Il fallimento di una banca, soprattutto se di dimensioni elevate, ha importanti ripercussioni negative su tutta l’economia. Per questo motivo in presenza di tali circostanze è prevista una precisa procedura detta BRRD. Prima si perveniva al salvataggio statale attraverso l’operazione detta bail-out. Infatti
<<Secondo un rapporto della Commissione Europea di fine 2010, tra ottobre 2008 e ottobre 2010 la Commissione stessa ha approvato 4.600 miliardi di euro di aiuti di Stato in favore delle istituzioni finanziarie da parte di paesi UE, equivalenti al 37 per cento del PIL dell’Unione. L’ammontare del sostegno pubblico effettivamente utilizzato dalle istituzioni finanziarie è stato di 960 miliardi di euro nel 2008 e 1100 miliardi nel 2009: oltre 2000 miliardi di euro in soli due anni>> (fonte: T. Fazi, G. Iodice; “La battaglia contro l’Europa”; Fazi Editore; Roma, marzo 2016).
L’insostenibilità del sistema prima della BRRD
Come riporta il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), tra il 2007 ed il 2013 a beneficiare di più degli aiuti di Stato sono state la Germania, il Regno Unito e la Spagna, con l’Italia al penultimo posto preceduta solo dalla Francia.
La situazione è divenuta insostenibile per varie ragioni.
<<Anzitutto, l’onere dei salvataggi bancari, oltre che ricadere sui contribuenti, compromette l’equilibrio dei conti pubblici. In secondo luogo, il sostegno pubblico distorce le regole della concorrenza e finisce per premiare quegli operatori che non hanno fatto buon uso delle risorse loro affidate dai risparmiatori. Infine, l’utilizzo di risorse pubbliche incoraggia comportamenti di moral hazard da parte del management e degli azionisti, incentivati ad assumere rischi eccessivi nell’assunto che un’eventuale crisi sarebbe fronteggiata con un intervento dello Stato>> (fonte: tidona.com).
Per questo motivo, il 15 maggio 2014 il Parlamento ed il Consiglio Europeo hanno approvato la BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), dando attuazione ai principi in materia di risoluzione delle crisi bancarie elaborati nell’ottobre 2011 dal Financial Stability Board. Nello specifico, la BRRD introduce in tutti i paesi europei <<regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche e delle imprese d’investimento>> (fonte: bancaditalia.it).
La BRRD
A differenza del passato, quando le crisi bancarie erano gestite tramite l’amministrazione straordinaria o la liquidazione coatta amministrativa (intervenendo, quindi, in una situazione già patologica), con la BRRD è previsto che le singole banche
<<debbano predisporre, riesaminare e se del caso aggiornare con cadenza almeno annuale un piano di risanamento (“recovery plan”) individuale, contenente misure idonee a fronteggiare un deterioramento significativo della situazione patrimoniale e finanziaria della banca, piano che deve essere basato su assunzioni realistiche e relative a scenari che prevedano situazioni di crisi anche gravi” (fonte: dirittobancario.it)
Il piano di risanamento deve essere approvato dall’organo d’amministrazione della banca, venendo poi sottoposto alle autorità competenti per una valutazione di completezza ed adeguatezza. Le autorità di risoluzione (in Italia Banca d’Italia) dovranno invece preparare piani di risoluzione che individuino le strategie e le azioni da compiere a livello nazionale in caso di crisi di tutto il settore.
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In caso di crisi
Ai primi segnali di deterioramento di una banca, le autorità di vigilanza possono intervenire per evitare il peggioramento della situazione mentre, in caso di dissesto anche prospettico, dovranno valutare se sia possibile attivare la procedura ordinaria d’insolvenza o la nuova procedura di risoluzione. Quest’ultima sarà realizzabile solo nel caso in cui la banca è in dissesto o a rischio dissesto, non si ritiene che misure alternative consentano di evitare quest’ultimo. Inoltre, sottoporre la banca alla liquidazione ordinaria non consentirebbe di salvaguardare la stabilità di tutto l’apparato economico, in quanto potrebbe crearsi un vuoto per quanto riguarda alcuni servizi finanziari fondamentali nel mercato. In sede di risoluzione sarà possibile:
- vendere una parte dell’attività ad un acquirente privato;
- trasferire temporaneamente le attività e passività a un’entità (bridge bank) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato;
- trasferire le attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli;
- applicare il bail-in, ossia svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali (fonte: bancaditalia.it)
Il bail-in
Tra i vari strumenti d’intervento, quello più rilevante ed innovativo risulta essere proprio il bail-in, che si contrappone al bail-out. Esso si fonda sul criterio di rischio-rendimento, colpendo, in caso di crisi bancaria, i vari strumenti finanziari secondo una prestabilita gerarchia. Infatti, solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa alla successiva.
Risultano essere esclusi dal bail-in i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi (fino a €100.000), le passività garantite (inclusi covered bond ed altri strumenti garantiti) ed i debiti verso dipendenti, fisco, enti previdenziali e fornitori. A questi si aggiungono le passività derivanti dalla detenzioni di beni della clientela o in virtù di una relazione fiduciaria, le passività interbancarie con durata originaria inferiore ai 7 giorni, le passività derivanti dalla partecipazione a sistemi di pagamento con durata inferiore ai 7 giorni.
Gli eventuali costi di una crisi bancaria non verranno distribuiti tra tutti i contribuenti bensì tra coloro che hanno investito sulla profittabilità e solidità dell’istituto in questione.