Il 31 marzo 2021 il governo di Mario Draghi ha bloccato l’acquisizione del 70% di LPE da parte della cinese Shenzhen Investment Holdings. La decisione è stata resa pubblica il 9 aprile. LPE è un’azienda italiana produttrice di componenti per circuiti integrati, chiamati di solito con il termine inglese chip. L’esecutivo italiano ha applicato i poteri speciali previsti dal cosiddetto Golden power, secondo cui può bloccare acquisizioni o decisioni aziendali valutate come dannose per la sicurezza nazionale o il tessuto sociale. Si tratta della terza volta che Draghi applica questi poteri speciali ma è la prima in cui li usa per bloccare un’acquisizione. In precedenza, l’azione del governo aveva interessato dei contratti per la fornitura di apparecchi per la tecnologia 5G. Il primo, colpito dalla limitazione con una decisione dell’11 marzo, ha riguardato gli accordi di Fastweb con la cinese ZTE e la taiwanese Askey. Dopo, il 25 marzo, è stato il turno degli affari in programma di Linkem con ZTE e Huawei. In entrambi i casi, è stato bloccato l’acquisto di alcuni dei dispositivi previsti.
Il Golden power
Con Golden power si indicano i poteri speciali che lo Stato può esercitare su enti privati, aziende, in caso di situazioni di pericolo per la sicurezza nazionale o la tenuta del tessuto sociale. I settori di solito interessati sono quelli considerati strategici per il Paese, ovvero energia, trasporti e comunicazioni. Per gli Stati in cui il Golden power è previsto l’Unione Europea richiede criteri ben definiti che ne consentono l’applicazione, senza lasciare nessuno spazio a decisioni arbitrarie dei governi. Quando viene attivato, le motivazioni ufficiali devono essere rese pubbliche.
La diffidenza verso le aziende cinesi
La decisione del governo Draghi su Fastweb e Linkem si accoda ai timori espressi dall’intelligence statunitense riguardo il possibile utilizzo degli apparecchi 5G prodotti da aziende cinesi per operazioni di spionaggio. L’ipotesi di applicare la Golden Power era in ballo anche per bloccare la vendita, da parte del gruppo Cnh Industrial, della divisione di Iveco detta On-Highway alla FAW, maggiore produttrice cinese di automobili. On-Highway si occupa di realizzare infrastrutture autostradali ma non è il peso strategico del settore a generare preoccupazioni. Iveco, come azienda, opera anche nel settore della Difesa in Italia e gli esponenti dell’esecutivo temevano che attraverso On-Highway Pechino potesse ottenere l’accesso ad informazioni sensibili. La trattativa, tuttavia, si è fermata senza bisogno di alcun intervento statale, forse anche a causa del probabile imminente blocco.
Il caso LPE
LPE è un’azienda italiana con circa 70 dipendenti, sede vicino Milano ed un fatturato annuo di circa 20 milioni di euro l’anno. La società produce apparecchi composti di materiali semiconduttori, in particolare reattori epitassiali, componente fondamentale dei chip, necessari per tutti gli apparecchi elettronici digitali. Proprio i componenti in questi materiali, però, a inizio 2021 sono molto carenti, causando rallentamenti e blocchi della produzione in aziende statunitensi ed europee. Colpiti soprattutto i settori automobilistico e dei dispositivi informatici. In Italia, in cui l’automotive rappresenta circa il 6% del PIL annuo, non si tratta di un problema di poco conto. Per questa ragione, il governo ha deciso di applicare il Golden power per bloccare l’acquisizione cinese del 70% di LPE da parte della holding cinese Shenzhen Investment, considerando LPE come un’azienda strategica nella situazione attuale. A livello globale, con la carenza di semiconduttori, preoccupa il fatto che il governo cinese stia finanziando le sue imprese per acquistare all’estero realtà del settore.
Nonostante il blocco dell’operazione per cedere il 70% della realtà italiana di semiconduttori, la trattativa fra LPE e Shenzhen Investment potrà riprendere ma con la possibilità di vendere solo una quota di minoranza.
Le proteste di LPE
LPE, in una lettera indirizzata al presidente del Consiglio, si è lamentata dicendo che la decisione del governo di applicare il Golden Power è stata ingiustificata e controproducente. Come osservano i titolari, l’azienda opera soprattutto nel mercato cinese, da cui arriva circa il 60% del fatturato annuo, contro il 4% dall’Italia. L’operazione di vendita del 70% delle quote a Shenzhen Investment doveva servire soprattutto a rafforzare la posizione della realtà italiana nella maggiore potenza asiatica. Secondo la versione dell’azienda, la mancata operazione non farà altro che favorire i suoi concorrenti in Cina.