Uno Stato fallisce, o va in default, quando risulta insolvente verso i propri creditori, ovvero quando non riesce a ripagare i propri debiti. La possibilità che un Paese fallisca può risultare indigesta se si accetta la distinzione tra Stato e impresa. Infatti, uno Stato potrebbe stampare nuova moneta per ripagare i propri debiti. Nella pratica, però, ciò può risultare impossibile se si è in presenza di un cambio fisso. In questo caso la Banca Centrale dovrebbe attingere alle proprie riserve di valuta per mantenere il cambio, con il rischio che esse terminino. Stampando liberamente nuova moneta, invece, si potrebbero verificare ampie oscillazioni del tasso di cambio con conseguenti fughe di capitali. Infatti, il conseguente aumento dell’inflazione ridurrebbe il potere d’acquisto della valuta del Paese sul piano internazionale, svantaggiando le imprese locali.
Le cause del fallimento
Lo storico della finanza e giornalista per Reuters Edward Chancellor individua 8 principali ragioni per cui gli Stati possono non essere in grado di ripagare i propri debiti:
- Inversione dei flussi di capitali; spesso a seguito del fallimento di una o più banche
- Indebitamenti poco saggi (Unwise lending); ovvero quando i prestiti vengono erogati a Paesi che non hanno reali capacità di ripagarli ma che offrono tassi d’interesse più alti per attirare i creditori. Un truffatore, Gregor MacGregor, riuscì addirittura a chiedere un prestito per uno Stato sudamericano inesistente, semplicemente offrendo tassi molto elevati
- Eccessivo indebitamento estero; se il debito è in valuta estera si possono creare problemi con le oscillazioni dei tassi d’inflazione
- Fallimenti passati; ovvero un Paese che ha dichiarato default una volta è più probabile che lo dichiari ancora in futuro (l’Argentina è un classico esempio)
- Utilizzo del debito per spesa improduttiva; quando all’aumento del debito non corrisponde un sufficiente incremento del PIL
- Rischio di rollover; ovvero quando a fronte della difficoltà di ripagare i creditori si ricorre ad un rifinanziamento del debito. In un certo senso significa fare nuovi debiti per ripagare i vecchi
- Scarse entrate fiscali; nei casi in cui anche con una crescita del PIL non aumenta a sufficienza la liquidità a disposizione dello Stato
- Incremento progressivo dei tassi d’interesse; che rende più facile ottenere finanziamenti ma allo stesso tempo aumenta i costi del debito nel tempo
Conseguenze del fallimento
In passato, il mancato rimborso dei prestiti poteva sfociare in una guerra o in una crisi diplomatica tra Stati debitori e Stati creditori. Tra gli esempi storici si possono citare l’embargo al Venezuela nel 1902 da parte di Italia, Germania e Regno Unito. Oggi, però, la carta delle Nazioni Unite vieta ritorsioni diplomatiche e belliche verso Stati insolventi.
La conseguenza principale del default nel XXI secolo è l’impossibilità di accedere al credito. Tuttavia, è possibile per gli Stati insolventi iniziare trattative orientate alla ristrutturazione del debito con i propri creditori, tramite l’intermediazione di organizzazioni come il Fondo Monetario Internazionale.
I casi principali nell’epoca moderna
Spagna 1557, 1560, 1575 e 1596
La Spagna di Filippo II dichiarò fallimento 4 volte, ciò è stato dovuto all’aumento eccessivo delle spese militari ed al crollo dei prezzi dell’oro. La Spagna si trovò in una situazione di grave inflazione e di crisi di liquidità. Questo pose fine ad un lungo periodo di egemonia della monarchia iberica nel quadro politico europeo, che si fondava proprio sul potere militare.
Stati Uniti 1798
Gli USA decisero di non pagare più i debiti nei confronti della Francia rivendicando il fatto di essersi indebitati con la Monarchia francese e non con la Repubblica della Rivoluzione. Come conseguenza le relazioni tra i Paesi si inasprirono e ciò concorse insieme ad altri fattori allo sfociare nella Quasi Guerra (1798-1800). In questo caso si può parlare di un default volontario, non dovuto all’impossibilità di onorare i debiti.
