante, a seguito dei tanti fallimenti e bail-in. Per definire quali banche sono più sicure di altre si ricorre a una serie di parametri.
La quantità di crediti deteriorati – ovvero di tutti quei prestiti che le banche hanno concesso ma che i debitori non riescono a ripagare – detenuti in bilancio è uno dei valori di cui sicuramente tenere conto. Altri paramenti importanti sono i rating di credito, gli stress test e quelli di seguito descritti:
- Il Cet1, valore che misura il livello di sicurezza e solidità di una banca. È il rapporto tra il credito a disposizione della banca e le attività calcolate per il rischio, ovvero il rapporto esistente tra la liquidità che la banca ha effettivamente a disposizione e le attività che la stessa pondera per il rischio di insolvenza e di credito;
- Il Cet1 ratio, rapporto che indica la soglia di capital guidance;
- Il Total Capital ratio, meno severo rispetto al Cet1, esprime il rapporto tra il patrimonio ed il totale degli impegni assunti considerando non solo il capitale in senso stretto ma anche altri strumenti.
La Banca centrale europea chiede un livello minimo generale di CeT1 ratio del 7% e di Total capital ratio del 10,5% (qui trovi un Approfondimento dettagliato sui parametri di valutazione delle banche).
La posizione di Intesa Sanpaolo
Le classifiche stilate per le banche sono diverse, in relazione ai vari parametri adottati. Intesa Sanpaolo si conferma una delle banche italiane che riporta, nelle varie classifiche, dei risultati soddisfacenti. Il gruppo vanta infatti una elevata solidità patrimoniale, con un Cet1 ratio pari al 15,2% (secondo i dati aggiornati al 31 dicembre 2019).
Tra gli istituti italiani più solidi vi è anche UBI Banca. Stando infatti ai dati 2019, UBI è trentesima a livello europeo e terza tra le italiane (dopo Unicredit e, appunto, Intesa Sanpaolo), con un Cet1 ratio dell’11,5%.