Lo scorso 18 marzo Christine Lagarde, al termine di un consiglio direttivo straordinario da lei presieduto, scriveva in un tweet «Extraordinary times require extraordinary action. There are no limits to our commitment to the euro» («Tempi straordinari richiedono un’azione straordinaria. Non ci sono limiti al nostro impegno nei confronti dell’euro»). Meno di una settimana prima, il 12 marzo, l’ex Direttrice del Fondo Monetario Internazionale era stata chiamata ad affrontare la prima reale prova di forza nella sua nuova veste di guida dell’istituzione custode della moneta unica. La BCE è stata infatti la prima, tra le istituzioni europee, ad adottare delle politiche volte a mitigare l’impatto del Covid-19. Inoltre, le drastiche scelte della FED americana e della Banca di Inghilterra di tagliare i tassi di interesse nei rispettivi sistemi economici hanno preceduto, in ordine temporale, l’azione dell’Eurotower, accrescendo notevolmente il peso della decisione sulle spalle di Lagarde.
Le mosse della BCE
A differenza dei pari ruolo anglofoni, i governatori delle banche centrali dell’eurosistema, durante il meeting del 12 marzo, già in piena emergenza coronavirus, hanno scelto di mantenere invariata la struttura dei tassi di interesse di riferimento nell’area euro. Tuttavia, al fine di fornire un’immediata iniezione di liquidità a supporto del sistema finanziario europeo, il Consiglio direttivo ha varato due misure di politica monetaria:
- Il programma[1] di acquisto di asset (APP), già precedentemente in vigore per 20 miliardi al mese, è stato rinforzato con una dotazione temporanea aggiuntiva di 120 miliardi per ulteriori acquisti netti di asset sino a fine anno;
- Il programma di operazioni di finanziamento a lungo termine degli enti creditizi (TLTRO) è stato prolungato a condizioni maggiormente favorevoli rispetto ai termini correnti.
Le decisioni dell’Eurotower, influenzate anche da un ambiguo comportamento tenuto da Lagarde a colloquio con la stampa, non sono state tuttavia all’altezza delle aspettative nutrite dagli addetti ai lavori e dai mercati. La BCE ha soprattutto fallito nel veicolare un messaggio di fiducia al pubblico e agli operatori finanziari circa la propria capacità di fornire una risposta adeguata e credibile alle conseguenze economiche della pandemia.
In tal senso, al termine di una settimana caratterizzata da una elevata volatilità delle principali asset classes sui mercati e da prospettive di un peggioramento dell’outlook economico dell’eurozona, un nuovo pacchetto di stimoli monetari è stato inaspettatamente annunciato da Lagarde. Contrariamente ai precedenti provvedimenti meramente limitati al rafforzamento di politiche già in essere, le misure adottate dal Consiglio Direttivo il 18 marzo prevedono la creazione di nuovi strumenti ad hoc e linee guida per far fronte a questi extraordinary times:
- Il lancio di un nuovo programma temporaneo (PEPP), sino a fine 2020, di acquisti di titoli obbligazionari pubblici e privati per un ammontare totale di 750 miliardi. Tale programma è rivolto a tutti gli strumenti di debito già ammissibili all’acquisto da parte della BCE sotto l’APP, con l’aggiunta, in via straordinaria, di titoli di stato greci (esclusi dall’APP a causa del loro basso rating creditizio). Il Consiglio Direttivo ha sottolineato inoltre la possibilità di modificare la composizione del portafoglio di titoli acquistati e la durata del programma in relazione all’entità futura dello shock economico sull’area euro.
- Nell’ambito del PEPP, la BCE potrà acquistare, contrariamente all’APP, obbligazioni in quantità superiore ad un terzo del debito totale di uno stato membro dell’eurozona e senza limitare tali acquisizioni alla corrispondente quota contribuita da ogni paese al capitale della BCE. La rimozione di questi vincoli, imposti in altri programmi di quantitative easing, permetterà all’Eurotower di agevolare i paesi maggiormente colpiti dalla crisi economica e più esposti a speculazioni sul debito pubblico, arginando l’aumento del rendimento sui titoli pubblici.
Il vigoroso secondo round di interventi da parte di Francoforte espanderà il bilancio della BCE, stabilizzatosi negli ultimi due anni, di un ulteriore 16%. Ai 750 miliardi previsti dal PEPP e che saranno interamente spesi entro fine anno, si aggiungono infatti i 120 miliardi annunciati precedentemente e i 20 miliardi mensili già previsti dall’APP, per un totale di acquisti di titoli pubblici e privati nel solo 2020 pari a 1110 miliardi di euro.
