A metà marzo 2021 le autorità per la tutela della concorrenza del governo cinese hanno chiesto al colosso dell’e-commerce, Alibaba Group, di cedere le sue partecipazioni in aziende legate al settore mediatico. La decisione è in continuità la stretta di Pechino contro il fondatore della multinazionale, Jack Ma, iniziata dal 24 ottobre 2020. In quella data, l’imprenditore aveva tenuto un discorso nel quale aveva criticato i sistemi regolatori bancari e finanziari della Cina. La nuova linea dura del governo nei confronti di Alibaba, tuttavia, non va inquadrata come una semplice rappresaglia nei confronti di Jack Ma. Infatti, il nuovo piano quinquennale, che stabilisce la linea della politica economica del Paese per il periodo 2021-2025, prevede un forte incremento della partecipazione governativa nei settori tecnologici innovativi e, in particolare, nelle aziende che controllano grandi flussi di dati.
L’impero mediatico da smantellare
Alibaba controlla un vero e proprio impero mediatico, fra partecipazioni in giornali, social network diffusi in Cina e spazi pubblicitari. Il tutto, in totale, vale circa 8 miliardi di dollari. La multinazionale possiede il 100% del South China Morning Post, uno fra i maggiori quotidiani del Paese, scritto in inglese e con sede a Hong Kong. Non è ancora chiaro se il colosso dovrà cedere tutte le sue partecipazioni nel settore media o solo una buona parte di esse.
La storia recente di Jack Ma
Jack Ma, fondatore e presidente di Alibaba, è un personaggio molto apprezzato dall’opinione pubblica cinese. La sua popolarità è cresciuta ulteriormente nel 2020, prima di ottobre, anche grazie a diverse iniziative per combattere il coronavirus. In particolare, Ma aveva creato la piattaforma, ancora attiva, Global Medixchange fo Combating Covid-19, dove medici di tutto il mondo possono scambiarsi informazioni e dati. All’iniziativa, hanno aderito ospedali da 109 Paesi.
Il miliardario cinese, dopo aver tenuto a fine ottobre 2020 un discorso critico nei confronti delle leggi di Pechino riguardo i settori bancario e finanziario, non è comparso in pubblico fino al 20 gennaio 2021. Il ritorno di Ma, dopo la controversa sparizione, è stato in occasione di una conferenza on-line con degli insegnanti di scuola che lavorano in aree rurali. Nel frattempo, il governo ha bloccato, a novembre 2020, l’IPO da 37 miliardi di dollari prevista per Ant Group, la società di Alibaba dedicata ai pagamenti digitali. Da dicembre 2020, inoltre, per i media è vietato parlare di Jack Ma o delle società legate a lui, se non per riportare comunicati ufficiali da parte delle istituzioni. Sempre da dicembre, Alibaba è stata messa sotto indagine dall’antitrust.
L’accusa principale contro Alibaba
Alibaba è sotto indagine, secondo le comunicazioni degli inquirenti dell’antitrust, per un reato preciso. La società avrebbe penalizzato in modo pesante i venditori che distribuiscono i loro prodotti anche attraverso altre piattaforme, cercando così di creare una situazione di monopolio. Lo stesso Presidente della Cina, Xi Jinping, nel commentare la situazione in corso, il 15 marzo 2021 ha parlato della necessità di promuovere una sana e reale concorrenza, soprattutto nei settori innovativi. L’ordine ad Alibaba di smantellare il proprio impero mediatico fa parte di un’operazione diversa, anche se portata sempre avanti dall’ente per la tutela della concorrenza.
Non solo Alibaba
La stretta ha interessato anche altre realtà oltre ad Alibaba. Fra queste spiccano i nomi di Tencent, società alla base di Riot Games, Supercell e WeChat, ByteDance, creatrice di Tik Tok, e Xiaomi, azienda produttrice di smartphone. In tutti i casi l’elemento comune sono le pressanti e capillari indagini iniziate dall’antitrust cinese, con l’accusa di comportamenti anticoncorrenziali.