Ieri sera Mario Draghi ha affidato la sua personale opinione alle pagine del Financial Times, suggerendo una strategia unitaria per fronteggiare la minaccia della pandemia all’economia europea e mondiale. Qui riportiamo una traduzione sintetizzata delle sue parole, cercando di spiegare i punti più ostici.
L’ex-Presidente della Banca Centrale Europea ha sottolineato come i costi dovuti alla salvaguardia dei sistemi sanitari siano necessari e che debbano essere supportati. Allo stesso tempo ha ricordato che bisogna prendersi cura anche di chi rischia di perdere il lavoro che gli permette di vivere, perché una grave recessione è inevitabile. Questa volta non dovuta a mancanza di fiducia tra banche o poco credito, ma per la repentina riduzione della produzione.
La soluzione del Prof. Draghi è la seguente: la perdita di entrate del settore privato, che causerà l’aumento dell’indebitamento privato, deve essere assorbito dal pubblico tramite debito governativo. I bilanci pubblici devono essere ampliati per permettere la cancellazione di debito privato e proteggere i propri cittadini da uno shock di cui non sono responsabili.
Tornare all’economia di guerra
La soluzione viene suggerita richiamando le passate emergenze di molti Stati. In economia di guerra il finanziamento principale è dato da un innalzamento del debito. Durante la prima guerra mondiale, in Italia e Germania solo tra il 6 e il 15% delle spese erano finanziate da tasse. L’impero Austro-ungarico, la Russia e la Francia addirittura non finanziavano nulla tramite tasse. Questo perché la base imponibile delle tasse veniva erosa dai danni della guerra e dalla leva militare. Allo stesso modo oggi abbiamo l’impatto della pandemia e la chiusura delle attività.
Secondo Draghi la priorità non è solo dare supporto economico a chi perderà il lavoro, ma evitare che perda il lavoro in assoluto. Sicuramente i sussidi all’occupazione e di disoccupazione, insieme al rinvio delle tasse sono passi importanti, ma bisogna prima di tutto proteggere l’occupazione e la capacità produttiva dei paesi. Per fare ciò è necessario un importante supporto della liquidità al fine di proteggere l’operatività di aziende di ogni dimensione, dalle grandi aziende alle partite IVA.
Ricorrere al settore finanziario
Lo strumento più immediato, comune a tutte le economie, è passare attraverso il canale finanziario, sfruttando i mercati obbligazionari per finanziari le grandi imprese e il settore bancario (o addirittura le Poste) per finanziare le piccole e medie imprese, fornendo linee di credito e la possibilità di sforare i prelievi.
Le banche, secondo Draghi, dovrebbero prestare fondi a tasso zero a quelle imprese pronte a salvare posti di lavoro e, siccome stanno operando come mezzo di trasmissione di una politica pubblica, il finanziamento di tale operazione deve essere fornita dal Governo sotto forma di garanzie di Stato. Nessuna regolamentazione o altre regole sui collaterali dovrebbero essere d’intralcio alle banche nel portare a termine questo compito. Un’altra regola dovrebbe venire meno: il costo delle garanzie non dovrebbe essere basato sul rischio di credito dell’azienda che riceve il prestito, bensì dovrebbe essere azzerato, a prescindere dal merito creditizio dello Stato che garantisce.
In altre parole, a prescindere dello Stato che garantirà i prestiti e delle imprese che li riceveranno, i tassi d’interesse dei prestiti dovrebbero essere azzerati per qualunque scadenza.
L’impatto sui conti pubblici
D’altra parte, avverte l’ex numero 1 di Francoforte, le compagnie non dovrebbero approfittare del credito a basso costo solo perché gratuito, ma dovrebbero utilizzarlo per continuare a pagare i propri dipendenti senza tagli al personale. E’ un particolare caso di moral hazard: le compagnie non devono destinare questi fondi ad arricchire gli azionisti nel breve periodo, ma a sostenere il business che altrimenti si troverebbe ad affrontare una grave crisi sistemica nel medio termine.
L’intervento dello Stato può avvenire in due modi: o le casse del Governo ripagano i costi sostenuti dai debitori, o i debitori inevitabilmente falliranno e il Governo subentrerà ripagando i costi del fallimento. Delle due Draghi preferisce la seconda dal punto di vista economico, perché in entrambi i casi richiedono un grande ammontare monetario, ma la seconda dovrebbe richiedere uno sforzo minore, perché non gravata da quelle aziende che riuscirebbero a tenere contro il virus.
Sembra chiaro che i debiti pubblici dovranno crescere, ma l’alternativa sarebbe una permanente distruzione delle capacità produttive e quindi della base tassabile dagli Stati, quindi un danno ancora maggiore per l’economia ed eventualmente per il merito creditizio degli Stati. In un momento in cui i tassi sono prossimi allo zero e visto che tale situazione dovrebbe perdurare nel tempo, i costi annuali del nuovo debito sarebbero contenuti.
La situazione europea
Dal punto di vista dell’infrastruttura finanziaria, l’Europa è ben equipaggiata con un sistema finanziario capillare che dovrebbe essere in grado di raggiungere ogni angolo dell’economia, continua Draghi. Inoltre, ha un forte settore pubblico in grado di coordinare una politica così vasta in tempi brevi. La velocità è assolutamente essenziale per l’efficacia della manovra.
La lettera di Mario Draghi si conclude ricordando che l’attuale shock non è frutto delle azioni di chi ne soffrirà, è uno shock al di fuori del naturale ciclo economico capitalistico e perciò va trattato al di fuori delle sue regole, come se fossimo in guerra. Tutto ciò per evitare le sofferenze patite durante gli anni ’20 del primo dopoguerra. Bisogna rimanere uniti, come Europei, supportandoci l’un l’altro nel conseguire l’obiettivo comune.
Per leggere la versione originale dell’opinione di Draghi rimandiamo all’articolo pubblicato gratuitamente sul Financial Times.