I limiti dei provvedimenti
Sebbene la seconda manovra della BCE abbia notevolmente influito a stabilizzare i mercati e l’abbia inquadrata come garante del debito dei paesi maggiormente colpiti dall’epidemia, Italia e Spagna su tutti, tali misure da sole manterranno i loro effetti esclusivamente nel breve periodo: questo perché le iniezioni di moneta effettuate da Francoforte sono dirette a prevenire crisi di liquidità alle imprese e ad agevolare i governi a fronteggiare le proprie spese correnti per un periodo limitato di tempo. Qualsiasi sia l’espansione monetaria attuata dalla BCE, essa non inciderà infatti sulla solvibilità dei soggetti sopra citati.
In mancanza di un’ambiziosa azione fiscale da parte delle istituzioni europee e dei singoli governi, atta a fare da complemento agli stimoli monetari, il problema della sostenibilità del debito pubblico e privato amplificherà la portata della crisi economica una volta terminata l’emergenza sanitaria. Gli stati membri dell’eurozona, come mostrato nel grafico seguente (Dati Eurostat, elaborazione propria), presentano una marcata eterogeneità in merito allo spazio fiscale disponibile per finanziare la propria spesa pubblica senza far ricorso ad ulteriore indebitamento.
Eurobond o MES?
Il dibattito in seno al Consiglio Europeo tra il blocco nordico e i paesi mediterranei sullo strumento fiscale più appropriato tra gli Eurobond e il ricorso al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) vede i paesi con maggiore margine di manovra essere restii a concorrere, tramite la prima opzione, al finanziamento di quelli maggiormente indebitati.
Qualora i capi di stato dovessero optare per l’opzione MES, che garantirebbe ai governi dell’area euro finanziamenti pari circa al 2% del proprio PIL a tassi ultra-agevolati, la BCE ne sarebbe direttamente coinvolta. Il ricorso volontario ad una linea di credito gestita dal MES da parte di uno o più stati membri sbloccherebbe automaticamente l’attivazione dell’Outright Monetary Transaction programme (OMT)[2] per tali paesi. L’OMT è lo schema di politica monetaria non convenzionale più potente nell’arsenale della BCE: esso garantirebbe all’Eurotower la possibilità di acquistare una quantità pressoché illimitata di titoli di stato dei paesi verso i quali il programma è rivolto al fine di abbattere il rendimento delle loro obbligazioni sovrane, che renderebbe altrimenti insostenibile il finanziamento degli stimoli fiscali all’economia domestica.
Le prospettive future
Le misure attuate dalla BCE per arginare l’emergenza economica scatenata dal coronavirus avranno un lascito rilevante nel futuro della politica monetaria nell’eurozona, a partire dalla sua revisione lanciata da Lagarde a gennaio (il cui termine è stato recentemente posticipato a metà 2021) con lo scopo di rivisitare la formulazione del mandato della BCE, ovvero il target di inflazione, e gli strumenti di politica monetaria a sua disposizione. Se i tassi di interesse di riferimento e la forward guidance resteranno verosimilmente i protagonisti delle decisioni del Consiglio Direttivo, sorgono dei quesiti circa la loro efficacia in un contesto economico segnato da bassa inflazione e tassi stabilmente prossimi allo zero o negativi, che si sta delineando come new normal.
Nella formulazione della propria strategia futura, dunque, i tecnici della BCE dovranno necessariamente tenere in considerazione l’esperienza di questi mesi, caratterizzati dal ricorso a misure non convenzionali di politica monetaria di intensità e frequenza senza precedenti per preservare la sostenibilità delle economie dell’area euro.
[1] L’ APP ed il TLTRO sono misure straordinarie di politica monetaria avviate a metà 2014 per sostenere il meccanismo di trasmissione della politica monetaria e consistono rispettivamente nell’acquisto da parte della BCE di corporate bonds, public sector bonds, asset-backed securities e nella concessione di finanziamenti a lungo termine alle banche al fine di sitmolare l’attività creditizia e dunque l’economia reale.
[2] La condizione necessaria per l’attivazione dell’OMT è la condizionalità legata all’inserimento di un paese in un programma di stabilizzazione macroeconomica del MES. Le operazioni OMT sono state create nel 2012 sotto la presidenza Draghi, all’apice della crisi del debito sovrano, per evitare il tracollo della moneta unica in Europa.