In molti hanno definito il Coronavirus il “Cigno Nero” dei mercati finanziari, un fenomeno che arriva come un fulmine a ciel sereno, il fattore imprevedibile che travolge tutto e tutti, cambiando il corso delle storia.
L’intero settore economico nazionale e internazionale rischia di crollare a fronte di una crisi troppo veloce e imprevedibile.
Lo Stoxx 600, indice azionario europeo, nella sola giornata di Venerdì 6 Marzo ha perso oltre 300 miliardi di euro, subendo un calo di circa il 3,5% in uno scenario da “Black Friday” del 1929. Dall’annuncio del primo contagio in Italia, risalente a sole due settimane prima, sono andati in fumo 1.358 miliardi di capitalizzazione.
Il più significativo indice azionario della borsa italiana con oltre 40 società (FTSE MIB) chiude l’ultima seduta della settimana a -3,5%, ovvero sui minimi da agosto 2019. Le aspettative per la prossima settimana sembrano non migliorare lo stato d’animo e la crisi colpisce anche il settore petrolifero.
Opec+ e il crollo del petrolio
L’organizzazione Opec+, nata nel 2016 da un accordo tra i paesi Opec e altri produttori sotto il comando della Russia, per la prima volta non trova un intesa di fronte al crollo della domanda e delle quotazioni dovuta all’epidemia COVID-19. Segnando di fatto il fallimento del vertice.
I rappresentanti dei 24 paesi, di cui 14 Opec (Algeria, Angola, Ecuador, Guinea Equatoriale, Gabon, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Venezuela) e 10 non facenti parte del cartello (Azerbagian, Bahrain, Brunei, Kazakhstan, Malesia, Messico, Oman, Russia, Sudan, Sud Sudan) avevano proposto un ulteriore taglio alla produzione di 1,5 milioni di barili di petrolio al giorno per far fronte all’emergenza.
Il “No” della Russia
Ad opporsi è stata proprio la Russia che da sempre si era dimostrata ostile ad adottare prese di posizione così drastiche nei confronti di una situazione di cui non si conoscono né effetti né durata, come quella del coronavirus.
L’Opec+ aveva già effettuato dei tagli che risalgono a dicembre 2019 per un totale di 500.000 barili al giorno, dunque 1,7 milioni di barili complessivi a cui l’Arabia Saudita aveva aggiunto una riduzione portando i tagli a 2,1 milioni di barili.
Conseguenze della decisione russa
In questo modo la Russia ha rifiutato gli accordi ed ha svincolato non solo se stessa, ma anche il resto dei paesi partecipanti, da ulteriori impegni futuri. Come affermato dal ministro dell’energia Alexander Novak “Considerando la decisione presa oggi, dal primo aprile in poi, né noi né nessun paese Opec o non Opec è obbligato ad effettuare tagli alla produzione”.
Inevitabile il collasso delle quotazioni con il calo per il Brent del 9% e per il Wti dell’8,5%. In meno di tre mesi il giacimento petrolifero ha perso un terzo del proprio valore per un complessivo totale di 45 dollari a barile.