Il salario minimo universale, nel 2021 presente in 21 dei 27 Stati dell’Unione Europea, indica la retribuzione minima dovuta ad un dipendente. Essa si calcola in base al tempo di lavoro, di solito su base oraria ma in alcuni casi anche giornaliera, settimanale o mensile. L’importo deve essere proporzionato al costo della vita e, affinché questo avvenga, Eurofound ha calcolato che dovrebbe essere uguale ad una percentuale fra 50 e 60% dello stipendio mediano nel Paese. Nell’UE il salario minimo universale è inferiore a tale soglia in Croazia, Repubblica Ceca, Malta, Estonia, Lettonia e Spagna, mentre negli altri è sempre superiore al 50%.
Salario minimo universale e tramite contrattazione collettiva
Il salario minimo universale, il salario minimo in senso stretto, si applica a tutti i lavoratori dipendenti di un Paese. In alcuni casi è più basso per i giovanissimi, sotto ai 18 o ai 21 anni, o più alto per chi ha una qualifica professionale ma non cambia nei diversi settori. Un altro tipo di salario minimo è quello tramite contrattazione collettiva, dove la soglia è stabilita con un accordo fra sindacati, aziende e governo. La cifra varia in base al settore in cui si lavora ed ai sindacati di riferimento.
Sebbene i due sistemi sembrino opposti, possono coesistere in modo pacifico e costruttivo. In Belgio, ad esempio, gran parte dei settori sono regolati tramite le contrattazioni dei sindacati ma, in mancanza di accordi o enti di riferimento, vale la legge sul Reddito Mensile Minimo Garantito, di 1.670 euro lordi al mese.
Il salario minimo in Italia
L’Italia nel 2021 è fra i 6 Paesi su 27 dell’Unione Europea a non aver adottato un salario minimo universale e che ha solo il meccanismo della contrattazione collettiva, come Austria, Cipro, Svezia, Danimarca e Norvegia. Secondo il criterio dell’UE, il salario minimo dovrebbe essere fra il 50% ed il 60% dello stipendio mediano, affinché sia proporzionato al costo della vita. Quindi, se venisse inserito nella legge italiana sarebbe compreso fra 5,60 e 6,70 euro l’ora.