Danimarca 1813
L’insolvenza danese fu dovuta alla sua partecipazione nelle Guerre Napoleoniche e alla necessità di finanziare le proprie spese militari. Il default portò alla nascita della Danmarks Nationalbank, la Banca Centrale danese.
Principali casi recenti
Russia 1918-1998
Nel febbraio 1918 la Russia guidata da Lenin ripudiò i debiti contratti dalla precedente amministrazione zarista, nazionalizzando inoltre ogni asset, anche straniero, presente sul territorio sovietico.
La Russia mancò il rimborso dei pagamenti anche nell’agosto 1998, ma questa volta per mancanza di liquidità e non per una decisione deliberata. Il suo debito è stato ristrutturato nell’agosto 1999 e nel febbraio 2000.
Grecia 2015
La Grecia ha sofferto più di tutti dei risultati di una finanza pubblica disastrosa. A causa della crisi del 2007 e di quella del 2012 i tassi d’interesse sul debito sono diventati insostenibili e la Grecia ha saltato il rimborso di circa 1,5 miliardi di euro a favore dell’FMI. Il pagamento è stato poi effettuato in ritardo di 20 giorni, facendo però emergere alcune irregolarità nei conti pubblici dello Stato ellenico. La Grecia, infatti si scoprirà, anni prima aveva alterato alcuni dati al fine di rientrare nei parametri per poter essere ammessa nell’Unione Europea.
Venezuela 2017
Nel novembre 2017 il Venezuela ha saltato il pagamento di circa 1,2 miliardi di dollari (il debito era in USD), a fronte di un debito complessivo uguale a circa 60 miliardi di dollari. I debitori principali erano le compagnie statali Corpoelec (elettricità) e Petroleos de Venzuela (settore petrolifero). Il Paese, inoltre, ha dovuto fare i conti con un andamento del tasso d’inflazione fuori controllo.
Libano 2020
Nel marzo 2020 il Libano, la cui economia era già in difficoltà da tempo, ha saltato un pagamento di 1,2 miliardi di dollari . Il Primo Ministro, Hassan Diab, ha dichiarato l’impossibilità di rimborsare i creditori dato il livello critico delle riserve di liquidità del Paese. Il Premier Diab ha affermato di essere intenzionato a chiedere una ristrutturazione del debito.
Il caso argentino
L’Argentina nel corso degli ultimi due secoli si è resa insolvente per ben 9 volte:
- nel 1827 l’Argentina dichiarò default per la prima volta, dato che aveva precedentemente emesso titoli a Londra e la Banca d’Inghilterra aumentò i tassi di interesse
- nel 1890, l’Argentina saltò il rimborso del pagamento nei confronti della Baring Bank di Londra, causando una crisi finanziaria internazionale e una corsa agli sportelli nelle banche domestiche
- nel 1951, dopo un periodo di turbolenza politica e di colpi di stato e di errate politiche economiche (spingendo il Paese a sostituire le importazioni con produzione interna), l’Argentina dichiarò bancarotta per la terza volta
- nel 1956, dopo il colpo di Stato della giunta militare, il Paese risultò insolvente per la quarta volta
- nel 1982, le politiche economiche della giunta militare fecero esplodere il debito che passò da USD 8 miliardi a USD 46 miliardi, i prezzi delle commodities crollarono quando Paul Volcker alzò i tassi americani per combattere l’inflazione e ciò portò alla quinta ristrutturazione del debito
- nel 1989, il Paese non riusci a combattere l’inflazione (+3000%) e questo portò ad un ulteriore stato di insolvenza
- nel 2001, il 26 dicembre, l’Argentina mancò il pagamento di 93 miliardi USD a seguito della grave crisi economica di fine anni ’90, fattore che concorse insieme all’insostenibilità del tasso di cambio fisso (1 peso = 1 USD) e alla enorme mole di debito pubblico
- nel 2014, il Paese durante le trattative di ristrutturazione del debito, iniziate nel 2005 dopo la crisi del 2001, scelse di non rimborsare una somma pari a USD 1.5 miliardi
- nel maggio 2020, una situazione di recessione gravata dall’epidemia del COVID-19, rese impossibile per il Paese il pagamento di circa USD 500 milioni