In Italia, nel 2020, i nuclei familiari nello stato di povertà relativa sono aumentati di circa 369 mila unità, mentre quelli in povertà assoluta di 335 mila. Lo riportano le analisi di Demoskopica, per la povertà relativa, e dell’ISTAT, per la povertà assoluta. Gli adulti senza un’occupazione sono diventati 456 mila in più rispetto al 2019, dei quali il 55% ha perso un lavoro a tempo pieno. Il numero di disoccupati nella Penisola, così, si attesta sul totale di 4 milioni di persone circa. Inoltre, secondo le stime del Centro Studi Unimpresa, a queste se ne aggiungono altre 6,3 milioni in situazioni precarie.
Povertà assoluta e povertà relativa
La soglia di povertà è calcolata sulla base dei consumi pro capite, che nel 2020 in Italia sono scesi del 9,1% secondo l’ISTAT. Rientrano nella povertà assoluta le persone che ogni mese faticano a trovare i soldi necessari per i bisogni primari, necessari alla stessa sopravvivenza. La povertà relativa, invece, si basa su un limite convenzionale posto sulla base dei consumi medi degli italiani. Chi è nello Stato di povertà relativa, quindi, spende meno rispetto alla media pur non avendo difficoltà a sopravvivere. A preoccupare è soprattutto l’aumento della povertà assoluta. La povertà relativa, infatti, in diversi casi può essere dovuta alla volontà di risparmiare più che ad un’effettiva mancanza di denaro.
La povertà assoluta in Italia
Nel 2020 circa 1 milione di italiani è entrato nello stato di povertà assoluta, arrivando ad un totale di circa 5,6 milioni di persone. Si tratta del 9,4% di tutta la popolazione nazionale, contro il 6,4% del 2019.
Le regioni più in difficoltà
Nell’’Indice di Sofferenza Economica Regionale elaborato da Demoskopica, si analizza la situazione economica dopo il 2020 regione per regione. Secondo l’istituto ad accusare di più sono state le regioni del nord, primo il Piemonte, secondo il Veneto, e terzo il Trentino-Alto Adige. La regione del centro-sud ad aver sofferto di più, invece, sarebbe stata la Calabria. In particolare, segnala Demoskopica, sono le regioni del nord la maggiore causa dell’aumento delle famiglie in povertà relativa. Se ne contano 56 mila in più in Veneto, 18 mila in Liguria e 40 mila in Piemonte, su un incremento nazionale di 369 mila unità.
La disoccupazione
Il tasso di disoccupazione in Italia è, secondo l’ISTAT, del 9% a inizio 2021, con circa 4 milioni di persone che non riescono a trovare lavoro. I disoccupati dopo il 2020 sono diventati 456 mila in più. Inoltre, come segnala il Centro Studi Unimpresa, ci sono 6,3 milioni di italiani in situazioni lavorative e di reddito precarie. L’istituto ha considerato sia i dipendenti con il posto a rischio che i titolari di partite IVA e piccole imprese in difficoltà. In termini assoluti, il risultato peggiore è stato in Piemonte, dove circa 51,5 mila persone hanno perso il lavoro, portando ad un aumento della disoccupazione del 2,4%. In termini percentuali, invece, la peggiore è stata la Sardegna, con un aumento del 4,6%, ovvero 27 mila posti di lavoro persi.
Il blocco dei licenziamenti, posto nel 2020 dal governo Conte II, dovrebbe scadere il 30 giugno 2021, anche se è probabile che sarà ancora esteso.