Nella giornata di lunedì 24 agosto alcuni ricercatori dell’Università di Hong Kong hanno documentato il primo caso confermato di reinfezione da coronavirus. Si tratta di un paziente di 33 anni a cui 4 mesi e mezzo fa era stato diagnosticato il Covid-19 e che, al suo ritorno dalla Spagna, è stato trovato nuovamente positivo al virus.
I frammenti virali possono persistere per settimane nei pazienti guariti, generando talvolta dei falsi positivi: in questo caso, tuttavia, i ricercatori hanno trovato per la prima volta delle differenze significative nelle sequenze di Rna dei due ceppi virali, il secondo dei quali mostra forti analogie con quello circolante attualmente in Europa. Come affermato dal Dr. Kelvin Kai-Wang To, microbiologo che ha condotto lo studio, ciò dimostra che si tratta di una seconda, distinta infezione avvenuta di recente.
La notizia suggerisce che l’immunità al virus Sars-Cov-2 possa durare, almeno in alcuni individui, solo qualche mese, in analogia con i coronavirus dell’influenza comune: questo scoraggia i ricercatori, che speravano invece in una maggiore somiglianza ai virus responsabili di Sars e Mers, noti per produrre un’immunità di qualche anno. Questa scoperta avrebbe implicazioni poco incoraggianti sull’efficacia a lungo termine di un vaccino e sulla possibilità di raggiungere l’immunità di gregge.
Tuttavia – sottolineano i ricercatori – il paziente, che aveva avuto solo sintomi lievi durante la prima infezione, risulta ora del tutto asintomatico: ciò potrebbe far sperare nel fatto che il sistema immunitario, pur non riuscendo a impedire l’ingresso del virus, riesca a mantenere l’infezione sotto controllo garantendo una protezione residua.
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